Roma, 25 ottobre -Il palcoscenico si accende: in un angolo, a sinistra, le due splendide creature mollemente distese, hanno i colori, l’erotismo e il fascino esotico delle “odalische” di Salvatore Fiume. Sono Carmen e Manuelita (rispettivamente Mama Marjias e Ashai Lombardo Arop). Poi irrompe l’orchestra con i suoi strumenti eclettici e si scatena una danza piena di fuoco, che è mediterranea, prima che spagnola, o andalusa. Due giovani uomini (Ovidiu Toti e Adam Jozsef) ballano ritmicamente colpendosi con manate poderose le cosce e le gambe; ne viene fuori un suono percussivo in crescendo sul quale sì esalta la loro danza velocissima, che ricorda certe esibizioni zingare. È l’inizio di questa “Carmen”, scelta per inaugurare la stagione della Filarmonica Romana. Che trova una koiné comune in tutti i linguaggi musical-popolari che raccontano le genti e le culture del Mare Nostrum.
È anche l’ennesimo frutto di un percorso artistico e umano intrapreso molti anni fa, nel 2002, da Mario Tronco, tastierista degli Avion Travel, mettendo insieme artisti di varie provenienze, per lo più immigrati,e formando un’orchestra singolare, dove le percussioni la fanno da padrone e dove abbondano strumenti insoliti, come l’ud.
Dopo un’iniziale ricerca di repertorio, sembra che l’attenzione si sia fermata alla rielaborazione, rilettura dei classici, ai quali dare una linfa nuova con orchestrazioni insolite, lasciando ampio spazio alla ritmica, giocando con poderosi salti dinamici. Esperimento accolto con grande successo quando in scena è stato portato un ”Flauto Magico” che era Mozart e qualcos’altro ad un tempo. O scavando nelle psicologie dei personaggi, come nel caso di questa Carmen che parte da Bizet e va avanti lungo le rotte tracciate dal flamenco, dal reggae, la salsa, la lirica, il blues e i melismi del “cante jondo” arabo-andaluso.
In questa rinnovata Carmen, partendo dal nucleo drammaturgico e musicale di Bizet, si finiscono per individuare forme inedite ed ottenere effetti imprevedibili nel segno di quelle contaminazioni stilistiche diventato il tratto distintivo del gruppo.
Ed è proprio quest’opera celeberrima, nel repertorio dei teatri lirici del mondo intero, rielaborata secondo l’orchestra di Piazza Vittorio, che giovedì 22 ha aperto con grande successo la stagione della Accademia Filarmonica Romana, produttrice insieme al teatro Olimpico di questa edizione, che rimarrà in scena fino all’8 novembre.
Questa Carmen ha già calcato le scene di Caracalla nell’estate del 2014, proveniente da Lione, ma qui c’è solo la traccia di partenza di quella edizione; rielaborata e rivisitata con nuovi arrangiamenti e coreografie, con pochi inediti elementi scenografici, una piattaforma e una porta e pochissimo altro e soprattutto con voci diverse scelte per approfondire quegli elementi possenti e trasgressivi che rappresentano la seduttiva sigaraia di Siviglia. E’ lei a cercava l’assoluto in amore e perciò, lei, famelica e assetata di emozioni erotiche come anche di uomini che sappiano reggere l’inevitabile squilibrio fra tutta quella sensualità inappagabile e una ricerca sempre insoddisfatta di attingere alla totalità dell’esperienza d’amore, è “capace di esprimere una straordinaria tenerezza”.
Questo scrigno di emozioni di squillante rosso come la passione, come il sangue, come il delitto, è affidato alla voce scura e androgena di Mama Marjias, voce profonda del nostro sud, nota per il repertorio reggae. Evandro Dos Ries, il brigadiere “Don José”, un giovane proveniente dalla campagna con sulle labbra ancora il sapore del latte materno, che solo la follia e la passione di Carmen sa circondare di un’aura sensuale, è qui un ragazzo brasiliano che canta nel suo portoghese sfibrato e dolcissimo, mentre “Escamillo”, il tunisino Houcine Ataa, ha la ricchezza espressiva della sua lingua araba, il fascino dei suoi melismi, una forza erotica che si è caricata del segreto languore dei deserti dai cieli trafitti di stelle grosse come pugni. Micaela, infine, ha la dolcezza verginale di Elsa Birgé, artista completa che si è formata alla Scuola Nazionale del circo di “A Fratellini”. Sulle loro caratteristiche è stata rielaborata la musica di Bizet.
Lo spettacolo ha un motivo di interesse e di curiosità anche in una coppia di fidanzatini , alter ego della coppia Carmen/don José, che sembra volersi appartare sui rampart di Siviglia, due artisti lirici che cantano con voce impostata e che si presentano ad aprirsi del sipario, salgono sulle mura della città andalusa e osservano la colorata e chiassosa carovana di zingari che sta arrivando in città. Sono Hersjana Matmuja, cantante lirica di origine albanese, che canta la canzone popolare schipetana ma si diploma in canto lirico a Tirana e si sta perfezionando a Roma. Lui è Mario Ciotoli, nato musicalmente nel Conservatorio di Latina ma raffinato dalla frequenza dei corsi dell’Opera Studio dell’Accademia di Santa Cecilia, sotto la guida del grande soprano Renata Scotto. Loro sosterranno la linea del canto bizetiana. In una edizione così baciata dal successo una menzione speciale va alle coreografie ultradinamiche di Giorgio Rossi, ai costumi di Katia Marcanio e alle luci del light designer Daniele Davino, coordinati assieme agli interpreti e ai musicisti-attori, dalla regia di Mario Tronco, che, con l’aiuto di Leandro Piccioni, è l’autore di questo magnifico spettacolo.