In una atmosfera calda e quasi fiabesca, con una Cattedrale piena quasi fino a scoppiare, il “Principe” ha onorato il Concerto di Natale di Avezzano
Avezzano, 20 dicembre – Quando si parla della Storia della musica italiana, quella con la S maiuscola, non si può che pensare ad una manciata di nomi; Francesco De Gregori, tra questi, è sicuramente l’artista più longevo e, attualmente, ancora in grado di dire la sua in un palcoscenico ormai commercializzato in direzioni non propriamente all’altezza dell’offerta musicale dei tempi passati. Ad Avezzano raramente passano cantautori di questa caratura, così, nel momento in cui si realizza un evento del genere, conseguenza logica non può che essere l’esaurimento totale dei biglietti nel giro di pochissimo tempo, con una richiesta talmente grande da costringere il “Principe” della canzone italiana a concedere un bis nella serata successiva.
L’esibizione di De Gregori, nella Cattedrale dei Marsi, in occasione del Concerto di Natale di Avezzano, è un qualcosa di unico. Non tanto per l’atmosfera, mistica e calda allo stesso tempo, creata dal palcoscenico di una Cattedrale adibita ad hoc per un evento del genere e nemmeno per la presenza, pur strabordante, del pubblico cittadino: a fare la parte del leone è proprio De Gregori, con una presenza scenica tutta sua, una naturalezza mista a dolcezza che è però corretta anche da un tocco di rigidità, un viso scolpito dal tempo eppure più vivo che mai, capace di trasmettere le emozioni che il “Principe” si dipinge sul volto quando cambia espressione mentre canta i suoi pezzi migliori. Perché questi, più o meno, sono tutti lì: si parte da “Vai in Africa, Celestino!” e si passa a “Ti leggo nel pensiero”, per poi andare su “La leva calcistica della classe 68′” prima di prendere il canale romantico di “Bellamore”, andando poi a seguire decisamente la strada indicata dal titolo della serata e virare su “Natale”, “Buonanotte Fiorellino”, “Vola Vola” (che De Gregori, candidamente, ammette di aver ri-arrangiato da una canzone popolare proprio abruzzese), quindi “A pa’”, “San Lorenzo”, “Generale” e “La Storia”. De Gregori finge di andare via dopo aver presentato la sua band, riceve il giusto applauso, quindi torna sul palco con i due pezzi più noti: “Alice”, ovviamente, e “La Donna Cannone”, prima di chiudere definitivamente con “Cose” e con un piccolo tributo ad un altro tipo di musica: quella di “Can’t Help Falling in Love With You”, in un inglese peraltro impeccabile.
È tutto, e le due ore di concerto sembrano essere passate con un battito di ciglia, come solo le cose belle sono in grado di fare. Resta scolpita nel cuore, però, la sensazione forte di aver assistito ad un momento di grande musica, un qualcosa che raramente potrà essere eguagliato per chi ama le emozioni che un certo tipo di canzoni, decisamente del tutto italiane, sanno regalare a chi ha voglia di ascoltarle col cuore.