Definire la pellicola “parodia” a mio avviso è riduttivo, anche se nel genere horror tante sono state le riproposizioni di natura comica con protagonisti Gianni e Pinotto o con l’incursione di un grande regista come Roman Polansky con “Per favore non mordermi sul collo” del 1967.
Non è stata una parodia il film del 1975 ma un vero e proprio capolavoro partorito da Mel Brooks coadiuvato alla sceneggiatura da un altro grande come Gene Wilder, nella parte del nipote del barone Frankenstein.
Ricordo che andai a vederlo al cinema Empire a Roma senza troppa convinzione, trascinato da un amico a cui piaceva Wilder che l’anno prima aveva avuto successo con “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”, diretto sempre da Brooks. Come iniziò la rappresentazione fù una continua esplosione comica fatta di trovate, di spunti visivi come le ambientazioni in “bianco e nero” e poi i personaggi assolutamente centrati ognuno al proprio posto come lo strepitoso ed irriconoscibile Gene Hackman nella parte del frate cieco Abelardo.
E qui che riconobbi, seppur magistralmente truccato, l’attore che impersonava lo strampalato servo “Igor” e cioè Marty Feldman; si perché qualche anno prima lo vidi per la prima volta sullo schermo con una commedia dal titolo “Ogni uomo dovrebbe averne due”, dove interpretava un pubblicitario che approfittava dell’assenza da casa della moglie per scatenarsi in improbabili conquiste amorose.
Un film senza troppe pretese che non ebbe granchè successo, tuttavia la simpatia innata di Feldman, i suoi evidenti difetti fisici, come i dilatati bulbi oculari, mi colpirono e mi rimasero impressi.
All’epoca andare al cinema poteva significare anche che entravi al primo spettacolo ed uscivi all’ultimo, non come oggi dove sei rigorosamente prenotato alla tale ora ed al tale posto di poltrona.
Questo perché fu talmente travolgente lo svolgimento del film che , insieme al mio amico, lo rivedemmo altre due volte di seguito per capire di volta in volta alcune battute che inizialmente avevamo perso per il gran fragore delle risate in sala.
Successivamente rammento che mi documentai su Marty Feldman e scoprii, con grande orgoglio, che apprezzava molto il cinema italiano, in particolare Federico Fellini e Totò; chissà magari anche lui avrà “giocato” sui suoi difetti fisici come il Principe De Curtis.
Feldman, londinese di nascita ma successivamente statunitense di adozione cinematografica, scomparve pochi anni dopo il suo dirompente successo planetario nel 1982 in Messico durante la lavorazione di un suo ultimo film. Soffriva di crisi cardiache e come quasi tutti gli artisti era fatalista e sconclusionato nella cura della persona; si dice che fumasse molto e che bevesse quantità industriali di caffè.
Magari anche lui approfittando del 40° anniversario di “Frankenstein Junior” starà festeggiando lassù e forse al posto di Gene Wilder come co-protagonista c’è…..Totò!