Teatro Argentina: Marco Paolini: il Teatro Argentina ospita Marco Paolini che attraversa i terreni avventurosi dello scrittore statunitense Jack London, muovendosi tra i suoi racconti come in un paesaggio selvaggio, dove la natura estranea e ostile obbliga a lottare per la sopravvivenza e svelare il senso della propria solitudine. Passaggi di frontiera, terre di confine tra Canada e Alaska e spazi dalla bellezza glaciale, accorciano le distanze storiche della corsa all’oro nel Grande Nord, per restituire lo spirito d’avventura e di libertà di fine XIX secolo che anima Ballata di uomini e cani, dedicata a Jack London. Storie di speranze, paure e disperazione nel rapporto-limite tra uomo, natura e morte, che l’abilità oratoria di Paolini ha raccolto dalle pagine di una delle penne più turbolenti del primo Novecento. Sul palcoscenico i tre racconti londoniani, Macchia, Bastardo e Preparare il fuoco, si intrecciano in una sorta di “canzoniere teatrale” con gli episodi giovanili tratti direttamente dalla biografia del romanziere americano, inanellandosi alle ballate composte ed eseguite dal vivo da Lorenzo Monguzzi. L’antologia di racconti è solo il punto di partenza per costruire un repertorio di storie dove uomini e cani sono coprotagonisti dell’umorismo di Macchia, «l’unico cane da tiro che non tira», animale ribelle e individualista acquistato per tirare la slitta verso la corsa all’oro. Mentre drammatico diventa il rapporto d’amore e odio fra l’uomo e il cane di Bastardo, protagonista di battaglie violente col suo padrone Black Leclèr. Intenso e commovente è il duetto di Preparare un fuoco, l’epica lotta di un giovane camminatore che, avventurandosi nel gelido inverno del Klondike, congela sotto lo sguardo disincantato del suo cane. Portando in scena le avventure scritte e vissute da London, Paolini mette a confronto la spietata stoltezza umana con la lucida istintività animale. Così, l’umana solitudine nell’esperienza personale con la natura, e la piena autenticità nel rapporto individuale con la morte, obbligheranno ad interrogarsi sull’esistenza attraverso lo sguardo, prima ironico, poi crudele, infine solidale dell’unico compagno dell’uomo, il cane.
Giuseppe Fiorello protagonista all’Ambra Jovinelli: Giuseppe Fiorello, uno degli interpreti più impegnati del momento non solo per le sue partecipazioni cinematografiche ma anche per una lunga serie di fiction tv di altissima qualità che hanno registrato ascolti incredibili, torna a teatro con un omaggio affettuoso e personale a Domenico Modugno in Penso che un sogno così … di Giuseppe Fiorello e Vittorio Moroni, per la regia di Giampiero Solari. Lo spettacolo è un viaggio nella vita del cantautore, ma anche l’occasione per raccontare fatti, storie e personaggi di un tempo passato felice. Modugno per me non è stato solo una storia da raccontare o un personaggio da interpretare, ma la possibilità di ritrovare un tempo lontano rimasto sempre dentro di me. In questo spettacolo salgo a bordo del deltaplano delle canzoni di Domenico Modugno e sorvolo la mia infanzia, la Sicilia e l’Italia di quegli anni, le facce, le persone, vicende buffe, altre dolorose, altre nostalgiche e altre ancora che potranno sembrare incredibili. Attraverso questo viaggio invito i protagonisti della mia vita ad uscire dalla memoria e accompagnarmi sul palco, per partecipare insieme ad un avventuroso gioco di specchi.
Marco Zadra al Teatro Sette con Suite 425 : in scena al Sette la nuova commedia scritta e diretta da Marco Zadra: prendete una coppia di futuri sposi, Steve e Liza, aggiungete un’altra coppia di testimoni, un’avvenente e misteriosa ragazza, la mamma della sposa totalmente rimbambita e con gravissimi vuoti di memoria, una coppia di domestici, lei invadente e lui totalmente sfaticato, una direttrice d’albergo lunatica, una sorellina capricciosa complice dello sposo, due camere da letto comunicanti, la 425 destinata ai futuri sposi e la 426 occupata dai coniugi Brent (Paul, alle prese con un forte esaurimento nervoso, e Jody, classica moglie impicciona), gags a volontà, inseguimenti tra porte, finestre, armadi e bagni. Mescolate il tutto con la sapiente ed eclettica regia di Marco Zadra con il risultato di assistere alla commedia degli equivoci più esilarante dell’anno e risate assicurate. con Tiko Rossi Vairo, Flaminia Fegarotti, Alessandro Frittella, Antonella Salerno, Carlotta Tommasi, Fernanda Candrilli, Angela Quattrocchi, Claudia Clerici, Raffaela Anastasio, Agnese Andreozzi, Rosa Buonpane, Alessandro Ferruzzi, Paola Bandiera, Claudio Cartoni, e Valerio Carosi.
