Spettacolo

L’amaro caso della baronessa di Carini, 50 anni di mistero

… e permane l’attualità…

Roma, 28 gennaio 2025 – Era il 1975, dal 23 novembre al 14 dicembre,quando la RAI trasmise in prima serata “L’amaro caso della baronessa di Carini”.

Prodotto su pellicola cinematografica a colori (ma per gli italiani il primo passaggio televisivo fu in bianco e nero, avendo avviato la RAI le prime trasmissioni a colori solo nel 1977), racconta la storia – vera – della baronessa di Carini, trucidata il 4 dicembre 1563.
Il regista, Daniele D’Anza, prende spunto da una vecchia ballata siciliana per mettere in scena una storia che sembra concepita da un giovane sceneggiatore contemporaneo, al soldo di una produzione in streaming.

Ambienta la trama principale agli inizi dell’ottocento, creando un collegamento temporale con i tragici eventi accaduti 300 anni prima, alternando presente e passato, anticipando visionarietà e meta temporalità, ingredienti tipici delle fervide menti dei creativi del nuovo millennio.

La produzione si distingue in tutte le sue componenti: alla scelta della ambientazioni, alla cura della lingua (consulente per il siciliano era un certo Andrea Camilleri…), alla colonna sonora nella quale brilla la sigla iniziale cantata da Gigi Proietti su testo di Otello Profazio, agli attori: Adolfo Celi, Ugo Pagliai e soprattutto un Paolo Stoppa al massimo della sua forma: cinico, beffardo, disincantato, personaggio e voce narrante, come nella migliore delle tradizioni della grande letteratura d’oltralpe. 

E Voltaire, Rousseau, Laclois vengono citati, come oggi si snocciola un verso di un rapper trasteverino.

Quel marchio di fabbrica brilla ancora, cinquant’anni dopo, quando a noi, nel 1975 solo poco più che bambini, un brivido tuttora ci percorre la schiena…

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