Accademia di Santa Cecilia – Gatti dirige la “Primavera” e la “Renana” di Schumann

L’euforica presenza dell’io

Roma, 16 marzo – Daniele Gatti torna sul podio dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia per due programmi che nel corso di due settimane proporranno il repertorio sinfonico di Robert Schumann, autore di quattro Sinfonie e di una  “Sinfonietta”, come amava chiamare la sua “Ouverture, Scherzo und Finale” op. 52

Le quattro Sinfonie sono accomunate da alcune caratteristiche evidenti, fra le quali occorre almeno evidenziare la ricerca di una identità che le allontani dal modello classico-viennese, lui che aveva fondato il circolo immaginario “Davidsbund” (La lega di Davide) contro ogni accademismo. Promotore della musica, con la sua rivista contribuisce alla notorietà di compositori come Chopin, Brahms, Liszt, Berlioz. Straordinario e valente musicista, si esprime principalmente nel linguaggio strumentale, eccellendo nelle composizioni pianistiche.  E tuttavia egli lasciò pagine sinfoniche di grande bellezza. Nel tessuto sinfonico notevole è  l’impiego di hommage e citazioni  di tanta musica precedente ( Mendelssohn, Haydn, Bach, Beethoven ) e delle sue stesse opere. Lui che si può ascrivere d’autorità nella nutrita schiera di artisti romantici,  cercava nella Vienna dell’inizio del Secolo quegli impulsi che poi confluissero nel suo tessuto musicale, temperati da quelle tentazioni razionalistiche che potevano trovare ascendenze nell’illuminismo. Esponente di spicco del romanticismo tedesco, Schumann ha tuttavia una visione culturale che lo proietta verso il futuro, anche se esorta a guardare al mondo della composizione antica per trarne spunti per un incessante progredire. Bach, Mozart, Gluck sono fondamentali autori di riferimento in tal senso.

Ancora è presente nelle Sinfonie il gusto, anzi l’esigenza di raccontarsi in suoni, anche se un certo autobiografismo è in tutta la sua produzione musicale. Poiché però la forma Sinfonia presuppone l’apertura dell’opera verso la fruizione di un pubblico più vasto di quanto non consenta il repertorio cameristico, ne consegue che spesso siano state rilevate a livello di forma debolezze strutturali e frammentazioni, mentre a livello dei contenuti le Sinfonie si incanalano verso la grande  prospettiva della “musica a programma”. Fra musica assoluta e programmi più o meno palesi si pongono, dunque, i due estremi di queste composizioni,  scritte fra il 1841 (le prime due) e il ’50. Il 1841 è l’anno in cui Robert Schumann porta a compimento la sua prima Sinfonia, cui diede il nome di “Sinfonia della primavera”, una scelta che sembra testimoniare un momento di felicità, di speranza, di gioia per l’avvenuta unione tanto contrastata con Clara Wieck,  prendendo spunto dal ciclo di Lieder op. 37 “Primavera d’amore” di  Rűckert, composto insieme a Clara e dal verso “ il cielo ha versato una lacrima” la cosa “più preziosa” del paradiso, tema poi ripreso ne “Il Paradiso e la Peri”. Ma in realtà esiste un’altra ipotesi, secondo la quale ad ispirare il compositore sia stata una poesia di Adolf Böttger in cui si parla di un velo grigio che avvolge la solitudine, testimoniando così un momento di depressione, cui peraltro il musicista, in lotta con la malattia mentale che lo avrebbe poi ucciso, si lasciava andare. L’opera si muove in questa ambiguità di fondo, mostrando a livello di struttura aderenza alla musica assoluta e con un sostanziale contenuto autobiografico che la apparenta alla musica a programma. Eseguita per la prima volta sotto la direzione di Mendelsshon a Lipsia, l’opera era stata abbozzata in appena quattro giorni e conclusa nel giro di un  mese. Daniele Gatti, dirigendo la nostra più importante formazione sinfonica sostiene il suono con preziosa partecipazione nei primi due movimenti,  per diventare poi, a partire dallo Scherzo, protagonista ispirato e trascinante. Nella seconda parte del programma, ecco “Alt-Rhapsodie”, op. 52 di Brahms per contralto, coro maschile e orchestra su testi di Goethe, con l’apporto artistico fondamentale di Sara Mingardo, che riprende e sviluppa alcuni aspetti del componimento poetico di Goethe “Viaggio invernale nello Harz”.

La Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op. 97 “Renana” conclude il programma. Scritta nel 1850 a Dűsseldorf sul Reno, in realtà questa è l’ultima sinfonia di Schumann, che aveva scritto la Quarta nel 1841. E’ un’opera che testimonia un periodo di pace riconquistata e di operosità, ma anche di momenti di euforia come quando richiama l’allegro svolgersi del carnevale. La Terza è stata spesso connotata dai termini popolare e pittoresco che impronterebbero di sé l’intera composizione, il cui primo nucleo sarebbe stato concepito durante una visita al duomo di Colonia

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