Spettacolo

Teatro dell’Opera – Emma Dante mette in scena Cenerentola di Rossini

teatro cenerentola rossiniCenere e carillon

Roma, 21 febbraio – Bianco, bianco, bianco dappertutto e un tocco di nero nelle vesti cerimoniali di Cenerentola/Angelina e don Ramiro/il Principe e nel trono che li accoglie in questa edizione di Rossini del Teatro dell’Opera. E poi un’esplosione di turchese nelle piume dei cappelli dei paggi che sembrano quelle degli elmi dei pupi siciliani e che diventano impugnature di penne d’oca, nei costumi degli automi che sono interfacce del principe. (Ma ci sono anche le “bambole” di Cenerentola, tutte simili  a lei anch’esse con chiavetta per la carica dietro la schiena). E qualche tocco di rosso nei guanti, nelle poltrone contrarié dette anche “dei fidanzati” con le sedute contrapposte  per evitare tentazioni, e nelle calze.

Emma Dante, che ha allestito una regia assai creativa e divertente,ha semplificato dove possibile, mantenendo solo un tocco di barocco nei costumi al femminile, abiti da sposa per fanciulle anelanti al connubio (ma in mezzo c’è anche qualche trans, non si sa mai avesse successo la legge sulle unioni civili) e un bel verde acceso per il vestaglione di Alidoro, deus ex machina di tutta l’intricata situazione, che Ugo Guagliardo, l’interprete, apre con uno scatto che ricorda gli  impermeabili di esibizionisti ante litteram. I costumi sono di Vanessa Sannino. Solo un tocco di grigio, di tutta la cenere raccolta dalla protagonista  sul focolare, agli ordini della bislacca famiglia che le sta intorno, il patrigno e le sorellastre che la madre, prima di lasciare questo mondo complicato, aveva scodellato al secondo marito, don Magnifico, bruttarelle e antipatiche ma convinte di potere accedere al trono quando  scoprono che il principotto, don Ramiro, sceglierà la moglie durante un gran ballo di corte.

E lì nasce il problema, perché Cenerentola avrebbe una gran voglia di fare quattro salti e conquistarsi una bella serata fra gente bella. Lei così buona, generosa e tanto maltrattata: “Nacqui all’affanno, al pianto/ soffrì tacendo il core” canta la poveretta. Mentre la Dante la fa attaccare alla catena come un cane e  ripassare a calci e pugni da patrigno e sorellastre seguendo i crescendo paurosi di un temporale che, quanto meno, con gli inevitabili parapioggia aperti preserva un poco il pubblico dalla vista dei colpi messi a segno.

Giocando con suggestioni del Pop Surrealism la fiaba si sposa alle brutture della cronaca nera. Perché questo è il fulcro dell’opera, violenza esercitata con il potere che il più forte esercita sul più debole, il principe sul servo, il padre sulle figlie, le sorelle sulla più infelice, il marito sulle mogli. Quel marito che è aspirazione di tutte, tanto che le donne sono delle belve disposte ad azzannarsi fra loro per raggiungere lo status, perciò girano armate come mafiose e per non perder tempo si recano alla festa che dovrà eleggere la reginotta già in abiti da sposa e quando si rendono conto che c’è già una preferita, perdono le speranze e si suicidano.

 Il maestro Alejo Pérez che ha curato la direzione musicale, ha scelto tempi a volte più lenti del consueto ma, tutto sommato, ha fornito una bella prova armonizzando le esigenze del golfo mistico con quelle del palcoscenico a volte un po’ frastornante per la presenza esagerata di mimi, figuranti e ballerini con la danza al piede. Impavido, Pérez non si è fatto trascinare più di tanto, evitando così la trappola di crescendi esagerati che spaccano le corde vocali e sostenendo con proprietà i cantanti più esperti, i “buffi” come Alessandro Corbelli /don Magnifico, voce e vis comica incorporati inscindibilmente e Filippo Fontana/Dandini, bella voce sonora e classe a volontà e i più giovani. Il principotto Don Ramiro, è stato Giorgio Misseri, che non avrebbe certo sfigurato nella prima compagnia, riservata al più noto Juan Francisco Gatell, soprattutto per l’abilità da schermidore con la quale attacca le asperità del ruolo. Buona la prestazione di Josè Maria Lo Monaco /Cenerentola. Esagerate e barocche, come si conviene le sorellastre Clorinda (Damiana Mizzi) e Tisbe (Annunziata Vestri). 

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