Roma, 5 settembre 2022.
Coppi o Bartali?, Merckx o Gimondi?, Pelè o Maradona?, Jean-Paul Belmondo o Alain Delon?
Dubbi amletici, tra i tanti, che hanno riempito le cronache sportive e dello spettacolo cinematografico nello scorso secolo.
Domani è un anno dalla scomparsa di Jean-Paul Belmondo, l’attore francese più rappresentativo della sua generazione assieme appunto ad Alain Delon.
Belmondo nella sua carriera affronta tutti i ruoli possibili e immaginabili, lavora con registi impegnati e in produzioni più commerciali.
E’ simpatico “a pelle”, fisico da atleta, sorriso da cialtrone, in antitesi col “gemello” Delon che si gioca la carta del bel tenebroso con i suoi tormenti interiori.
Quando gli chiedono: < che cos’è il cinema? Arte o intrattenimento?>, Belmondo risponde:<Il cinema è cinema>.
E’ la certificazione di tutta l’attività artistica di Belmondo a cui viene predetto, dal suo professore di accademia d’arte drammatica, Pierre Dux, che il mestiere di attore non fa per lui.
< Non farai mai l’attore protagonista, sei troppo brutto e non saresti credibile nell’abbracciare in una scena d’amore la protagonista>. Le ultime parole famose…
La rivoluzione culturale che, nella Parigi degli anni sessanta, prende il nome di Nouvelle Vague lo vede protagonista in produzioni con Godard, Truffaut, Resnais.
Ma prima ancora lo vediamo impegnato con Chabrol, <A doppia mandata> e con De Sica ne <La ciociara>, nel ruolo dell’intellettuale Michele.
Come detto Belmondo non disdegna il passaggio dal cinema d’autore, <La mia droga si chiama Julie>, di Truffaut, a produzioni commerciali come <Cartouche>, di de Broca.
Nel 1970 il grande successo planetario in <Borsalino>, dove divide la scena con il suo “alter ego” Delon, faccia d’angelo.
Fino a tarda età rinuncia alla controfigura nei film d’azione, compiendo peripezie spericolate tipiche degli stuntman.
Belmondo durante il suo percorso artistico ha un rapporto conflittuale con i critici, che in parte recupera sul finire degli anni ottanta dedicandosi maggiormente al teatro.
Una pellicola che mi piace molto di Belmondo è <L’erede> del 1973, per la regia di Labro.
Un film che vediamo di rado nei vari passaggi televisivi ma che mette in evidenza un Belmondo molto maturo e convincente.
Tornando alle baruffe con i critici, Belmondo ribadisce il suo pensiero assoluto:<Non credo che sarei rimasto così a lungo sotto i riflettori, se avessi fatto una schifezza qualsiasi. La gente non è stupida>.
Come darti torto vecchio Jean-Paul.