Roma, 29 agosto 2022.
Sono passati quarant’anni dalla scomparsa di una delle più grandi dive della cinematografia mondiale: Ingrid Bergman.
Svedese di Stoccolma, la Bergman affina già in adolescenza la sua naturale predisposizione alla recitazione con una robusta preparazione teatrale.
Sul finire degli anni trenta, dopo i primi lavori cinematografici, viene notata per la sua purezza espressiva tanto da esser paragonata, in una sorta di passaggio del testimone, alla <divina> Greta Garbo, svedese anche lei.
Il tempo ci dirà che il paragone è improprio perché la Bergman è una diva diversa, a volte più antidiva, che rifiuta le pressioni hollywoodiane che la vogliono condizionare anche dal punto di vista estetico.
A differenza delle grandi attrici che si succedono in quegli anni la bellezza della Bergman è una bellezza diversa, lontana dagli stereotipi dello star-system.
Complice anche la diversità dei personaggi interpretati, sempre diversi, dove la Bergman ama mettersi in discussione continua.
Significativo, al riguardo, il ruolo che chiede di recitare in <Il dottor Jekyll e Mr.Hyde>, cioè quello dell’inquieta e giovane prostituta rispetto alla remissiva fidanzata di Jekyll interpretata da Lana Turner.
La sensibilità artistica di Ingrid Bergman la riscontriamo nel monumentale <Casablanca>, un ruolo tormentato fino all’ultima scena, al fianco di Bogart.
Conquista Hitchcock che gli affida il personaggio freddo della psicoanalista di <Io ti salverò>, che poi si scioglie e si abbandona all’amore struggente nei confronti del proprio paziente, Gregory Peck.
Il maestro del brivido la dirige ancora in <Notorius-L’amante perduta> in una parte estremamente emozionale, in una storia d’amore tormentata nel contesto di un’ambigua vicenda di spionaggio internazionale.
La sua voglia di scoprire nuovi scenari professionali fa sì che s’innamori del Neorealismo italiano, affascinata dai capolavori <Roma città aperta> e >Paisà> del maestro Roberto Rossellini.
Nasce con Rossellini un sodalizio artistico e sentimentale che si scontra col bigottismo italico e col perbenismo statunitense essendo tutti e due sposati con figli, tanto che per circa sei anni viene bandita dalle produzioni americane.
Uno strano parallelismo, nei primi anni cinquanta, con la storia d’amore tra il Campionissimo Fausto Coppi e la Dama Bianca, Giulia Occhini, ognuno con un fallimentare matrimonio alle spalle.
Forse ha ragione Vittorio De Sica quando afferma:<L’indignazione morale è in molti casi al 2% morale, al 48% indignazione e al 50% invidia>.
Ma al di là delle vicende personali, comunque sempre gestite dalla Bergman in maniera discreta, viene richiamata dagli Studios nel 1956 per girare <Anastasia> dove riceve il suo secondo Oscar quale migliore attrice protagonista.
In età più che matura, 60 anni, consegue la sua terza statuetta nel 1975 nel film <Assassinio sull’Orient Express>, di Sidney Lumet, come attrice non protagonista.
Non poteva mancare, a proposito di spessore recitativo più che maturo, la collaborazione col suo grande ed omonimo connazionale Ingmar Bergman.
In <Sinfonia d’autunno> del 1978, Ingrid Bergman si supera nel ruolo di una grande pianista che sacrifica il rapporto con i figli per la carriera.
Recitazione molto sentita ed autobiografica per le vicissitudini relative al travagliato rapporto con la figlia Pia, avuta dal primo marito.
Ma non è finita perché l’ultima grande performance della Bergman riguarda il personaggio di Golda Meir, la donna leader del governo d’Israele.
Un’interpretazione molto marcata, a tratti sofferta, che risente delle sue precarie condizioni di salute ma proprio per questo in linea col suo spessore di grandissima attrice.
Come già ribadito un’antidiva stimata da registi, colleghi e produttori che durante lo scorrere della carriera ne hanno apprezzato la professionalità.
Una gran signora, fino in fondo.