Teatro La Pergola di Firenze : l’eccellente stagione 2016-2017
Con molto piacere e con sincero entusiasmo desidero presentare ai lettori della rubrica teatrale la eccellente stagione del Teatro della Toscana, in generale, e del glorioso e stupendo Teatro della Pergola, di Firenze, in particolare. Sono molto affezionato alla Toscana ed alla città di Firenze per motivi personali e familiari, e sono anche sicuro che, molti appassionati di teatro (come me) avranno piacere di raggiungere Firenze per assistere a qualcuno degli eccellenti spettacoli in cartellone. In questa prima nota ci dedichiamo alla presentazione generale della stagione, predisposta dal bravissimo direttore artistico Gabriele Lavia, e dal suo staff, ed al primo spettacolo in programma dal 4 al 9 ottobre, il Calderon, di P.P. Pasolini, che abbiamo avuto modo di apprezzare ed applaudire nella passata stagione a Roma, al Teatro di Roma Teatro Argentina, uno spettacolo, quindi, che mirabilmente unisce le due città, capitali della Cultura Italiana, Firenze e Roma.
86 spettacoli, 13 prime nazionali, 11 produzioni, 10 coproduzioni : per la prima volta la Fondazione Teatro della Toscana presenta in un sol colpo le sue quattro stagioni, quelle degli spazi d’area fiorentina, la Pergola, il ritrovato Niccolini e il Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, che la Fondazione gestirà per i prossimi tre anni, e quella del Teatro Era di Pontedera. Una offerta cospicua da settembre 2016 a maggio 2017 con i più importanti nomi del nostro teatro, come Gabriele Lavia, Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo, Massimo Ranieri e Maurizio Scaparro, Glauco Mauri e Roberto Sturno, Luca Barbareschi, Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses, Luigi De Filippo, Giulio Scarpati e Valeria Solarino, Laura Morante, Massimo Ghini, Elio, Toni Servillo, Archivio Zeta, Roberto Latini, Roberto Bacci con la novità Il nullafacente di Michele Santeramo, Zaches Teatro. Continua la collaborazione con Cango per il cantiere internazionale “La democrazia del corpo” dedicato alla danza contemporanea con in programma Cantico dei cantici e il debutto di Babele, entrambi di Virgilio Sieni. Il grande teatro internazionale è rappresentato, all’interno dei festeggiamenti per i 150 anni dei rapporti tra il Giappone e l’Italia, dagli attori e musicisti di teatro Nō e Kyōgen guidati dal maestro Sakurama Ujin. E poi i lavori del gruppo dei Carissimi padri…, il ciclo “Alluvione. 50 anni dopo”, i progetti speciali Sognare a teatro e Il sogno di Alice, il “Natale da favola” e anche una mostra dedicata ad Arnoldo Foà nel centenario della nascita. Questa è la geografia: la Pergola come luogo dei grandi allestimenti, il Niccolini come teatro dell’attore e della parola in italiano, Scandicci come il laboratorio nel quale andare alla scoperta di un nuovo specifico per la scena, Pontedera con una programmazione composita che unisce al teatro di ricerca il miglior teatro di tradizione.Presentare una programmazione fatta di più di ottanta spettacoli, ripartiti in quattro teatri diversi che coprono un’area in grado di attraversare nella sua larghezza la Toscana, non è un gesto banale, soprattutto di questi tempi. Si tratta, però, di una naturale evoluzione del cammino intrapreso appena un anno fa, con l’ottenimento dello status di Teatro Nazionale. L’assetto della Fondazione Teatro della Toscana si è adattato in questi mesi alle necessità di un nuovo volo, ha cambiato l’angolazione delle ali, ha effettuato cabrate e mutamenti di quota, ha modificato la rotta per evitare quelle tempeste che al giorno d’oggi sempre più affliggono le organizzazioni culturali. Non tutto sempre è stato compreso, ma è difficile dall’esterno valutare con precisione la rotta di un aereo: l’importante è che compia il proprio percorso. E non si può dire che un tragitto la Fondazione non l’abbia compiuto, avendo aumentato le recite, gli spettatori, gli abbonamenti, il numero e l’incisività delle produzioni. L’acquisizione di Niccolini e Teatro Studio ha completato un sistema di spazi articolato, con identità in via di definizione, ma precise nelle intenzioni (la Pergola come luogo dei grandi allestimenti, il Niccolini come teatro dell’attore e della parola in italiano, Scandicci come il laboratorio nel quale si va alla ricerca di un nuovo specifico per il teatro, Pontedera come momento di sintesi tra innovazione e tradizione). Una sfida che mira ad allargare ancora il pubblico, a coinvolgere e anche a formare spettatori nuovi, a creare nuove sinergie con le altre strutture del territorio. Con la sua programmazione, le sue realtà formative (il Centro d’Avviamento all’Espressione, l’Oltrarno, il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards – tra agosto e settembre al Fringe Festival di Edimburgo –, il Laboratorio di Costumi e Scene del Teatro della Pergola, l’Accademia dell’Uomo), i suoi progetti per i giovani (tra tutti, l’Alternanza Scuola-Lavoro), e le attività museali, la Fondazione prosegue il proprio volo, verso altri orizzonti.
