Roma, 12 marzo 2021.
La ricorrenza.
L’iperbole ”capolavoro” se parliamo di cinema è spesso abusata, ma nel caso del film Qualcuno volò sul nido del cuculo, uscito in Italia 45 anni fa, ci sta tutta.
La storia.
Ambientato in un ospedale psichiatrico nel 1963, è la storia di un uomo di nome McMurphy (Jack Nicholson) che si finge pazzo per sfuggire alla prigione in virtù di atti criminosi commessi.
McMurphy sa di essere sotto osservazione, ciò nonostante il suo è un comportamento fuori dalla rigida impostazione della capo-infermiera Ratched (Louise Fletcher).
E’ inevitabile il contrasto tra i due anche perché McMurphy, man mano, comincia ad interagire con parecchi degenti attraverso iniziative che risvegliano in loro un perduto senso di libertà.
Lo scopo del comportamento di McMurphy è teso a tentare la fuga e da questo punto di vista stringe un patto con Bromden, un gigantesco sordomuto di origine indiana.
Bromden però ci sente e parla benissimo, mantiene il segreto spaventato dalla rigidità del sistema ospedaliero e comunque diventa complice delle idee di McMurphy che lo ha scoperto.
Alcuni tra i pazienti più in sintonia, nel frattempo eccitati dalle aspirazioni libertarie di McMurphy, organizzano una festa notturna nella struttura come ultimo atto per la libertà del giorno dopo.
L’ubriachezza generale è il minimo a cui vanno incontro i degenti che la mattina dopo vengono ritrovati per terra, in ordine sparso, nel reparto, dall’inflessibile e minacciosa Ratched.
Le conseguenze e le relative punizioni sono durissime tanto che uno dei pazienti si suicida a seguito di un raptus improvviso.
Scatta dopo questo episodio la furia di McMurphy che tenta di strangolare la capo-infermiera ritenendola responsabile della morte del paziente.
La Ratched viene salvata da un inserviente che colpisce duro McMurphy, il quale viene portato via e vede così definitivamente tramontato il progetto di evadere dalla struttura.
McMurphy è un malato pericoloso e la sua aggressività viene curata con una lobotomia.
Bromden e gli altri amici degenti rimangono sconcertati e smarriti quando lo rivedono tornare in reparto totalmente privo di coscienza e forza di volontà.
Il finale bisogna (ri)vederlo, accompagnato da una musica struggente e travolgente allo stesso tempo.
Curiosità.
Il soggetto è tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey ed è una denuncia sull’istituzione-manicomio.
Kesey matura personalmente un’esperienza verso la fine degli anni ’50 in una struttura per veterani a Menlo Park in California.
Assume volontariamente delle sostanze psicoattive per testarne gli effetti e nello stesso tempo intrattiene rapporti con pazienti sottoposti agli stessi trattamenti.
Kesey arriva al convincimento che i pazienti NON sono <pazzi>, bensì individui rifiutati dalla società perché non conformi agli standard convenzionali di pensiero e comportamento.
Lo sforzo del regista ceko Milos Forman è proprio quello di descrivere il maleficio capace di creare degli schiavi.
Il titolo riferito al nido del cuculo, nel gergo americano, rappresenta il manicomio.
La figura di McMurphy è quel “qualcuno che volò” sul nido (manicomio) e che smaschera il carattere repressivo dell’istituzione.
La pellicola nel 1976, girata in larga parte nel dormitorio di un reparto psichiatrico, è un inno di libertà, una riflessione sugli aspetti più bui dei manicomi e le relative strutture.
Forman pone l’accento sul tema degli abusi psichiatrici e sulle sedute di psicoterapia eseguite dalla capo-infermiera in maniera autoritaria, come se la malattia mentale si possa curare con le imposizioni.
In origine è Kirk Douglas che trova interessante il romanzo di Kesey ed in qualche modo cerca d’interpretare il ruolo di McMurphy.
In seguito è il figlio Michael che porta avanti il progetto con una serie d’intuizioni vincenti relativamente al regista e agli attori.
Gli interpreti.
Le performance di Jack Nicholson e Louise Fletcher, tutti e due premiati con l’Oscar quali migliori attori protagonisti, sono mostruose se pensiamo che la produzione non li ha valutati come prime scelte…
Nicholson è già consacrato per aver partecipato a produzioni come Chinatown, Professione reporter, L’ultima corvé, tuttavia nel ruolo di McMurphy sbaraglia il campo.
Oltre ai due primattori vengono assegnati gli Oscar alla miglior regia, miglior film e miglior sceneggiatura non originale, per un totale di 5 statuette.
Notevoli anche gli altri che definire comprimari mi sembrerebbe di poterli offendere e che ritroveremo ottimi protagonisti in produzioni future.
Will Sampson, il gigantesco Bromden, Brad Dourif, che nel 1988 eccelle in Mississippi Burning-Le radici dell’odio, Christofer Lloyd, lo scienziato mattoide di Ritorno al futuro, Danny De Vito, grande caratterista.