Sala Umberto : Il prigioniero della seconda strada: una piece di sorprendente attualità che ha per oggetto una famiglia aggredita dalla crisi economica. Lui, il marito, è un piccolo uomo onesto; lei la moglie, una donna coraggiosa che sa volare alto, come solo le donne sanno fare. La commedia prende il via in una serata estiva e calda a New York: sul divano di casa sua, nella Seconda Strada, Mel non riesce a dormire a causa di una serie di irresistibili ed esilaranti nevrosi scaturite dal troppo caldo fuori e dal troppo freddo dentro, da un condizionatore rotto e perennemente fermo a quattro gradi, dallo sciacquone difettoso del gabinetto, da vicine rumorose e decisamente libertine, da cani che abbaiano e da vicini che si lamentano proprio del suo lamentarsi. A fare da contraltare al protagonista, l’affettuosa moglie Edna che, cercando di carpire al marito la causa vera di tanta insoddisfazione, tenta di tranquillizzarlo in qualche modo, visto che il lavoro, ormai, non lo affascina più. Non può affascinare un lavoro che non c’è! Infatti Mel, da ventidue anni dirigente di un’azienda entrata in piena crisi economica, è stato licenziato in tronco, ma per vergogna tiene all’oscuro la moglie, trincerandosi dietro nevrosi, gastriti e quant’altro.
Una commedia di Marco Falaguasta al Teatro dei Servi: una commedia di Marco Falaguasta e Mauro Graiani, con Marco Falaguasta, Marco Fiorini, Piero Scornavacchi, con la regia di Marco Falaguasta. Il tempo è un concetto relativo. Sarà, ma per tre metronotte in servizio presso un non meglio identificato delfinarium il tempo è soprattutto una spada di Damocle, che pesa sulle loro teste più o meno quanto le scelte fatte fino a quel momento delle loro esistenze. Tre anime con tre poetiche diverse, accomunate da quel lavoro notturno, vampiresco, in cui però c’è tempo, appunto, per fare i conti con se stessi. Nico arriva a quarant’anni con una figlia di diciassette incinta senza mai essere riuscito a parlarle veramente; Giorgio, quello nuovo, è portatore sano di una felicità tanto fastidiosa quanto auto-imposta se messa in contrasto con il pragmatismo e la consapevolezza ineluttabile di Mariano, il capo, ex agente entrato in polizia per fare giustizia sui cattivi ma fregato dai buoni. Tre anime giuste, che con la notte scherzano per esorcizzare la vita, un po’ clowneschi nelle loro dinamiche relazionali, un po’ filosofi. Tra una presa in giro ed una burla ben riuscita, i tre finiscono per psicoanalizzarsi a vicenda, accelerando il processo di consapevolezza dei propri errori e dei limiti che la vita ha loro imposto, con un lavoro che si riduce al controllo della procedura di manutenzione notturna della vasca in cui vive un misterioso quanto mitologico Delfino albino, metafora di una eccezionalità che i nostri tre possono solo lontanamente sognarsi, essendo infatti, più che maestosi delfini albini, tre piccole aringhe. Sul ritmo della commedia d’approfondimento, dove la risata è propedeutica alla comprensione e alla identificazione dei vizi, dei tic e delle idiosincrasie dei tre metronotte, si snoda una vicenda umana che porta dentro un po’ di noi stessi: quella forza con cui spesso affrontiamo le nostre convinzioni più profonde che ci viene improvvisamente e mancare quando sono le nostre stesse convinzioni a vacillare. Si ride di e con le tre aringhe, protagonisti da amare nelle loro tenere ingenuità, da comprendere e perdonare per quegli errori che tutti, almeno una volta nella vita abbiamo commesso e che, almeno per loro, potrebbero rivelarsi fatali, lasciandoci, a sipario chiuso, la sensazione che la relatività del tempo non sia poi una certezza e che la vita, con le sue trappole meravigliose, vada affrontata senza strategie, ma di pancia, col cuore in mano, senza rinvii.
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