Roma, 13 ottobre 2018 – Ho da tempo una simpatica disputa col mio giovane erede sul concetto di cinema d’altri tempi, di effetti speciali, di bianco e nero.
Valerio, mio figlio, beato lui ha 28 anni e come tutti i giovani ha pensieri e valutazioni nettamente diverse quando ci confrontiamo, relativamente alla cinematografia, all’uso/abuso, in talune circostanze, degli effetti speciali, rispetto a quello che reputo la vera essenza della settima arte e cioè il saper fare dell’artigianato di classe senza eccesso di digitalizzazione.
Anche la disputa tra pellicole in bianco e nero e a colori ha creato un diaframma, perché ai più giovani il bianco e nero puzza di stravecchio e neanche ci si sforza, in generale, di vedere un prodotto che può essere analizzato non solo dal punto di vista storico, salvo poi apprezzarne i contenuti.
Da questo punto di vista, dopo qualche insistenza, ho ricevuto soddisfazione per due pellicole del 1948, ben settant’anni fa, che costituirono una sorta di spartiacque nel genere western, con protagonista John Wayne: “Il massacro di Fort Apache” e “Il fiume rosso”.
Due assolute primizie dirette, rispettivamente, da grandi specialisti come John Ford e Howard Hawks. Il primo, che aveva un rapporto speciale con Wayne sin dai tempi di “Ombre Rosse”, inaugurò la trilogia sulla cavalleria statunitense che avrà il suo seguito con “I cavalieri del Nord Ovest” e con “Rio Bravo”, mentre il secondo si cimentò per la prima volta col genere che gli darà future grandi soddisfazioni con pellicole come “Un dollaro d’onore” ed “El Dorado”. Hawks nella sua lunga carriera firmerà capolavori come “Il grande sonno” col mitico Bogart e “Gli uomini preferiscono le bionde” con la divina Marylin Monroe.
Il film di Ford, allusivo alla vicenda del generale Custer a Little Bighorn, racconta del colonnello Turner destinato a Fort Apache, avamposto militare baluardo dell’annoso conflitto con gli indiani, che non si integra con i suoi subalterni mostrando un eccessivo e rigido formalismo nella gestione del comando e di conseguenza nella strategia tattica contro il nemico. Gli sviluppi della storia porteranno Turner a disattendere un proficuo accordo col capo indiano Cochise, raggiunto con la mediazione del suo sottoposto capitano York (Wayne), per un eccesso di smisurato orgoglio convinto di poter sopraffare in campo aperto i pellirosse. La battaglia finale si risolverà appunto in un massacro dei militari con l’eccezione del capitano York risparmiato insieme a pochi uomini dalla clemenza di Cochise. Ford, in un epoca in cui il bianco era sempre buono e gli indiani sempre cattivi, mostrò una certa sensibilità verso i diritti e le istanze dei pellirosse che trovarono definitivo affrancamento solamente negli anni ’70 con film come “Un uomo chiamato cavallo” e “Soldato blu”.
Da ricordare nel ruolo del colonnello Turner uno splendido Henry Fonda e Pedro Armendàriz, il sergente Beaufort, doppiato da Alberto Sordi.
La pellicola di Hawks è ambientata invece a metà del 1800 ed è la storia di un duro allevatore che ha come unico e principale obiettivo nella vita quello di costituirsi una mandria di migliaia di capi di bestiame a nord del Texas, rinunciando all’amore, coadiuvato da un amico fedele e da un giovane orfano raccolto lungo il cammino.
La storia salta di molti anni ed il sogno del nostro allevatore si è concretizzato superando notevoli ostacoli, qualche nemico, sempre con al fianco il vecchio amico e l’ormai svezzato giovane considerato ormai come un figlio adottivo.
La durezza dell’allevatore man mano si scontra con l’intraprendenza e con i sistemi più umani del figlioccio nel rapporto coi mandriani e nel trasferimento di ben 8000 capi di bestiame attraverso Red River (il fiume rosso); nel corso del viaggio si arriverà ad una rottura tra le due forti personalità, con l’avvicendamento al comando delle operazioni del giovane rispetto all’anziano capo.
Il duro allevatore prometterà al figlioccio di fargliela pagare, ma il casuale intervento di una donna, innamoratasi del giovane, durante il tragitto scongiurerà il peggio contribuendo a far tornare tra i due il sereno. La scena finale è una delle più veritiere scazzottate della storia dei western tra il vecchio allevatore (Wayne) ed il giovane interpretato da un convincente Montgomery Clift.
Hawks mise in evidenza lo scontro edipico tra Wayne e Clift (padre e figlio), come pure il sentimento di virile amicizia tra i mandriani, gente dura, generosa, che lottava giorno dopo giorno con difficoltà ambientali rilevanti; in proposito la partenza e la gestione del cammino della mandria è una delle chicche del film di Hawks, tanto per ribadire sugli effetti speciali….
Tra le curiosità del film l’alto costo della produzione che arrivò a spendere circa 4 milioni di dollari, nel ’48 una cosa enorme, e nella parte dell’amico di John Wayne l’attore Walter Brennan che farà da spalla allo stesso Wayne in altre grandi produzioni, sempre simpaticamente doppiato da Lauro Gazzolo, l’inconfondibile voce del vecchietto del west.
Due pietre miliari della cinematografia mondiale in bianco e nero, alla faccia del colore….