Roma, 4 aprile 2018 – Silenzio in platea durante lo spettacolo e applauso convinto e lunghissimo alla fine. Tra questi due poli si concretizza lo spettacolo “Il Piacere dell’onestà” di Luigi Pirandello che con la regia di Liliana Cavani vede sulle scene del Teatro Quirino un eccellente Geppy Gleijeses con la bella e brava Vanessa Gravina.
Gleijeses ha indossato, – verrebbe da dire, rievocando Dante, “ha inluiato” -,il personaggio in modo totale, a partire dalla voce controllata perfettamente, a volte appena sussurrata, altre pronta ad alzarsi di tono, dolorosa, dal corpo atteggiato a seconda del progredire della vicenda fino al momento di uscita di scena dove è scomparso il tono dimesso e prevale persino nella postura la sua scelta di vita, improntata alla dignità e all’onesta.
Perché se Angelo Baldovino, sollecitato dall’amico Maurizio Setti, ha accettato per denaro sotto la sferza della necessità per debiti di gioco non assolti, di sposare “in bianco”, salvando l’onore della signorina Agata, messa incinta dal fedifrago marchese Fabio Colli, cugino dell’amico, ha pure avvisato che non intende rinunziare “a sposare l’onestà”, per la quale è disposto a “diventare un tiranno”. Egli vuole assolvere con estrema serietà il compito per il quale è stato pagato: darà al bambino “della colpa”, il nome di Sigismondo, che fu quello di suo padre e del nonno, e tutelerà la giovane Agata. Come tutelata sarà la buona società di quell’Italia immersa nella Grande Guerra (la commedia è del 1917) con il suo mantello di falsa rispettabilità, di ipocrisia e di perbenismo che serve a coprire ogni magagna. In essa dovrà agire Angelo Baldovino che rappresenta l’uomo nella totalità delle sue espressioni, nella sua complessità e perciò al contempo briccone e galantuomo, che ha fatto della logica stringata, del pensiero meditato e della volontà di onestà, il proprio punto fermo.
L’insieme rigido delle sue regole morali però provocherà ben presto un’inaspettata reazione. Il marchese si vedrà sbarrare la porta d’accesso alle grazie dell’amante, ormai totalmente votata alle cure e all’amore per il neonato. Per ristabilire la situazione quo antes occorre fare di tutto per allontanare Baldovino, anche con la falsa accusa di essersi messo in tasca una cospicua cifra sottraendola all’azienda, creata dallo stesso Fabio, nella quale egli lo ha introdotto nel settore dell’amministrazione per costruirgli un ruolo di credibilità sociale. Ma il rigore morale, l’onestà di Baldovino, la solerzia nel lavoro sono ormai una divisa fissa. Smascherato il marchese di fronte ad Agata del maldestro tentativo di farlo apparire un ladro, egli ricorda che una tale accusa tornerebbe a svantaggio non solo del suo buon nome ma del bambino che per la legge risulta suo figlio. E tuttavia assicura che sarebbe disposto ad andar via, ma solo se a rubare fosse Fabio. La rivelazione dei magheggi del marchese indigna Agata che, vinta dal profondo sentimento di stima per le qualità di Baldovino, si schiera al suo fianco. L’universo borghese formicolante in questa famiglia sui generis, è rappresentato da una scena sobria ed elegante di Leila Fteita con un salottino, un tavolo con sedie e grandi vetrate con porte, che con rapidi spostamenti permette dei cambi velocissimi e una rappresentazione senza intervalli.
In essa si muovono le vicende dei personaggi, oltre a Baldovino (Gleijeses) e Agata (Gravina), Maddalena (sua madre, interpretata da Tatiana Winteler), il Marchese Fabio Colli (Leandro Amato), suo cugino (Maximilian Nisi), il parroco (Giancarlo Condé) e una cameriera (Brunella De Feudis).
Belli i costumi di Lina Nerli Taviani.