Teatro Quirino – Giulietta e Romeo di Fabrizio Monteverdi con il Balletto di Roma
Eterno suggello d’amore
Al Teatro Quirino, Luciano Carratoni presenta il Balletto di Roma impegnato nella storica coreografia “Giulietta e Romeo” firmata da Fabrizio Monteverdi.
L’amore giovane e impossibile, che sovrasta e incombe, che sorge come il sole all’alba ad un solo primo sguardo, che si pasce inesorabile di se stesso fino a consumarsi, a saldarsi indissolubilmente alla morte, è quello che stringe nell’abbraccio di passione Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi, protagonisti della immortale storia, nata dalla penna di Shakespeare, ma ispirata a miti molto più antichi, e presenti in ogni cultura, narrata in molti linguaggi dell’arte di tutti i tempi e spesso protagonista di balletti indimenticabili.
Anche Fabrizio Monteverdi, forte di un talento che lo imponeva fin dal suo affacciarsi sulla scena coreutica per la sua carica espressiva nuova e per un forte senso drammaturgico, quasi trent’anni fa, nell’89, ideò per il Balletto di Toscana, una versione del capolavoro scespiriano che fu salutata da grandissimo successo. E lasciò nel grande scrigno della memoria i suoi pas de deux pieni di forza e poesia, la squisita morbidezza dei gesti di Giulietta, le sue braccia incantatrici, la sua innocenza, il suo amore ingenuo e disperato e lo slancio passionale di Romeo, l’elevazione dei suoi salti d’impeto, pronto a coniugare con lei quel sentimento che non può tener conto del divieto dei potenti, delle rivalità delle rispettive famiglie, che è fatto di occhi che si attraggono fatalmente.
È rimasta l’eterna commistione fra eros e thanatos sulla quale si sono scritti drammi, poemi musicali, opere cinematografiche, che ha inumidito il ciglio di chi non intende abdicare al romanticismo. Perché non c’è niente che scateni l’empatia e la commozione come la morte di giovani vite, specie se declinata musicalmente da un musicista come Prokofiev, che per i due tragici amanti aveva scritto una partitura cadenzata e di grandissimo impatto che da sola già raccontava della potenza, dell’arroganza e dell’albagia dell’illustre famiglia veronese.
Ora i due protagonisti sono tornati in scena indossati da Azzurra Schena, già Giulietta nella versione del 2008 e nella tournée di successo in Cina del 2011, oggi nuovamente protagonista accanto a Luca Pannacci, esperto solista al debutto nei panni di Romeo, qui impegnato a tratteggiare un ragazzo appassionato e sognatore, martire della propria fede d’amore, vittima più che istigatore, in qualche modo predestinato ad un ruolo subalterno davanti alla forza e alla risolutezza di Giulietta.
Presenti e incombenti sulla vicenda sono le madri delle due famiglie, donne del Sud, donne forti, siano fredde e autoritarie, siano isteriche che fingono debolezze vivendo come Donna Montecchi da paralitica in carrozzella, accomunate dalla volontà di covar odi e allevare vendette, che Monteverdi mostra con la violenza dei loro gesti, con un geometrismo esasperato.
Infatti, l’azione non si svolge più a Verona ma in un Sud che si lecca le ferite di guerra tra mura annerite e sgretolate, in un’Italia cinerea, dove il sole non illumina più, e le luci catramose, livide e radenti di Emanuele De Maria, esaltano i contorni di questa vicenda dove una giovinetta, sostenuta dal proprio sentimento si ribella alla sottomissione della condizione femminile e alle leggi arcaiche, e sceglie il suicidio d’amore come via di fuga. La scena dello stesso Monteverdi è spoglia ed essenziale, duttile tanto da evocare una piazza, il salone delle feste dei Capuleti e una cripta dove trovano sepoltura Marcuzio e Tebaldo, morti di coltello, quasi per un gioco atavico di violenza e di ribalderia.
Il muro è mobile, vi si aprono piccolissime calli, pareti che si rinserrano dove Giulietta si affaccia dal balcone della sua cameretta e si cala giù, lei, appoggiandosi alle due pareti, sospesa nel vuoto, acrobatica, (un’immagine che si formalizza per sempre nella memoria di chi nel corso di questi quasi trent’anni ha potuto apprezzare lo spettacolo), per poi abbandonarsi al celebre duetto d’amore, fermamente protagonista lei, che prende l’iniziativa in questo tragico gioco e in un cambiamento d’angolo prospettico, come quel titolo, non più Romeo e Giulietta ma l’esatto contrario.
Perché Fabrizio Monteverdi dà il ruolo trainante nella psicologia dei due protagonisti proprio alla fanciulla.
Ottima la prestazione dei solisti del Balletto di Roma e perfettamente caratterizzati molti dei ruoli comprimari, dal personaggio di Tebaldo, con acrobazie taglienti e velocissimi gesti a quello di Mercuzio, vigoroso e brillante.