Al Teatro Quirino “Quando la moglie è in vacanza”

I tormenti della fedeltà

Niente di più piacevole e adatto al momento difficile, con le feste mutilate da una tassazione iniqua e soffocante, di uno spettacolo come “Quando la moglie è in vacanza”, di scena al teatro Quirino con Massimo Ghini e Elena Santarelli, protagonisti principali, titolo per verità cinematografico di “The 7 years itch” (il prurito del settimo anno) con il quale si presentò sulla scena di Broadway nel 1952 il testo scoppiettante di George Axelrod. Ma il successo mondiale della pellicola è merito dello straordinario Bill Wilder e della sua ingenua, disarmante, sexy, indimenticabile Marilyn Monroe accaldata da un  torrido agosto newyorchese, che cerca refrigerio nei soffi di vento della metropolitana e nella biancheria tenuta nel freezer prima di indossarla,  e di Tom Ewell, inconfondibile maschera dell’uomo medio, esempio patente di quel puritanesimo epidermico e borghese tutto made in USA che, mentre aspira e vagheggia ipotesi erotiche fino alle euforie sessuali, si trae precipitosamente indietro se il rischio è quello di ritrovarsi nelle spire di un divorzio, con alimenti da pagare e tutte le beghe conseguenti. Ma se l’inquilina del piano di sopra, impacciata persino a svolgere un tubo per dare acqua alle piante e  da far cascare al piano di sotto un albero di limone compreso di frutti, fosse Marilyn, ovvero Elena Santarelli, bella e statuaria? Poco importa: l’ometto  soffrirà, si dilanierà, eserciterà tutte le forze che la Volontà gli mette a disposizione e porterà intatto alla mogliettina in vacanza il suo più sincero: “come avrei potuto tradirti?”

Alessandro D’Alatri, regista di “Quando la moglie è in vacanza” riparte dal testo originale di Axelrod, restituendo innanzitutto allo spettacolo il canone di commedia con musiche, amabilissimo genere che impazzava a Broadway in quei folgoranti anni ’50. Ma lo fa con abile sortilegio, così trasvola gli ultra sessant’anni della commedia e cambia continente. Non più quella New York frenetica, ma una Roma cartolina, Roma eterna e perciò anche di oggi con le sue magnifiche terrazze e le chiese e gli obelischi e le canzoni di Renato Zero che la raccontano negli stati d’animo che sa suscitare: 10 pezzi sgorgati spontanei, quasi di getto. L’accento provinciale (la Santarelli è nata in un paesino vicino a Latina) della ‘Ragazza del piano di sopra’ diventa verità sulle labbra delle bella attrice. Una imprescindibile tentazione, non fosse che D’Alatri ha dato voce e corpo luminoso a quella famosa “coscienza” che dovrebbe intervenire a salvarci quando i freni inibitori cominciano a ribellarsi. Il super io di Riccardo è talmente acceso da proiettarsi sulla colonna che nasconde una botola che mette in comunicazione i due piani del loft, indossa i panni di un affascinante uomo maturo, elegante nell’abito nero da manager con disinvolto cocktail in mano, ma si guarda bene dal consigliare al suo alter-ego di rinunziare al miele di un’avventura d’agosto, anzi, per stimolarlo gli insinua che anche la moglie vacanziera ha i suoi incontri serali ai chiari di luna suggestivi con la carezzevole brezza del mare.

A fare da contorno ai due protagonisti, la bella e brava Anna Vinci (la moglie), che canta divinamente e Edoardo Sala, attore brillante dalla lunga esperienza nei panni di uno psichiatra che aspetta l’editing di un volume verboso che Riccardo, nella sua qualità di editore , dovrà pubblicargli.

La scena di Aldo Buti è fissa, molto funzionale. In essa si muove il resto degli attori: Davide Santoro, Bianca Giannasso, Catia Nannavecchia, Giorgia Cerruti e Luca Scapparone. Costumi succinti creati da Ornella Campanale per le ragazze, a mostrare fisici mozzafiato. La commedia si avvale della  traduzione  di Edoardo Erba che rinfresca il linguaggio e lo adatta alla messinscena romana.

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