Detenuto in attesa di giudizio.

Pellicola di denuncia del sistema carcerario italiano.

 

Roma, 27 ottobre 2021.

 

La ricorrenza.

Esce in prima nazionale, esattamente cinquant’anni fa, Detenuto in attesa di giudizio, film-denuncia diretto da Nanni Loy.   

La trama.

Il geometra romano Giuseppe Di Noi è uno stimato professionista, da anni trasferitosi in Svezia, sposato con Ingrid e padre di due bambini.

Per le vacanze estive decide di far conoscere l’Italia alla sua famigliola.

Arrivato al posto di confine per l’ingresso nel nostro Paese viene prelevato dalla polizia senza alcuna spiegazione.

Tradotto nel carcere milanese di San Vittore, solo allora gli viene notificata l’accusa di omicidio colposo preterintenzionale di un cittadino tedesco.

Si tratta chiaramente di un equivoco ma tra lungaggini burocratiche e trasferimenti, prima a Roma poi in un carcere salernitano, viene internato in isolamento per paura di inquinamento di prove.

Inizia per Di Noi un calvario che lo porta al crollo nervoso, con prevaricazioni di ogni tipo e trattamenti al limite della sopportazione.

Nei vari trasferimenti arriva a trovarsi persino in una struttura psichiatrica e solo dopo giorni e giorni si arriva ad una soluzione logica.

Con l’aiuto del proprio avvocato e del non ottuso magistrato inquirente si chiarisce l’equivoco e Di Noi, distrutto moralmente e fisicamente, può finalmente lasciare l’Italia con la propria famiglia.

Curiosità:

Il film-denuncia di Nanni Loy, su soggetto di Rodolfo Sonego e sceneggiatura di Sergio Amidei, prende spunto da un’inchiesta televisiva di Emilio Sanna: <Verso il carcere>.

E’ la prima pellicola che svela, senza fare sconti, l’inferno delle carceri e i soprusi del sistema giudiziario italiano, la sua arretratezza e inadeguatezza.

<Signor Di Noi vuole accomodarsi un momento in ufficio? E’ una semplice formalità…>.

E’ il dialogo che, alla frontiera, scatena la sarabanda di equivoci e suona come un brivido sinistro.

Nei vari passaggi della trama Loy ci mostra anche il problema del sovraffollamento delle carceri, ancora oggi drammaticamente attuale.

Loy disegna e dirige i personaggi senza paura di essere diretto, in maniera anche sgradevole.

Il tempo in questi cinquant’anni dimostra come la deriva carceraria mieta vittime tra i più noti e soprattutto tra i meno noti, con relative famiglie distrutte e dignità infangate.        

I Protagonisti.

Giuseppe Di Noi è Alberto Sordi, depositario di una prova maiuscola, la cui maschera si adatta ad un umorismo fatto di disperazione.

Un ruolo drammatico che gli vale l’Orso d’argento, come miglior attore, al Festival di Berlino dell’anno successivo.

Un giusto premio che lo affranca da qualche critica riduttiva che lo vuole perennemente schiavo della sua gigioneria ed eccessiva romanità.

Sordi stesso da un contributo d’ispirazione al tema cinematografico, per aver letto il libro <Operazione Montecristo> scritto in carcere dal popolare musicista Lelio Luttazzi.

Altri protagonisti di indubbio spessore sono Gianni Bonagura, l’avvocato, Antonio Casagrande, il magistrato, Mario Pisu, lo psichiatra, Silvio Spaccesi, maresciallo del carcere salernitano.

Due ultime segnalazioni: nello stesso giorno esce nelle sale italiane <L’istruttoria è chiusa:dimentichi>.

Un’opera diretta da Damiano Damiani, con protagonista un ottimo Franco Nero, nello stesso tempo e con analoghe implicazioni del film di Loy.

Nove anni dopo, nel giugno del 1980, grande risonanza internazionale l’ebbe Brubaker, con protagonista Robert Redford, in un film-cult sulla corruzione, violenza e mala detenzione in un carcere statunitense.

 

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