dalla nostra corrispondente da Los Angeles, Maristella Santambrogio
Hilary Helstein, direttrice del festival, nell’intervista sul red carpet al Gala d’apertura ci ha detto “Il Jewish film Festival è un impegno notevole e lo porto avanti con risultati visibili, infatti, ne celebriamo quest’anno la decima edizione. Cerco di scegliere film, alcuni presentati per la prima volta a Los Angeles, in grado di soddisfare l’interesse del pubblico. Proiettandoli in molte sale cinematografiche, si da modo ai filmmekers di promuovere i loro lavori.”“Lei è anche regista del premiato documentario “As Seen Through These Eyes” “Si, ho voluto ricordare l’olocausto descrivendolo dal mio punto di vista personale, esprimendo in immagini la sofferenza.”“Progetto difficile?”“La partenza è sempre è sempre in salita e ci vuole fiato per percorrerla. Mi ci sono voluti quasi 10 anni per realizzarlo. Ci sono riuscita con volontà e pazienza.”“È ancora problematico per una donna esprimersi come regista in un’ambiente di uomini?” “Il nostro festival dimostra come il numero delle donne alla regia stia crescendo. Ne abbiamo parecchie, anche qualche uomo (ride e scherza)… Del resto le donne non si lasciano intimidire … e… arrivano al traguardo.!”
Alla serata d’apertura nel leggendario Saban Theater in Beverly Hills il documentario “The Otrageuous Sophie Tucker” ha ricordato un personaggio incredibilmente all’avanguardia per l’epoca a cui appartiene. La provocante Sophie Tucker è stata “The Last Red Hot Mamas” l’idolo di donne e uomini . Con una carriera lunghissima si è esibita nei mondi del Vaudeville di Broadway e Hollywood come cantante- cabarettista, comica. Attrice cinematografica, televisiva e radiofonica dal 1906 al mese precedente alla morte avvenuta a 82 anni, non ha mai smessi di lavorare. Tra i suoi ammiratori si annoverano nomi famosi: Al Capone, Ronald Regan, John F.Kennedy, Frank Sinatra. Edgar Hoover, capo dell’FBI, le chiedeva di poter avere i suoi vestiti. La Tuker non era ne sexy ne particolarmente bella, ma la sua personalità e disinibizione erano proverbiali. “Sono grassa e mi piace esserlo… dicono che gli uomini mi corrano dietro… No, sono io che rincorro gli uomini””Era un’artista incredibile – ci diconoSusan e Lloyd Eckera cui dobbiamo la realizzazione del documentario – ha influenzato generazioni di attrici ed è stata anche la mentor di Judy Garland con la quale ha lavorato nel film “Thoroughbreds Don’t Cry“(1937).Sophie aveva un senso incredibile per il marketing, sapeva promuovere qualsiasi prodotto. Rilasciava autografi solamente a chi comprava il suo libro. Abbiamo letto più di 400 scritti, trovati con fatica e tempo nelle biblioteche. Con donazioni, ci è stato concesso di usarli. Inoltre parte del materiale filmato inserito nel documentario non esiste più. Abbiamo raccolto in un libro ” I am Sophie Tucker” le nostre ricerche sulla sua incredibile vita.”Il regista del documentario,William Gazecki, ci ha detto ” Sono soddisfatto del lavoro fatto, desideravo ne uscisse la figura di questa donna comunicativa capace di magnetizzare l’attenzione del pubblico parlando anche pubblicamente di sesso quando all’epoca era assolutamente un tabu.”
Ken Davitian ci ha fatti sorridere dicendo ” Ho girato molti film incluso “The Artist” ma sono diventato famosissimo con la mia scena di nudo nel film “Borat”.”
Kim Cavallo e Michele Kaufman,fondatrici del festival, hanno sottolineato le capacità organizzative della direttrice del Jewish Festival,Hilary Helstein, per come abbia saputo sempre scegliere ottimi film, portare registi, filmmakers e specialmente riuscire ad organizzare il lavoro. L’hanno definita come “una grande energia in un piccolo pacchetto”, riferendosi al suo aspetto fisico….
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