Un dramma che punta l’indice sul potere della stampa, questo “Il Penitente”, ultimo testo in ordine di tempo composto per il teatro da David Mamet, autore assai caro a Luca Barbareschi che ha il merito di averlo fatto conoscere da alcuni decenni al pubblico italiano, certamente stregato dalla attualità e contemporaneità universale delle sue opere in questo mondo globalizzato, e dal metodo di indagine che cuce insieme sotto-temi come l’obbedienza ai dettami della coscienza individuale, il rispetto per le norme deontologiche sulle quali poggia l’impegno professionale per infiltrarsi nella più vasta tematica religiosa e nei suoi precetti portando alla ribalta domande senza risposta sulle quali poggia il nostro senso del dovere.
Quel che viene sottolineato è il rapporto malato fra la stampa (in Italia di più i social e i talks show televisivi) e il pubblico di cui viene manipolata ogni capacità critica: tema scottante oggi più che mai in questo nostro Paese che per non farsi mancare nulla si ritrova a guazzare nella bufera mediatica che investe gente di cinema, li sbatte in prima pagina, giudicandoli e condannandoli senza processo come aggressori sessuali e distruggendo anche le loro famiglie.
Nel ‘Penitente’ basta che un oscuro titolista abbia sostituito il termine ‘adattamento’ con ‘aberrazione’ in riferimento alla omosessualità di un paziente, accusato di strage, per dare inizio ad una campagna sistematica di demolizione sino al totale annichilimento di un professionista che diventa da testimone di un efferato fatto di cronaca il colpevole da stangare con l’arma della pubblica riprovazione.
Il gioco drammaturgico si basa sulla centralità del terapeuta Charles nelle varie articolazioni e relazioni private e sociali.
I fatti si riassumono facilmente.
Durante una seduta un giovane paziente posa una pistola carica sulla sua scrivania manifestando l’intenzione di fare una strage. Quando l’alienato va via riporta con sé l’arma. Poco dopo commette il delitto. Intervistato, a Charles (un possente e modulato Luca Barbareschi) viene per errore attribuito dal titolista un commento omofobo, che accende il detonatore di una gogna mediatica e giudiziaria spostando sulla sua persona la riprovazione di un pubblico volubile, alla costante ricerca di un nuovo colpevole sul quale fare ricadere la propria giustizia sommaria.
‘Il Penitente’ è una tragedia sinistra e fatale che indaga un aspetto di una società come quella occidentale di oggi, nella quale la cronaca nera è diventata l’argomento preferito di chiacchiere e gossip; è una tragedia che si riverbera su tutta la vita del medico, a cominciare dal rapporto con la moglie (la brava Lunetta Savino), incapace di capire le ragioni che determinano il rifiuto del marito a testimoniare in favore del proprio paziente; con il proprio avvocato (Massimo Reale) che lo convince a consegnare i suoi appunti che renderà pubblici; con il pubblico ministero (indossato perfettamente da Duccio Camerini) del processo in cui viene trascinato, che mette in dubbio la buona fede del dottore, le sue certezze, insinuandosi nel suo credo religioso, appannando contemporaneamente la sua credenza ebraica con le sottolineature della disarmonia tra la fede ostentata e la parola scritta nel libro sacro, e le sue certezze professionali, accusandolo di praticare non con la sua saggezza di medico ma allettato dal guadagno.
Lacerato profondamente, pieno di interrogativi che premono per una soluzione, divenuto il capro espiatorio su cui riversare l’attenzione morbosa della gente, dei lettori, dei telespettatori, Charles assiste impotente alla devastazione psicologica della moglie Kath che subisce l’ostracismo di vicini, amici e conoscenti, dopo che il ’mostro’ è stato sbattuto in prima pagina, e tenta persino il suicidio.
Quella stessa Kath, punto fermo nella sua esistenza, che rivela di averlo tradito con Richard, l’avvocato, e ora, confusa e quasi impazzita, anche per la sua stessa leggerezza e slealtà verso il marito, alza una barriera di incomunicabilità fra loro due. David Mamet agita le problematiche connesse alla vicenda, imposta le domande ma non dà risposte definitive, rispettando le scelte di chi ascolta, la sua libertà.
Lo spettacolo dell’Eliseo, oltre che alle qualità interpretative dei 4 attori in scena, mossi da una regia stringata e perfettamente intonata alla materia dello stesso Barbareschi, può contare sull’impianto scenografico creativo di Tommaso Ferraresi, un enorme cubo sovrastante a mezz’aria l’azione che cambia di colore in funzione dei personaggi e della scansione delle 8 scene della pièce.
Ma già entrando in sala, su schermi verticali e su pannelli luminosi che scorrono lungo il perimetro tra gli ordini delle balconate, sono proiettate pagine di cronaca di vari giornali italiani, errori giudiziari clamorosi come quelli del caso Tortora, processi celebri come quello ad Andreotti, di Sacco e Vanzetti, o già istruiti dai media, come quello di Avetrana, o l’assassinio della studentessa a Perugia e versetti tratti dalla Torah, ma anche personaggi politici internazionali, Trump, Putin, e correndo all’indietro Kissinger, presentati tutti con le armi in pugno.