dalla nostra corrispondente da Los Angeles, Stella S.
Los Angeles, 16 dicembre 2016 – Quest’anno non ci saranno proteste per mancate nominations di attori di colore come hanno dimostrato le scelte sia del Golden Globe Awards che dello Screen Actors Guild (SAG).
Questo è l’anno dei film che promuovono gli attori di colore vedi “Moonlight”, Naomie Harris , ” Fences”, Denzel Washington e Viola Davis e “Collateral Beauty” con Will Smith.
“Hidden Figures” è un altro esempio specifico. Il film è basato su una storia vera, l’esperienza di tre donne di colore alle quali si deve il successo del leggendario astronauta John Glenn.
“Hidden Figure”, prodotto dalla Fox, è interpretato da tre attrici di talento nella parte di Katherine Johnson (Taraji P. Henson), Dorothy Vaughan (Octavia Spencer nominata per il G.Globe e Screen Actors Guild), and Mary Jackson (Janelle Monae).
Il trio impersona le donne di colore riuscite per capacità a ricevere borse di studio e laurearsi con il massimo dei voti. Avendo una dimestichezza straordinaria verso la fisica e matematica, il team si ritrova ad essere assunto alla NASA. Consideriamo che fino al 1965 i neri avevano assolutamente il divieto di frequentare una scuola di bianchi, per cui era proibitivo e impensabile per loro il raggiungimento di titoli universitari non a disposizione nelle poche università per studenti di colore.
Questo film vuole non solo ricordare i benefici ricevuti per l’aiuto delle tre donne nel progetto del lancio di John Glenn a raggiungere il traguardo come il primo uomo capace di rimanere in orbita per 4 ore e 55 minuti, ma per stimolare le persone incapaci ad esporsi e realizzare i propri sogni.
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Impensabile, ai tempi della storia immaginare donne di colore scortate dalla polizia all’entrata della NASA, eppure Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson sono riuscite in un mondo di uomini bianchi a cambiare drastiche regole inaccettabili. Ognuna di loro viene passata al setaccio.
Dorothy Vaughan dopo l’emozione e felicità per l’assunzione vive il disagio totale dovendo collaborare con un gruppo di uomini bianchi, dai quali è trattata come donna delle pulizie nonchè costretta a perdere più di un’ora tra andata e ritorno per raggiungere i “bagni per donne di colore”. La sua preparazione e determinazione trovano finalmente il riscatto ottenendo il rispetto desiderato sostenuto con la dimostrazione per l’ abilità nei calcoli fisico-matematici senza i quali, John Glenn, non sarebbe tornato indenne sulla terra.
Katherine Johnson diventerà la prima donna di colore alla NASA in grado di mettere in funzione il computer della IBM, superando i colleghi bianchi per la sua conoscenza in materia. Continuerà la carriera alla NASA di Washington, DC, come Computer Affirmative Action Program.