Roma, 6 giugno 2023.
La ricorrenza.
Quando si dice Kolossal, nella storia del cinema, non si può fare a meno di pensare a Lawrence d’Arabia, diretto da David Lean, in uscita in Italia proprio sessant’anni fa.
La storia.
L’avventuriero ed agente britannico Thomas Edward Lawrence viene mandato al Cairo nel 1916 per fomentare la rivolta antiturca degli arabi, a tutto vantaggio dell’Inghilterra.
In piena prima guerra mondiale gli inglesi sono molto attenti a sfruttare il malcontento di una parte degli arabi, per mettere un freno all’aggressività dell’impero ottomano.
Lawrence è affascinato dalla cultura e dalla civiltà arabo-islamica e ritiene che le varie tribù, se accorpate, possano costituire un supporto prezioso contro i turchi.
Le varie tribù vivono da nomadi fra i territori di Siria, Giordania e penisola araba completamente staccati dal potere dell’Emiro Faysal.
Lawrence incontra Mr. Dryden, consulente politico e diplomatico degli inglesi, per valutare, insieme al colonnello Brighton, come poter utilizzare e convogliare l’insieme delle tribù.
L’Emiro Faysal è favorevolmente impressionato dal comportamento filo-arabo di Lawrence e dalla sua conoscenza del Corano e ne ascolta con interesse le sue strategie.
Lawrence è poco conforme ai tradizionali codici militari, diventa amico dei capi tribù Alì e Awda e li riesce a metter d’accordo per un’enorme impresa: la conquista di Aqaba.
Aqaba è una roccaforte marittima controllata dai turchi, inaccessibile via terra dal deserto e inavvicinabile via mare a causa dei cannoni costieri montati a sua difesa.
Il genio di Lawrence partorisce l’assurda idea di passare per il deserto del Nefud, ottiene l’aiuto di Alì e di Awda e conquista Aqaba con un attacco a sorpresa via terra.
L’impresa di Lawrence ne aumenta il carisma e la considerazione presso gli arabi e anche verso il nuovo comandante del Quartier Generale britannico, il generale Allenby.
Costui sostiene i piani di Lawrence che intende rafforzare lo spirito d’indipendenza degli arabi, un’idea romantica che viene seguita dal reporter americano Bentley.
L’obiettivo è la presa di Damasco, attraverso la distruzione della ferrovia che la collega a Medina, costruita dai turchi, ma con le forze ridotte per via del ritorno ai campi invernali di alcune tribù.
Lawrence viene catturato dagli ottomani che lo torturano, gli usano violenza, lo rilasciano.
Ritorna al Cairo per ottenere un altro incarico e viene a sapere che i governi francese e britannico hanno stipulato un accordo per la spartizione del territorio arabo.
Allenby lo persuade a riprendere l’offensiva verso Damasco che riesce a conquistare con l’aiuto dei capi tribù ed instaura un Consiglio arabo che governi in nome di Faysal.
Gli aspetti politici però sono lontani dai comportamenti delle tribù, che non riescono a gestire i loro antichi dissapori.
Lawrence rimane solo con il solo conforto del colonnello Brighton e riceve un ulteriore colpo da Allenby, Dryden e Faysal che si accordano per esautorarlo dall’operazione.
Ormai Lawrence è un personaggio scomodo, troppo idealista per le sorti della penisola araba e per gli intrighi delle grandi potenze.
Curiosità.
David Lean sfrutta alla perfezione la ricca produzione della Columbia Pictures e riesce a miscelare l’idealismo di Lawrence nel contesto dei venti di guerra in Medio Oriente.
Il soggetto è ripreso dall’autobiografia di Lawrence I sette pilastri della saggezza e raccoglie 7 Premi Oscar.
Lean del resto è avvezzo alle grandi opere avendo firmato capolavori come Il Dottor Zivago, Il ponte sul fiume Kwai, Passaggio in India, tanto per citarne alcuni.
Eccellenti la fotografia, specialmente nel modo di trasmettere il fascino del deserto, e la colonna sonora di Maurice Jarre, entrambi meritevoli di due dei sette Oscar conseguiti.
Protagonisti.
Assoluto protagonista l’irlandese Peter O’Toole nel ruolo dell’ambiguo Lawrence, entrato con prepotenza nella storia del cinema.
Incomprensibile che nei sette Oscar conseguiti non sia stato assegnato a O’Toole quello come attore protagonista, che quell’anno andò a Gregory Peck per Il buio oltre la siepe.
Oltre a O’Toole c’è una batteria di grandi attori, tutti funzionali alla storia.
Alec Guiness è strepitoso nella doppiezza dell’emiro Faysal, Omar Sharif è Alì, Anthony Quinn è l’altro capo tribù Awada, Jack Hawkins è Allenby, Anthony Quaile è il colonnello Brighton, Arthur Kennedy è il reporter Bentley e il grande Claude Rains è il faccendiere Dryden.
Da rivedere anche e soprattutto per apprezzare i nostri grandi doppiatori che hanno arricchito l’opera.