Roma, 30 novembre 2022.
La ricorrenza.
Un classico del cinema di guerra, un mix di azione, violenza e realismo, esce in Italia, cinquantacinque anni fa il 30 novembre del 1967, Quella sporca dozzina, titolo originale The Dirty Dozen.
La storia.
Il maggiore americano Reisman, poco prima dello sbarco in Normandia durante la seconda guerra mondiale, viene convocato a Londra per una missione molto delicata.
A Rennes, nella Francia nord-occidentale, c’è un grande castello occupato da soldati tedeschi che dev’essere distrutto.
A Reisman i suoi superiori chiedono di comandare la missione reclutando, questa è la cosa singolare, dodici galeotti tra condannati a morte o a lavori forzati.
Parte in assoluto segreto il “Progetto Amnistia”, con Reisman, brillante stratega quanto insofferente all’autorità e al sistema, che deve convincere all’impresa i dodici detenuti.
Reisman comincia il duro addestramento, dopo aver garantito ai galeotti la revoca delle pene a missione conclusa.
Il difficile per il Maggiore non è tanto l’addestramento quanto la rigenerazione umana di elementi antisociali, insegnando loro l’importanza del lavoro di squadra per la riuscita dell’impresa e per la loro sopravvivenza.
Durante il percorso di formazione c’è qualche contrattempo con la squadra del colonnello Breed che, ignorando lo scopo della missione della “sporca dozzina”, li prende di mira screditandoli verso il generale Worden, loro superiore.
Sarà un ultimo test, in un’operazione di prova, a determinare l’efficacia dei dodici che sbaragliano, nell’esercitazione, la squadra del colonnello Breed.
E’ tutto pronto per la missione in Francia dove i dodici, più Reisman ed il sergente Bowren, vengono paracadutati nei pressi del castello.
Una serie di colpi di scena, non senza qualche elemento ironico, arricchiscono il finale dell’avventura.
Curiosità.
Diretto da Robert Aldrich il film racchiude il messaggio, neanche troppo velato, di un anti-militarismo in linea, visto il periodo di riprese, col problema Vietnam.
La narrazione della missione suicida è arricchita dai caratteri eterogenei dei dodici, ribelli al sistema e quindi sacrificabili, con l’aggiunta della figura di Reisman, come detto poco incline all’aspetto gerarchico.
Aldrich dirige con asciuttezza la pellicola usando molte cineprese in contemporanea, specie nelle scene finali dell’assalto al castello.
Il preventivo di spesa della MGM di circa 5 milioni di dollari porta ad un incasso, nei soli Stati Uniti, di più di 45 milioni di dollari.
Protagonisti.
Una batteria di attori notevoli rappresentano al meglio la produzione, rigorosamente scelti da Aldrich.
Lee Marvin è il maggiore Reisman, perfetto in un ruolo che doveva essere di John Wayne che preferisce girare Berretti verdi.
Marvin gioca molto nella parte del cinico e duro, che però sa anche mostrare il suo lato buono.
Ernest Borgnine è il generale Worden, Richard Jaeckel il sergente Bowren, Robert Ryan il colonnello Breed.
A seguire Charles Bronson, Telly Savalas ed un giovane Donald Sutherland che esploderà definitivamente un paio d’anni dopo in M.A.S.H.
La caratterizzazione più incisiva, a mio avviso, è però quella di Franko interpretato magistralmente da John Cassavetes.
E’ il ribelle del gruppo, il leader, che se la batte con Reisman, la recluta contro il suo superiore, per il riconoscimento dei diritti valevoli anche per dei galeotti.
Perché, come dice Aldrich, se è vero che con i “Reisman” inizi la rivoluzione è con le braccia armate come “Franko” che la vinci…