Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Le aberrazioni del potere nel film di Elio Petri.

Roma, 12 febbraio 2020. <<Per fare un film bisogna avere, oggi, molta follia e molto amore per il cinema e questo è probabilmente l’unico aspetto positivo della faccenda>>

Questo è quello che dichiarò Elio Petri sceneggiatore e regista di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, pellicola che esattamente 50 anni fa uscì in Italia.

Primo film di una trilogia, proseguita nel 1971 con La classe operaia va in paradiso e nel 1973 con La proprietà non è più un furto, “Indagine” a quei tempi fu una vera e propria bomba, la messa in discussione di un tabù nella rappresentazione di un poliziotto psicopatico e represso.

Il cittadino in questione è un dirigente di polizia, interpretato da un monumentale Gian Maria Volonté, che esercita il suo potere consapevole dell’immunità che la sua stessa carica rappresenta, in un gioco di seduzione e provocazione nel confronto con la sua amante, la bellissima e perfida Augusta Terzi rappresentata da Florinda Bolkan.

Augusta, nella relazione, vuole farsi rivelare dal poliziotto alcune situazioni particolari e scabrose della sua attività e lo stuzzica, lo provoca, lo deride, fino al momento in cui lo stesso, esasperato, la uccide con una lametta nell’appartamento di lei. E qui scatta la follia di Petri concependo, dopo il delitto, l’atteggiamento di sfida del poliziotto che invece di defilarsi, di occultare le prove dell’omicidio, dissemina di tracce proprie la scena del misfatto.

Il poliziotto assassino vede che la sua punizione è preclusa dallo stesso potere della sua posizione e non c’è verso del contrario.

I suoi superiori non prendono minimamente in considerazione la confessione del funzionario, perché intaccherebbe la credibilità del sistema.

Petri in un momento storico particolare della nostra repubblica, appena scossa dalla strage di Piazza Fontana un paio di mesi prima, ha voluto evidenziare che il potere ognuno di noi lo può esercitare, dalla propria sfera interiore, anche in maniera autoritaria.

Al regista e di conseguenza anche a Volonté alcuni recensori rivolsero un plauso per aver compiuto un notevole passo in avanti nel raccontare un concetto di società che si permetteva di colpire dei mostri sacri; di contraltare una parte dei critici di sinistra gli rigettarono contro l’accusa di spettacolarizzare, a scopo economico, i processi sociali e politici.

Ugo Pirro, altro sceneggiatore del film, dichiarò successivamente come lo stesso Volonté fu parte attiva alla realizzazione di Indagine. << E’ stato grazie alla sua interpretazione che alcuni personaggi sono stampati nell’immaginario collettivo. Lui li penetrava fin nel più profondo dell’anima e li rendeva vivissimi attraverso i gesti, il modo di parlare, il tono della voce>>. Il grande successo internazionale della pellicola portò Volonté ad essere considerato alla pari delle più grandi stelle del cinema americano come Peck, Newman, Bogart, Lancaster, proprio per la sua personale recitazione quasi isterica, sofferta dal di dentro.

Nel rimarcare la notevole colonna sonora di Ennio Morricone, il film fu insignito dell’Oscar nel 1971 quale miglior pellicola straniera oltre ad altri premi conseguiti sia dai produttori, Cicogna e Senatore, che dal regista e da Gian Maria Volonté; rivederlo oggi, anche decontestualizzando l’epoca di cinquant’anni fa, ancora fa riflettere sulle aberrazioni della gestione di un certo potere.

 

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