Teatro della Pergola, dal 4 al 9 ottobre : Teatro di Roma – Fondazione Teatro della Toscana Calderon di Pier Paolo Pasolini,drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzicon Sandro Lombardi, Camilla Semino Favro, Arianna Di Stefano, Viola Graziosi, Graziano Piazza, Silvia Pernarella, Ivan Alovisio, Lucrezia Guidone, Josafat Vagni, Debora Zuin, Andrea Volpettie con la partecipazione straordinaria di Francesca Benedettiscene Gregorio Zurla regia di Federico Tiezzi.
Federico Tiezzi firma la regia di Calderón, tragedia in versi scritta da Pier Paolo Pasolini nel 1967 e pubblicata nel 1973. Bloccati in una storia e in una società cui non vogliono appartenere, i protagonisti di Calderón vivono nello spazio doloroso fra la rabbia e la nostalgia, l’amore per il mondo e la rabbia verso gli adulti, i padroni della storia. Una produzione Teatro di Roma – Fondazione Teatro della Toscana.Ritenuta da Pasolini stesso una delle sue “più sicure riuscite formali”, Calderón, si ispira al capolavoro del grande tragediografo spagnolo del “Secolo d’oro” Pedro Calderón de la Barca (1600-1681), La vita è sogno. Non mutano i nomi dei personaggi centrali (Basilio, Sigismondo e Rosaura), mentre molto diverse sono situazione, trama, ambientazione. Siamo nella Spagna franchista del 1967. Rosaura fa tre sogni successivi, ognuno in un ambiente diverso – aristocratico, proletario, medio borghese – a significare l’impossibilità, per tutti, di evadere dalla propria condizione sociale. Nel primo sogno Rosaura si innamora di Sigismondo, un ex amante della madre che scoprirà essere suo padre; nel secondo, da prostituta, si innamora di Pablito, un ragazzo che scoprirà essere suo figlio; nel terzo è una moglie rassegnata al proprio destino, che si innamora di Enrique, uno studente rivoluzionario. Il tema della diversità, della irriducibilità di ogni essere umano alle logiche del potere borghese, è dunque ricorrente in tutti i sogni, risolto nelle metafore di amori incestuosi. Segue una quarta, e ultima, incarnazione di Rosaura in uno “scheletro bianco quasi senza più capelli, nella cuccia”: lo scheletro vivente di una vittima delle SS naziste, nello stesso salone di reggia trasformato in lager, mentre irrompe il coro degli operai comunisti in veste di salvatori. Pasolini stesso sottolinea come il tema del dramma sia lo scontro tra individuo e potere: “In tutti e tre i suoi risvegli, Rosaura si trova in una dimensione occupata interamente dal senso del Potere. Il nostro primo rapporto, nascendo, è dunque un rapporto col Potere, cioè con l’unico mondo possibile che la nascita ci assegna. Il Potere in Calderón si chiama Basilio (Basileus), ed ha connotati cangianti: nella prima parte è Re e Padre (appare nello specchio – con l’Autore!! – come nel quadro di Diego Velásquez Las Meninas), ed è organizzato classicamente: la propria coscienza di sé – fascista – non ha un’incrinatura, un’incertezza. Nella seconda parte – quando Rosaura si risveglia ‘povera’, sottoproletaria in un villaggio di baracche – Basilio diviene un’astrazione quasi celeste (sta nello stanzone di Las Meninas vuoto, come sospeso nel cosmo: e da lì invia i suoi sicari sulla terra); infine, nella terza parte, è il marito piccolo-borghese, benpensante, non fascista ma peggio che fascista”. Federico Tiezzi concepisce questo Calderón come ultima parte di una trilogia che prende in esame la dissoluzione della famiglia, qui colpita anche dalla forza dialettica del maggio ’68 e dallo sguardo impietoso di Freud. Lo avevano preceduto Ifigenia in Aulide di Euripide (INDA, 2015) e Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello (Piccolo Teatro di Milano, 2016). In questo Calderón Tiezzi sottolinea l’aspetto di ‘tragicommedia’ presente nel testo, lasciando emergere la sua comicità stridente, surreale e stralunata.