Al Teatro Quirino è di scena “Le bourgeois gentilhomme”, con Emilio Solfrizzi a dar vita sulle indicazioni del regista Armando Pugliese a Monsieur Jourdain, uno dei più felici personaggi comici di Molière, protagonista di questa comédie-ballet, ovvero di questo meccanismo teatrale che coniuga musiche e danze in una perfetta fusione di forma e contenuto, arricchita da una variegata ricchezza di valori umani, che già nel titolo è una dichiarazione d’intenti comici, sollecitati dall’ossimoro.
Opera scritta e rappresentata per la prima volta nel 1670 per l’ineffabile Roi Soleil, Luigi XIV°, che nelle splendide sale del castello di Versailles si dilettava lui stesso a recitare (In “Tartufe”, inarrivabile capolavoro, addirittura il re scioglieva l’intreccio), danzare sulle note del grande Giambattista Lulli e intrattenersi insieme alla Corte in ozi dilettevoli, questo lavoro di Jean-Baptiste Poquelin, detto Molière, illumina la verità psicologica dei personaggi; verità che diventa uno dei pilastri teatrali.
Con essa, egli consente un balzo al cammino della storia del teatro, lui anche capocomico, e regista, figura inedita per l’ epoca. Non c’è più spazio per la recitazione improvvisata, né per i talenti individuali dei vari attori, la messa in scena nel senso più totale del termine, diventa il modo di fare teatro. Armati di una consapevolezza nuova, i suoi personaggi costruiscono a partire da un protagonista “forte” un grande affresco con tipi d’umanità, che essendo rappresentativi del loro tempo, hanno un comportamento individuale ed universale insieme.
Ingenuità, autostima che sconfina nella vanità, narcisismo, autoritarismo, queste le pennellate che servono ad ombreggiare Jourdain, uomo ridicolo e commovente, divertente e contraddittorio, con una fame disperata di attingere ai sistemi di vita di una classe egemone, come quella dei nobili, che ha memoria inossidabile della propria cultura, che ha avuto accesso alla conoscenza filosofica e agli sport bellici.
Prendendo lo spunto da un’idea dello stesso monarca, che voleva dei cenni ai Turchi e alle turcherie in genere, Molière scrisse quest’opera per mettere in ridicolo la borghesia pretenziosa ed ignorante, caratteristica dominante del suo secolo, soddisfacendo nel contempo sia i sentimenti del popolo, cui la satira di costume e la risata di scherno suscitate dalle vicende del riccone borghese, confermava il proprio ruolo, sia i privilegi dell’intera Corte rassicurata nelle sue pretese di inattingibilità.
E sono godibili anche oggi, specie nella versione curata da Pugliese che ha voluto in scena la Commedia dell’Arte, intrecciata ad elementi che profumano di tradizione classica (greca e latina) da saldare insieme ad una feroce satira del tempo della scrittura. Allora trionfa una risata che si snoda per tutta la rappresentazione, dalle esilaranti lezioni di loschi figuri, sedicenti maestri di Monsieur Jourdain, come il filosofo e il maestro d’armi, o il maestro di danza alle coppie di nobili parassiti, annoiati e scrocconi, che profittano della sua smanie di conquistare un ruolo nell’élite sociale, fino alla finta cerimonia finale, nella quale i parenti, che non accettano di condividere la sua ossessione per i titoli nobiliari, coinvolgono il protagonista, facendogli credere che il figlio del Gran Turco voglia sposare sua figlia Lucilla e insignirlo di un immaginario titolo. Tutti i personaggi girano in modo rutilante assieme per accendere il faro sul protagonista, Jourdain. Ed è scontato comprenderlo, se si considera che Molière era l’attore principale e il capocomico della sua compagnia teatrale, e che in fondo scriveva per le voraci esigenze del suo impegno.
L’interpretazione di Solfrizzi offre un campionario di comicità immediata, contagiosa, utilizzando al massimo sue caratteristiche individuali, la sua “maschera” facciale, certe mossette esitanti, la sua corporeità, certe finte goffaggini e certe esitazioni: chiavi del ridere che ricordano la Commedia dell’Arte, azionate dal gruppo d’attori bravi che circondano e esaltano il protagonista, da Anita Bertolucci, Madame Jourdain, a Lisa Galantini, Nicole, la servetta, cui la vista del padrone nudo provoca incontenibili risate, a Cristiano Dessì, divertente Coviello/Pulcinella, partner efficace del giovane Cleonte, Roberto Turchetta, innamorato della bella Lucilla, Viviana Altieri.
Nell’edizione vista al Quirino, la scena è l’interno di un’ampia stanza dove lo scenografo sul fondale ha posto una specie di palcoscenico, con un piccolo sipario; ai lati, un ingresso una porta e, dall’altra parte, una finestra: tutto dominato dal grigio e dal verde scuro, sui quali risalta l’esagerato e prolisso costume rosso secentesco con jabot e redingote di Jourdain, che fa contrasto stridente con il resto dei personaggi vestiti con abiti ispirati al primo Novecento, dunque ben più moderni (costumista Sandra Cardini). Le musichette che si ispirano ai motivi dell’epoca sono di Antonio Sinagra, mentre le coreografie sono ideate da Aurelio Gatti.
Lo spettacolo, prodotto da Roberto Toni per ErreTiTeatro30 , regala due ore di risate spensierate. Davvero non poco in questi giorni grami.