Roma, 2 marzo – Il gioco parte da lontano da quella straordinaria fucina di idee che ribolliva nell’Europa intera dei primi decenni del ‘900, con una miriade di movimenti culturali a metà scherzosi che inventavano una lettura nuova del mondo, pasticciando con i confini fra i generi in una costante invenzione che uccideva i nessi logici. Loro volevano semplicemente stravolgere le convenzioni estetiche e le ideologie politiche, farle implodere, spalmandole di stravaganza, di derisione, di umorismo sotto la bacchetta magica della creatività che era totale libertà dalle regole. Gli intellettuali dell’epoca custodivano una serie di miti, come Fantomàs, musa di Cocteau, che aveva dato al suo amante Jean Marais e alla sua incommensurabile maschia bellezza l’incarico di dargli corpo. Imperava la fiaba e Belle nel castello magico della Bestia gentile di Jean Cocteau si commoveva, diventando manifesto filmico del simbolismo. Era stato Baudelaire a dare struttura al simbolismo, creando una cordata con Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé e Paul Verlaine. Ogni intellettuale sembrava si facesse scrupolo di cucirsi addosso vesti speciali, Max Jacob giocava con il suo angelismo, Paul Elouard e Guillaume Apollinaire si ponevano come capi scuola del calligrafismo, cercando nessi nascosti fra le sillabe, come quei bambini che guardando le nuvole vi scorgono animali, profili umani, giochi. L’allucinato spagnolo Pablo Picasso scomponeva geometricamente tutto quando gli venisse a tiro, creando il cubismo e c’era, specie in pittura, chi portava avanti la poetica del fauvismo.
Fra gli altri fece rumore Tristan Tzara, lo svizzero che giocando sul raddoppio iniziale creò nel 1916 il dadaismo, avvisando che non voleva significare nulla e, se si fosse dovuto proprio ricercare un significato, bastava leggere due volte da, sì, ricordando che da era la prima sillaba pronunziata dai bebè, e dada erano i cavallucci di legno per i più piccini Le finalità erano di gioco innanzi tutto. Il movimento ebbe diffusione anche fuori dal vecchio continente e si arrestò nel 1922.
Ora il termine da, anzi dada ritorna in auge, assumendo persino la corona reale, ad opera del pianista jazz, Stefano Bollani che, dal 29 marzo sarà in scena al Teatro Eliseo in veste di autore teatrale e attore in “La regina Dada”, scritto a quattro mani con Valentina Cenni, attrice e danzatrice. Uno spettacolo in cui la drammaturgia si fonde con la musica per provare a esplorare i territori della creatività, sfuggendo al senso comune e alle rigide convenzioni umane, al di fuori della spirale del tempo.
“È la storia di due persone che tentano di trovare un modo di comunicare – spiega Bollani – e lo fanno attraverso al musica. Vorrebbero fare a meno delle parole”.
Insieme sul palco racconteranno l’inedito percorso di una regina di fiaba.
La regina Dada abdica, fugge nella notte e si rifugia dal suo maestro di musica, per cercare la verità oltre il ruolo impostole in una vita predeterminata.
La regina Dada abdica, fugge nella notte e si rifugia dal suo maestro di musica, per cercare la verità oltre il ruolo impostole in una vita predeterminata.
Rinunciando alle parole tenta di capire qual è il vero potere dell’essere umano, finalmente libero dalla manipolazione di un destino già scritto. Simbolo del rifiuto di ogni definizione che possa ingabbiare e limitare lo spirito creativo, mette in dubbio la certezza di tutte le convenzioni, indicando nella rinuncia al suo ruolo l’unica strada autentica per trovare se stessa.
Qualche esempio del percorso drammaturgico permette di capire il senso, anzi il non senso e il gioco sotteso
“Sin da quando sono nato, penso alla morte.
Poi cresco e continuo a temerla.
Ne parlo continuamente, passo il tempo ad averne paura e a cercare di evitarla.
Ci penso così tanto, alla morte, ma così tanto che alla fine mi convinco davvero che devo morire… e finisce che muoio.
Ci penso così tanto, alla morte, ma così tanto che alla fine mi convinco davvero che devo morire… e finisce che muoio.
Una liberazione.
Ora, un popolo fatto di gente così rischia l’estinzione… sopravviviamo grazie agli eretici, gente che la pensa diversamente. Raramente gli eretici hanno visto delle regine schierate con loro. Ancor più raramente, si sono viste regine d’impronta dadaista.
In un solo caso, poi, si è avuta una regina insieme eretica e dadaista. E che ha come compagno di viaggio uno che usa la musica come un bruco userebbe un fungo per ripararsi dalla pioggia.
Lavarsi i denti è comunque un buon inizio di giornata. Su questo son d’accordo tutti, maggioranze e minoranze. Quindi la regina Dada si lava i denti.
E questo getta un’ombra sulla sua coerenza”.