Roma, 20 febbraio – L’atmosfera era quella dolente dei giorni di guerra, lo spazio per l’ironia, la satira e il divertimento si era assottigliato in modo drammatico. Una tristezza farcita di pessimismo dilagava con più potenza degli eserciti condotti dal dittatore. Quella che era stata una minaccia aveva indossato la corona dell’imperio e si era spontaneamente divisa in due rivoli, da un lato la guerra guerreggiata sul campi di battaglia con le invasioni di territori rivendicati sotto la spinta di forze incoercibili, dall’altro la violenza e la fame di distruzione in cerca di nuovi primati, di ricette inedite per spegnere il “diverso”, ebrei, zingari, bruni, un intero popolo. La vecchia progenie di Noè rimesta in un calderone le razze, poi estrae a sorte e salva gli ariani. Questo era diventato il clima europeo oltre settanta anni fa, quando Charlot, la tenera e divertente maschera del cinema muto, si scuote e incendia, e dalle sue ceneri spunta fuori il grande regista Charlie Chaplin, che vuole cimentarsi con quanto di più nuovo gli offra il linguaggio dei cinemi: la parola.
Nasce così “Il grande Dittatore”, una sferzata di giocosa ironia mentre il mondo va a pezzi, il sorriso che cancella la schiavitù del terrore e parla al mondo intero con parole di libertà. Quel film segnò un confine e illuminò la speranza che si potesse cancellare la memoria del male. Ma negli eterni ricorsi storici nulla cambia veramente, il vecchio malefico serpente muta la pelle ma ancora fa rivivere le spaventose crisi economiche che si apparentano a quella del ’29 con i suoi elenchi di suicidi, le banche che tengono stretto il loro privilegio, la disoccupazione e il generale pessimistico tono che rende così simili gli uomini nelle aspirazioni e nei bisogni insoddisfatti. Anche in questo spettacolo presso il Teatro Eliseo, che segue letteralmente le orme del celebre movie americano, che Massimo Venturiello e Giuseppe Marini (che cura la regia) hanno pensato per il palcoscenico trasformandolo in un musical c’è la stessa forza dirompente della comicità e della satira. Anche se, per forza di cose, per assumere il ritmo di uno spettacolo dal vivo, molti “colori” subiscono modifiche e aggiustamenti, come inevitabili “tradimenti”.
Ma laddove Chaplin giocava con la forza di una giocondità spensierata e quasi infantile, di una leggerezza aerea e soave qui il clima si fa più cupo, specie nella prima parte e Venturiello e Marini si calano in atmosfere alla Brecht. Lo chiarisce Giuseppe Marini, ricordando come “Nello stesso periodo del film l’avventura brechtiana, con l’elaborazione di strumenti concettuali – lo straniamento – come modo di partecipazione critica al mondo della Storia, produceva “Terrore e miseria del Terzo Reich” e “La resistibile ascesa di Arturo Ui”.
In tal modo, gli attori e soprattutto la divina Tosca, sensibile attrice e voce d’angelo per le belle musiche composte ad hoc da Germano Mazzocchetti, intensa ed espressiva, viene trasportata nei rarefatti cieli di una Germania d’epoca, con i suoi canti yiddish di struggente malinconia, i balli appena accennati con le coreografie di Daniela Schiavone, mentre lei si sdoppia nella dolce Anna, una ragazza ebrea che lotta per i suoi ideali e per la libertà di chi ama e nella moglie-caricatura del dittatore italiano grassa e vitalissima emiliana. Così si dipana per le due ore di palcoscenico la sua tenera storia d’amore con il barbiere, rinchiuso come lei nel ghetto, che sembra il clone di Adenoid Hynkel, il dittatore, non fosse privo dell’ arroganza e la pazzia, o della violenza esplosiva del suo parlare. Sarà questa incredibile somiglianza che permetterà il messaggio finale che sovverte in valori le truci categorie di morte e annientamento del dittatore. Tutto questo dopo una serie di vicende che pongono paritariamente su un piano il bisogno di denaro del capo nazista, che non si fa scrupolo di ricorrere per prestiti agli odiati ebrei, e lo scontro, tutto da ridere, con le piccolezze che la storia ignora, come quelle di mettere psicologicamente in situazione di inferiorità il dittatore italiano, Napoloni, venuto in visita di stato per definire il controllo sull’Austria, facendolo accomodare su una sedia con gambe molto basse. Lo spettacolo segue con grande fedeltà le vicende raccontate dal film e lo fa alternando momenti di scene corali, travolgenti, con gli attori che si trasformano in cantanti e ballerini, ad altri in cui la storia d’amore brilla di luce più intensa. Gli attori si muovono su una scenografia grigia, lineare, con un corpus centrale rotante sul quale si aprono scale, ambienti e che permette un gioco fluido di immaginazione. Oltre ai fuori classe Tosca e Venturiello va almeno citato il resto del cast che comprende anche Lalo Cibelli (il dittatore italiano), Camillo Grassi, Franco Silvestri, Gigi Palla, Gennaro Cuomo, Pamela Scarponi, Nico Di Crescenzo e Alessandro Aiello.