Spettacolo

Teatro dell’Opera – Storico allestimento di Strehler de “Le nozze di Figaro” di Mozart

teatro opera romaUn luccicar di note

Teatro dell’Opera di Roma, 25 maggio 2015 – Si rappresenta “Le Nozze di Figaro”, commedia per musica di Wolfgang Amadeus Mozart, tratta da Beaumarchais e momento centrale della sua fortunata trilogia  con il “Le Barbier de Séville” e “La Mère coupable” ( la Madre colpevole).

Al centro c’è l’amore di Mozart per le donne, per l’antologia di caratteri e tipi che Lorenzo Da Ponte delinea nel libretto tratto da “Le mariage de Figaro”.

Per le giovinette ardite, per Susanna che sta per maritare l’ex barbiere di Siviglia, per la contessa Rosina, immalinconita ma pur sempre combattiva, che deve fare i conti con i tradimenti del marito, per le pulsioni erotico-sentimentali  di Marcellina, la vecchia serva di don Bartolo, che aveva prestato a Figaro una ingente somma facendogli sottoscrivere una clausola che lo impegnava in caso di mancata restituzione a portarla sull’altare, per la giovane e ardente Barbarina, colpita dalle grazie acerbe del fringuellante Cherubino, a sua volta rapito dall’idea dell’amore, tanto da potere cambiare obiettivo delle sue mire passionali con la leggerezza dell’età, passando dalla passione per Susanna, a quella per la Contessa e approdando infine su Barbarina.

Mozart è là, al centro di questo viluppo di situazioni vorticose che avvengono tutte seguendo i canoni aristotelici dell’unità di tempo, luogo e azione, resi espliciti dal sottotitolo “La Folle Journée” di questa incommensurabile commedia per musica in quattro atti.

Divertente ancor oggi, e da quel lontano 1° maggio del 1786 quando il Burgtheater di Vienna la mise in scena, miscela perfetta di situazioni e personaggi che Mozart ombreggia con stilemi musicali già ascoltati nell’opera buffa, da cui ben presto prende le distanze per volare alto, nel cielo aperto del suo specifico linguaggio, regalando alcune pagine immortali in una partitura densa di stimoli e ricca di idee: il dono di una musica che è tutta un luccicar di note, che indaga le psicologie dei personaggi dando loro la vita non effimera dei capolavori. Una musica che fece scrivere a Brahms: «Ogni brano del Figaro mi sorprende: il fatto è che non riesco a capire come si possa creare qualcosa di così perfetto. Neppure Beethoven ci è mai riuscito».

L’allestimento visto al lirico della Capitale si inserisce egregiamente in un percorso di politica culturale ben preciso, mirante a riproporre capolavori del mélo in alcune messe in scena create da celebri registi. L’accoppiamento dell’opera di repertorio con la lettura dei grandi del teatro funziona anche come richiamo e si espande a macchia d’olio richiamando pubblico nuovo che affolla il Costanzi. Lo si è visto con la “Lucia di Lammermoor”, una delle ultime creazioni, incompiuta, di Luca Ronconi, lo si nota ora in questo spettacolo firmato da Giorgio Strehler e rimontato con amore da una sua storica collaboratrice, Marina Bianchi. Un lavoro  che il grande regista realizzò negli anni Sessanta per Versailles e che ha avuto accoglienze particolari alla Scala.

Strehler fa iniziare la “folle giornata” nella soffitta del palazzo del Conte d’Almaviva, concessa alla coppia di nubendi Figaro e Susanna per la prossimità con gli appartamenti del Conte e della Contessa, in modo da essere costantemente a portata di voce. Nel secondo atto c’è l’elegante bodoir e la camera della signora del Castello, nel terzo atto ci si trasferisce nella Sala della musica e infine c’è il giardino che si intravvede dalle finestre del palazzo, dove il meccanismo drammaturgico trova il suo dénouement.

Le scene di Ezio Frigerio, una specie di scatola armonica, che hanno il fascino del vissuto, sono in legno e in materiale organico, come riso e cereali. I costumi di Franca Squarciapino rispettano l’epoca storica, dunque è un settecento elegante quello che viene proposto, ogni personaggio veste sete e rasi di colore pastello, mentre come una luce rosata (bellissime e accurate le luci di Gianni Mantovanini) sembra carezzare tutto il secondo atto dove protagonista è il rosa tenue e caldo per raccontare il femminile amoroso della Contessa e i vari personaggi che frequentano il suo appartamento.

Sullo spettacolo imperano la bella lettura e il rigore della direzione musicale di Roland Böer, brillante giovane artista tedesco, già assistente di Sir Antony Pappano al Festival di Bayreuth, al Théâtre de la Monnaie di Bruxelles e alla Royal Opera House di Londra. E’ suo il gesto che accompagna e sostiene un cast di voci giovani, fresche, deliziosamente omogenee quanto a qualità di prestazione pur nelle differenze dei ruoli e delle specifiche difficoltà.

Protagonista nel ruolo di Figaro, il giovane baritono austriaco Markus Werba, apprezzato da direttori come Claudio Abbado, Riccardo Muti, Conlon, Levine ed altri. Ottimo attore, Werba riesce a conciliare perfettamente le esigenze del canto con le sfaccettature del personaggio, riuscendo sempre credibile.  Susanna ha le fattezze, la grazia e l’agilità fisica e vocale di Rosa Feola, che dagli alti corsi di formazione di Renata Scotto a Santa Cecilia  ha saputo trarre quelle particolari eleganti emissioni vocali che l’hanno portata, a pochissimi anni dal suo debutto, all’apice dello star system internazionale. La sua Susanna è piena di sfumature, di freschezza, di giovinezza come si conviene. La Contessa d’Almaviva, Eleonora Buratto, ha avuto come maestro il mai abbastanza ricordato Luciano Pavarotti ed è fra i cantanti preferiti da quel finissimo esaltatore di talenti che è Riccardo Muti che l’ha scelta per “Il Ballo in Maschera”, in cartellone a Tokyo per la tournée del Teatro dell’Opera di Roma.  Il bel Conte d’Almaviva è indossato Alessandro Luongo, ottimo baritono dalle sonorità calde e dalla buona tenuta di palcoscenico. Cherubino, il fanciullo toccato dalle frecce di Cupido, è reso dalla smagliante vivezza di Michaela Selinger.

In un cast di qualità alta c’è spazio almeno per citare il Don Bartolo di Carlo Lepore e la Barbarina di Damiana Mizzi, proveniente dalla fucina artistica di Renata Scotto.

Un elogio particolare al Coro, infallibilmente educato da Roberto Gabbiani.

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