C’era una volta in America.

L'ultimo capolavoro di Sergio Leone.

Roma, 28 settembre 2024.

 

Sono quarant’anni, oggi, dall’uscita in Italia di C’era una volta in America, film controverso ma di fatto ultima produzione di Sergio Leone.

Controverso perché la versione americana, nel febbraio 1984, imposta dalla Warner e dal produttore israeliano Arnon Milchan, prevede un montaggio di soli 94 minuti riducendo l’opera ad una semplice gangster story.

Leone naturalmente non avalla tale comportamento e presenta il suo montaggio di 229 minuti al Festival di Cannes, nel maggio 1984.

Dopo la trilogia del dollaro Leone completa la trilogia della seconda frontiera americana, prima proiezione C’era una volta il west nel 1968 e Giù la testa nel 1971.

Tratto dal romanzo The Hoods, Mano armata, autobiografia di Harry Grey che parla di un gruppo di gangster ebrei, Leone racconta, attraverso continui flashback, una storia che ha inizio nei primi anni venti fino all’epilogo sul finire degli anni sessanta.

L’amicizia, l’amore, la violenza, il senso della memoria, sono le tracce ricorrenti dell’idea di Leone aiutato nella sceneggiatura da Benvenuti, De Bernardi, Medioli, Arcalli e Ferrini.

Più dell’amore, mai seriamente affrontato e documentato nei precedenti film da Leone, è l’amicizia il cordone ombelicale della storia.

David “Noodles” Aaronson e Maximillian “Max” Bercovicz s’incontrano da ragazzi e mettono su una gang che si fa largo nella parte europea-orientale di New York.

Noodles, in una delle tante scorribande, s’imbatte contro il boss del quartiere e lo accoltella mortalmente come vendetta per l’uccisione di un componente della banda da parte dello stesso boss.

Inevitabile il carcere per Noodles che dopo una decina d’anni esce, ormai uomo, ritrovando l’amico Max ed il resto della banda avviata e consolidata nei vari traffici legati all’epoca del proibizionismo.

Anche il destino compare nel racconto di Leone quando Noodles ritrova Deborah, che da ragazzo spiava da una cantina mentre lei si esercitava nella danza.

Un amore particolare, quasi disperato, che Noodles non riesce a sviluppare secondo i normali canoni, condizionato dal forte senso d’amicizia con Max nell’espletamento delle pratiche delinquenziali.

Personaggio complesso Noodles, rispetto al più smaliziato Max, una sorta di antieroe tragico che parte dal basso, diventa ricco e potente per poi perdere tutto in un colpo solo.

C’è anche il tradimento, nella trama, perché Noodles denuncia l’amico del cuore alla polizia per salvarlo da un’idea folle.

Il proibizionismo sta per essere abrogato e Max, in un delirio di onnipotenza, concepisce un piano per svaligiare la Federal Reserve Bank di New York garantendosi ricchezza per il resto dei suoi giorni.

Lo confida a Noodles, che lo giudica in preda alla pazzia più totale, il quale avverte la polizia che uno degli ultimi camion di liquori, guidato da Max, sta per partire da New York.

La sera stessa, sotto una pioggia scrosciante, lo spettacolo che si para davanti a Noodles è tragico perché il camion è distrutto e sull’asfalto giace il corpo di Max, insieme ad altri due componenti della banda, completamente carbonizzato.

Noodles fugge, perde tutto compreso l’amore di Deborah che in precedenza aveva barbaramente stuprato in una serata fintamente romantica.

Leone ci porta poi sul finire degli anni sessanta quando Noodles, profondamente invecchiato, ricompare sulla scena newyorkese per rispondere ad un misterioso invito.

E’ il senatore Bailey, che Noodles non conosce, il titolare dell’invito ad un ricevimento con tutta la crema della città di New York.

Bailey non è altri che Max e si trova sull’orlo di uno scandalo che lo travolgerà e vuole che Noodles sia lui a porre fine ai suoi problemi.

Una sorta di gesto riparatore per come ha ideato la sua uscita di scena, i soldi rubati, compreso l’amore di Deborah ed il figlio da lei avuto.

Noodles forse finge di non riconoscere Bailey-Max, rinuncia alla vendetta o forse ha in mente qualcosa certificato da un discorso pacato.

<Vede, signor senatore, anch’io ho una mia storia, un po’ più semplice della sua. Molti anni fa avevo un caro amico. Lo denunciai per salvargli la vita e invece fu ucciso. Volle farsi uccidere. Era una grande amicizia, andò male a lui e andò male a me. Buonanotte signor Bailey>.

Il film di Leone ha una lunga gestazione ed è l’unica pellicola del cineasta romano basata su una fonte letteraria.

Il regista rimane affascinato dal contesto sociale che esula dal convenzionale delle solite storie di irlandesi e italiani e per questo concepisce il titolo in C’era una volta in America.

Il film rievoca sia la realtà storica degli immigrati di New York che i sogni infantili delle bande nelle case popolari della parte est della città.

Più di tutti i precedenti film Leone tratteggia forte il senso d’amicizia tra i due protagonisti, prima ragazzi e poi adulti.

La partitura musicale di Ennio Morricone, fatta ascoltare in presa diretta sul set per creare la giusta atmosfera, costruisce un racconto parallelo alla trama stessa nell’intento di scavare nel profondo i personaggi.

Gli attori scelti vanno dal già famoso Robert De Niro, Noodles, ai semi sconosciuti James Woods, Max, e Elisabeth McGovern, Deborah adulta, tutti in assoluta sintonia.

Altri protagonisti una giovanissima JenniferConnolly, Deborah ragazza, e Joe Pesci che fiancheggia la banda in alcuni affari.

E’ l’ultima produzione di Sergio Leone, che scompare nel 1989 con in incubazione un progetto che avrebbe riguardato l’assedio di Leningrado durante il secondo conflitto mondiale.

Chissà cosa avrebbe partorito il regista romano…

 

 

FOTO: “C’era una volta in America” – locandina – Amazon.it

  

 

 

 

 

 

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