Teatro dei Conciatori – Con-Te, rassegna di teatro contemporaneo a cura di Antonio Serrano
Teatro di oggi per il pubblico di domani
Roma, 20 giugno – Imperativo categorico per chi ama il teatro e ne voglia incentivare l’attività di genuino specchio della vita contemporanea oggi più che mai è quello di creare una rete di luoghi fisici e di compagnie di produzioni che possano portare in scena spettacoli, valorizzando i vari linguaggi e che possano inserirsi nel sistema teatrale dei piccoli e medi spazi dove si operano scelte di qualità, anche in modo da favorire l’individuazione e la formazione di un nuovo pubblico al quale letteralmente creare un sistema di attese e quasi la necessità della fruizione di teatro.
Proprio la congiuntura economica, il poco interesse delle istituzioni ad incoraggiare queste forme espressive fondamentali per la crescita culturale e umana sembra avere incoraggiato 9 ferventi operatori del settore che hanno entusiasticamente aderito al progetto, creando circuito.
I 9 teatri che fanno parte attualmente del circuito sono: Teatro San Salvatore a Bologna, Teatro delle Spiagge a Firenze, Nuovo Teatro Sanità a Napoli, Teatro della Misericordia a San Sepolcro (Arezzo), Teatro dei Conciatori di Roma, Spazio Tertulliano di Milano, Teatro Cantelli a Vignola (Modena), Teatro Civico 14 a Caserta.
È in via di definizione l’adesione di altre 14 realtà che porteranno alla creazione di un piccolo circuito di oltre 20 teatri di piccole dimensioni dislocati sul territorio nazionale e che permetteranno la distribuzione di spettacoli altrimenti destinati a morire già mentre ancora sono in procinto di realizzare nuove idee.
Un progetto ambizioso che a Roma può contare sull’apporto entusiasta di Antonio Serrano, direttore artistico del Teatro Dei Conciatori, il quale sinergicamente con Napoli, Firenze, San Sepolcro, Bologna ha dato vita a Con-Te. 3.0 next step in the evolution of teatre. Edizione 0.
Battesimo dell’iniziativa al teatro dei Conciatori dal 20 giugno al 5 luglio. Serrano sa di avere messo in cantiere un progetto ambizioso, ma ha dalla sua parte la consapevolezza e la determinazione necessarie a lottare per affermare il diritto alla realizzazione della propria identità culturale. Ecco dunque, dopo quasi un anno di lavoro organizzativo, nascere questa rassegna forte di cinque titoli.
Apertura con “C’è poco da ridere”, un testo tratto da “Difensore d’ufficio” di John Mortimer, drammaturgia e regia di Eugenio Maria Bortolini, con Lorenzo Ansaloni. Un argomento grottesco e comico ad un tempo che vuole rappresentare quello che accadrebbe se un avvocato si incaponisse a difendere da un reato un imputato che considera giusta la pena che gli è stata inflitta e che per giunta trova piacevole il soggiorno in cella.
Con “La terza comunione”, il 25 giugno, scritto e diretto da Mario Gelardi con Ciro Pellegrino, Carlo Caracciolo e Luigi Credentino, è prevista un full immersion in una realtà e in un modus vivendi nei quali è più agevole pensare possa essersi trovata una società del profondo sud, magari di 50/60 anni fa.
Il 27 giugno sarà di scena “Il volo di Michelangelo“,scritto e diretto da Nicola Zavagli con Beatrice Visibelli e Marco Natalucci e con il violoncello di Ginevra Pruneti. È un racconto teatrale per voce e violoncello, quasi una fiaba popolare, poetica e volte ironica, che vuole ripercorrere il mistero del genio indiscusso dell’arte universale, un invito alla sua riscoperta e conoscenza.
“Oltremare”, il 30 giugno, drammaturgia di Giorgio Serafini Prosperi e regia di Giles Devere Smith,con Caterina Casini e Alessandro Marmorini e lavoce recitante di Beatrice Presen, vuole aprire un tavolo di riflessione sulla tematica di un dolore persistente che sfugge ai lacci del passato per riprendere vita. È una storia di solitudine, rabbia e amarezza che si articola sui concetti di appartenenza, di libertà, di futuro.
Il 5 luglio la rassegna si conclude con “Dicono di lei” di Roberta Calandra per la regia di Antonio Serrano con Nadia Perciabosco. In una società sempre più ossessionata dall’immagine è davvero difficile capire chi siamo veramente. Per paradosso sparire potrebbe essere l’unico modo di trovarsi e ritrovarsi, divertendosi forse con le inedite versioni e proiezioni che gli altri hanno di noi.