“ROCKY!”

Roma,  21 novembre  2016Quarant’anni fa a New York andava in distribuzione un film, l’ennesimo, che trattava di una storia di pugilato, disciplina sportiva da sempre molto rappresentata nella settima arte.
La pellicola fu girata in soli 28 giorni a Filadelfia, con un budget modesto di poco più di 1 milione di dollari ma che incassò ben 225 milioni di dollari in tutto il mondo.
Ebbero una felice intuizione i due produttori, Winkler e Chartoff, a dar credito al giovane attore Sylvester Stallone che ideò il personaggio di “Rocky”.  Sly, com’era soprannominato Stallone, l’anno prima nel ’75 vide l’incontro di boxe tra il detentore Alì e lo sconosciuto Chuck Wepner per il titolo mondiale dei pesi massimi e rimase impressionato, come tutti, dalla tenace resistenza dello sfidante che impegnò strenuamente per tutte e quindici le riprese il Campione, cedendo solamente a pochi secondi dalla fine del match.
A Stallone venne l’ispirazione di sceneggiare una storia simile  e l’idea originale fu appunto l’opportunità, in un paese libero e democratico come gli Usa, che veniva offerta ad un pugile sconosciuto ed approssimativo di battersi per il titolo mondiale dei massimi, proprio come capitò a Wepner; oltretutto, nella finzione cinematografica,  tale possibilità di disputare l’incontro col campione dei massimi  veniva data nell’anno del bi-centenerio dell’indipendenza statunitense.  
Stallone convinse i due produttori a farsi assegnare la parte del protagonista, un italo-americano di nome Rocky Balboa definito lo “Stallone Italiano”, che sbarcava il lunario nella città di Filadelfia combattendo in incontri di secondo piano e arrotondando come esattore per conto di un gangster anch’esso di origine italiana.
Il personaggio di Balboa riesce ad affrancarsi dalla dura realtà e dagli stenti di tutti i giorni, aiutato da un vecchio manager che lo prende in cura e dall’amore di quella che diventerà la donna della sua vita.
Tra le tante curiosità la scelta di alcuni attori fu singolare, ma voluta da Stallone, come appunto Burgess Meredith che interpretò l’anziano manager, ricco d’esperienza, che però non aveva sfondato oppure Talia Shire, nota per il ruolo della figlia di Vito Corleone ne “Il Padrino”, che doveva essere non troppo bella per il ruolo della timida Adriana.
Il film vinse tre Oscar, miglior film, miglior regista e miglior montaggio, con addirittura sei nomination ed un David di Donatello quale miglior film straniero.
In Italia uscì nella primavera del ’77 col doppiaggio di Gigi Proietti per Stallone che poi nel successivo proseguio di carriera fu “adottato” da Ferruccio Amendola.
Altro elemento di rilievo la colonna sonora che rese famoso in tutto il mondo il compositore Bill Conti, autore di tutte le musiche della saga di Rocky con l’eccezione di Rocky 4.
Il film, come detto, ebbe un successo planetario e naturalmente ci furono ulteriori seguiti, più o meno credibili soprattutto per l’avanzare dell’età del protagonista sportivo. Qualche perplessità venne avanzata proprio per la veridicità della rappresentazione dell’evento sportivo, nel senso che il film di Stallone nelle scene di pugilato  non era paragonabile ad un vero match di boxe; da questo punto di vista molto più aderenti alla realtà pugilistica sono stati  “Toro scatenato” e “Lassù qualcuno mi ama”, tuttavia il successo di Rocky è senz’altro da annoverare come una favola a lieto fine, dove la determinazione, la grande forza caratteriale ed un pizzico di fortuna hanno il sopravvento sulla magra vita di tutti i giorni.  
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