I mali del secolo.

Celentano alle prese con ambiente, droga, crisi di coppia.

Roma, 5 maggio 2022.

 

<Ah, questo Adriano Celentano. Se non sembrasse un’esagerazione direi che è il genio del secolo e giuro che non ho mai avuto un biglietto d’invito ai suoi concerti>.

Dichiarazione d’autore che Fernanda Pivano, scrittrice, giornalista e critica musicale, rende al <Molleggiato> in occasione dell’uscita dell’album <I mali del secolo> cinquant’anni fa, oggi.

Otto brani in questo vinile tutti firmati, parole e musica, da Celentano con la sola esclusione della cover Ready Teddy, successo americano di Little Richard.

A dire il vero anche l’ultimo pezzo ha qualcosa di particolare, perché <Quel signore del piano di sopra> ha in più la collaborazione di Beretta e Del Prete.

Quest’ultimo brano si divide anche in due mini-versioni una in lingua italiana e una in lingua celentaniana, antesignana del singolo Prisencolinensinanciusol.

I mali del secolo è un album dove si concentrano temi sociali, soprattutto quelli ambientali, inaugurati sei anni prima con <Il ragazzo della Via Gluck>.

Oltre l’ambiente Adriano pone l’accento sulla crisi di coppia, sulla droga e sulla religione.

La canzone simbolo, <Un albero di trenta piani>, è il grido d’allarme verso la deriva della vita di città oramai insostenibile per l’avanzare dell’inquinamento.

La gente con le <facce di cera> e dove <i motori delle macchine già ci cantano la marcia funebre>.

Una denuncia sarcastica sullo sviluppo insostenibile che Celentano proporrà due anni dopo nel visionario <Yuppi Du>, nella sequenza di una Milano attraversata da spettri e uomini e donne con le maschere antigas.

Il finale del video di <Un albero di trenta piani> vede Adriano, ripreso dal basso, che si dimena verso la crescita di questo strano albero che si rivela essere il grattacielo Pirelli.

Il genio di Celentano risalta anche ne <La ballata di Pinocchio>, dove l’uomo-Pinocchio si fa beffe della grazia ricevuta dalla Fata Turchina potendo ormai giocare <ogni secondo e dire tutte le bugie di questo mondo>.

Come pure ne <La siringhetta>, la denuncia di un giovane nostalgico al quale piace volare per potere vedere dall’alto quello che succede giù.

Come già accennato è anche l’anno del singolo Prisencolinensinanciusol, uscito a novembre del 1972, nella strana lingua celentaniana che, a un primo ascolto, sembra un inglese maccheronico.

Una lingua non-sense, un’invenzione per facilitare una comunicazione globale dal ritmo sincopato, genere pop, tendente ad un rap non ancora esistente.

Cinquant’anni fa Adriano non è ancora il comunicatore che con i suoi silenzi e le varie prese di posizione infiamma il dibattito nazionale.

Con <Yuppi Du>, <Joan Lui> e la trasmissione Fantastico del 1987 si cala maggiormente in questo ruolo, ancor più esercitato nei successivi spettacoli televisivi.

Una cosa però possiamo affermare, senza tema di smentita, che Celentano è dannatamente attuale.

Al netto delle canzoni d’amore tutti i brani di Adriano recanti temi sociali se si ascoltano oggi non rivelano il tempo di produzione.

Del resto già nel brano <Un mondo in mi settima> del 1967 Adriano fa capire di essere avanti, di anticipare tutti, quando nel finale chiede di che anno è il giornale che pubblica ogni genere di notizie catastrofiche.

Lo sfoglia, nella convinzione che è roba vecchia che non conta più niente, e dice:<è di oggi…>.

 

 

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