Il Signore dell’italica comicità.

Raimondo Vianello ci lasciava dieci anni fa.

Roma, 15 aprile 2020. Ci avrete fatto caso ma quando muore qualcuno importante, o se ne ricordano le eventuali ricorrenze, i commenti sono sempre di natura più che elogiativa. E’ sempre il migliore che se n’è andato, ha lasciato un vuoto enorme e poi l’immancabile <<ci mancherai molto>>.

Ci sono però delle eccezioni che confermano la regola e una di queste si riferisce a Raimondo Vianello, scomparso esattamente dieci anni fa.

Attore brillante, sceneggiatore, autore e conduttore televisivo, Vianello, a ragion veduta, è stato la televisione insieme ad altri mostri della sua generazione che ci hanno accompagnato dal 1954 per anni. Vianello si è formato nel teatro di rivista al fianco di grandi capo-comici ma, caratteristica comune a quei talenti di quell’epoca, sapeva indifferentemente essere spalla e primattore come poi abbondantemente dimostrato nel proseguio televisivo al fianco di sua moglie, l’impareggiabile Sandra Mondaini.

Prima del sodalizio con la Mondaini la grande popolarità Vianello la condivide insieme ad Ugo Tognazzi nella mitica trasmissione <<un, due, tre>>, contribuendo alla nascita e allo sviluppo del varietà nostrano; successivamente poi un’infinità di altri varietà che in più di quarant’anni ci hanno allietato con i dualismi di tutti i giorni tra moglie e marito, coronati nella mitica <<Casa Vianello>> in onda per 16 stagioni. La chiusura della giornata della sit-com con Raimondo a letto con La Gazzetta dello Sport e Sandra che recitava: <<che  barba, che noia, io son stufa eh?>> è rimasta un classico del varietà televisivo.

Vianello, da grande appassionato di calcio, si è anche concesso lo sfizio di condurre Pressing, il talk show sportivo della domenica sera su Italia Uno, per nove anni ed a questo proposito vi racconto un piccolo aneddoto.

Vianello era presidente e giocatore di una squadra, la SA.MO. (iniziali della moglie), che partecipava al campionato di calcio di 3° categoria e s’incontrò contro l’allora mia squadra per un’amichevole verso fine maggio del 1981, approfittando di una sosta del torneo. Beh devo dire che il soggetto era perfettamente identico a come lo vedevamo in TV, disponibile, simpaticissimo e nelle lamentele con l’arbitro aveva gli stessi atteggiamenti delle gag che faceva con la moglie in scena. Il fine gara, dopo la doccia, fu ricco di spunti ironici, prese in giro con i compagni di squadra e non solo; si vedeva che era un ambiente, quello del calcio amatoriale praticato, a lui congeniale e ne fece partecipi anche noi della squadra avversaria.

Un grandissimo signore, che non ha mai avuto bisogno nelle sue rappresentazioni di caricare la battuta con gratuite parolacce, né tantomeno di appesantire le sue gag col dialetto. Il suo stile era quello dell’ammiccamento, della pausa studiata, imparato ed affinato attraverso la scuola della sua generazione.

Un gentleman della comicità.

 

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