Il cantautore del nonsenso, l’ironia spalmata a piene mani. il tocco graffiante e moderno della sua voce da arrabbiato: in brevissima sintesi questo era Rino Gaetano, il cui mondo viene esplorato oggi al Teatro Golden da Marco Morandi sul palco con Claudia Campagnola e tre musicisti nello spettacolo “Chi mi manca sei tu”, scritto e diretto da Toni Fornari.
È un viaggio lungo la dorsale di una vita interrotta ad appena trent’anni, sul più bello nel 1981 dallo schianto di una Volvo contro un camion e da una serie di circostanze avverse. Per lui che se ne moriva non c’erano ospedali e cure disponibili. Come una meteora ebbe il tempo di tracciare una vivida luce, mostrare quello che avrebbe potuto offrire ancora a chi lo apprezzava e scomparire in un nulla fatto di ombre e di silenzi.
Ma il suo spirito, quello spiritaccio che riusciva difficile collocare, era destinato a riaccendersi per le generazioni successive, e oggi il suo mondo raccontato da canzoni diventate evergreen è frequentato da tutte le generazioni, affascinate proprio da lui, che aveva svecchiato il linguaggio stesso, che aveva tagliato le melensaggini che ricoprivano le canzoni d’amore per raccontare cose, eventi e persone rivestendoli di ironia per mascherare una profonda tristezza di fondo, quella stessa che si leggeva nel suo viso di clown, negli occhi tagliati all’ingiù, sbandierata assieme a quel cappello a cilindro irriverente, che forse era un omaggio a Ettore Petrolini.
La passione per il canto urgeva da sempre nella vita di Rino. fin da piccolissimo cantava le canzoni che sentiva al mare, e con loro cresceva la voglia e la determinazione di costruire il proprio futuro in quella direzione. Tutto ciò malgrado il padre avesse pensato per lui una vita da bancario, il posto fisso da sempre agognato in Italia, e ci sarebbe riuscito a vederlo in giacca e cravatta dietro uno sportello, non fosse che Rino gli avesse proposto un anno “sabbatico”, durante il quale si sarebbe industriato a cercare di sfondare nella carriera di cantante.
Era il momento dei cantautori, a Roma riuniti spesso al Folks Studio, dove imperavano Venditti e De Gregori, ai quali l’anticonformista Gaetano rimproverava smania di successi commerciali e atteggiamenti ideologizzati, inaccettabili per chi come lui vedeva la propria cifra espressiva nell’umorismo fustigatore, nell’anticonformismo e nell’assenza di ogni etichetta. Così cominciò un proprio autonomo cammino, con il primo 45 ‘I love you Marianna’ del 1973, firmato con lo pseudonimo Kammamuri, tratto dal memorie salgariane, dove Marianna potrebbe richiamare alla memoria la nonna del cantante o un una dichiarazione d’amore per la marijuana.
Ma solo due anni dopo, con ‘Il cielo è sempre più blu’ una filastrocca accolta molto bene, che iniziò il cammino verso il successo. Un periodo felice compreso fra il ’76 e il ’78 durante il quale scrive canzoni che oggi gli valgono la notorietà e l’immortalità fra le nuove generazioni affascinati dagli atteggiamenti disincantati, dalla volontà di denuncia insita nei suoi testi.
Oggi ‘Berta filava’, ‘Gianna’, brano rimasto a lungo al primo posto nella hit parade dopo essere stato presentato a Sanremo, come anche quell’’Ahi Maria’, hit dell’album ‘Resta vile maschio dove vai’, realizzato assieme a Mogol, sono intonati a squarciagola da vaste platee di giovani e non.
Marco Morandi, cullato dagli intermezzi di Claudia Campagnola che racconta Rino con voce sognante e affettuosa rievocando le memorie di Toni Fornari che di Rino era stato amico, ha ripercorso tutte le tappe musicali di questo talento scanzonato troppo presto scomparso.
Al pubblico Morandi ha regalato un bis, ‘A mano a mano’, canzone di Cocciante straordinaria nella interpretazione di Rino Gaetano.