Il volto lievemente segnato dal tempo e il corpo che saetta passi di danza, Massimo Ranieri è trascinato da una band di cinque grandi interpreti che si impadroniscono del palcoscenico e della platea e i palchi colonizzando di note brillanti uno straripante Teatro Quirino, arreso all’invasione di suoni eccitanti quali può dare la musica di artisti come Enrico Rava che fa vibrare la tromba e il flicorno, Stefano Battisti che per tutta la magnifica serata duetta con lui con le note voluttuose del sax, coordinate dal suono caldo del pianoforte di Rita Marcotulli, mentre il contrabbasso di Riccardo Fioravanti disegna chiaroscuri e la batteria di Stefano Bagnoli scatena la ritmica. Eccoci nel dominio della “Malia napoletana”, lo spettacolo che accompagnerà fino alla fine dell’anno il pubblico romano. È una rivisitazione della tradizionale canzone napoletana targata anni ’50 e ’60, che ha prodotto brani ormai entrati a far parte del patrimonio musicale collettivo in forza di melodie rapinose e qui rinate alla luce di una ritmica jazz trascinante.
Una scelta ben precisa che certamente è collegata alla biografia del cantante, ai suoi ricordi da bambino, ma è anche caratterizzante del periodo storico, di quella rinascita dopo gli anni tormentosi della Seconda Guerra Mondiale che pian piano faceva esplodere un autentico boom economico cambiando il volto dell’Italia.
Si scoprivano mete incantate per la sete di bellezza, Napoli e Capri diventavano patrimonio collettivo alla moda per un turismo anche elitario che apriva orizzonti di libertà nuove e si incantava ad ascoltare la magica ’Luna Caprese’. Trascinata dalle circostanze favorevoli la tradizione canora napoletana si aggiornava, nascevano artisti come Renato Carosone che raccontava la sua Comédie Humaine con canzoni come ‘Lazzarella’, ‘Torero’, ‘O Sarracino’ e lo scatenato ‘Tu vuò fa l’americano’, oggi riemerso da protagonista cantato da Fiorello in tutto il mondo dopo essere stato scelto come motivo trainante nel celebre movie hollywoodiano ‘Il talento di Mr Ripley’ con Matt Demon e Jude Low. A testimoniare che Napoli è anche paesaggio del cuore, una scelta artistica e non di stretta appartenenza geografica, ecco cantarla autori non più solo partenopei, ma anche romani come Renato Rascel, re della rivista e signore del Sistina di Roma, che deliziava con l’appassionata ‘Te voglio tanto tanto tanto bene’, mentre il pugliese Domenico Modugno regalava la struggente melodia di ‘Resta cu’mme’.
In quegli anni il rinnovamento si coglie anche in una nuova classe di cantanti/compositori come Peppino di Capri che sussurra ‘Tu si na malatia’ o l’appassionata ‘Nun è peccato’. A proposito di questo brano, Massimo Ranieri racconta un aneddoto che vede protagonista Stefania Sandrelli, presente in platea, che volle cantarlo con lui durante la registrazione televisiva di uno show del cantante. In contemporanea, sussiste in quegli anni la grande tradizione della canzone napoletana classica con artisti come Sergio Bruni, celebre per i suoi vibrati o Mario Abbate. Fra i loro successi spiccano brani come ’Vieneme n’suonno’, o ‘Indifferentemente’ o l’immortale ‘Luna rossa’, rinnovata nelle modalità espressive dalla calda e suadente voce di Fausto Cigliano, famoso per la sua ‘Na voce, na chitarra e un poco e luna’.
Pennellate di ricordi teneramente malinconici per chi quegli anni li ha vissuti o solo sfiorati? No, non c’è spazio per la nostalgia nello spettacolo di Massimo Ranieri e della Band che lo accompagna, divertendosi in siparietti comici che coinvolgono sax e tromba, c’è solo un piacevole viaggio nella bellezza di evergreen note a tutto il pubblico che risponde sollecito all’appello del cantante, facendo coro all’unisono di molti ritornelli e cantando con lui quando riprende in mano il suo più diretto repertorio, i suoi successi più eclatanti, e intona ‘Rose rosse’ o ‘Perdere l’amore’.