Roma, 1 novembre 2016 – Impaginata in modo insolito, ecco il terzo appuntamento con la Rassegna “Domenica in Musica”, la serie di concerti presso il Teatro Italia, replicati poi all’Auditorio “Ennio Morricone” di Tor Vergata, messi a punto in occasione dell’inaugurazione dell’Istituto Culturale Coreano dall‘Orchestra Roma Sinfonietta, creatura di Luigi Lanzillotta, e dall’Ambasciata della Repubblica di Corea.
La Rassegna apre il palcoscenico a giovani artisti asiatici, soprattutto impegnati nello studio della lirica e segnatamente del repertorio del Belcanto.
Lo spettacolo si è aperto sulle note della “Pastorale d’été” di Arthur Honegger, un brano del 1920 dalle linee melodiche morbide, un solo movimento che si articola in due parti (Tranquillo e Vivo e Gaio), ispirato ai paesaggi svizzeri che l’artista aveva potuto ammirare durante l’estate di quell’anno.
Le suggestioni riportate da Honegger, che combatteva l’impressionismo di un Debussy con la messa a punto di una teoria sul razionalismo, avevano fatto optare il musicista per la composizione di un poema sinfonico, ovvero di un’opera con un programma ben preciso, in questo caso basato sulle suggestioni di un verso del “poeta maledetto” Arthur Rimbaud: “Ho abbracciato l’alba d’estate”, divenuto nella versione musicale un movimento ondulante con melodie e ritmi semplici, che sprigionano una serenità pastorale. Il lavoro eseguito per la prima volta a Parigi il 17 febbraio del 1921 dall’Orchestra Golschman, fu molto apprezzato fin dal suo apparire, tanto da guadagnarsi il Premio Verley.
Il secondo brano che conclude la prima parte del programma è la “Suite per orchestra d’archi” di Leoš Janáček, di raro ascolto. In questo lavoro giovanile scritto nel 1877 (il musicista aveva solo 23 anni), ma dato alle stampe solo nel 1926, assieme alle influenze inevitabili del côté europeo, specie del romanticismo tedesco di Brahms e Wagner, si avvertono echi di compositori slavi che avevano dato vita alla tradizione tardo-romantica come Smetana e Dvořák, che avrebbero stimolato in Janáček la ricerca e la volontà di recuperare l’essenza meno esposta delle impressioni musicali del popolo ceco, per convertire e riproporre poi con una tecnica, che gli anni avrebbero resa davvero raffinata, gli stilemi melodici e armonici del ricco folklore della sua terra. Ben condotta da un direttore di grande esperienza come Fabio Maestri, da quarant’anni sulla scena musicale, noto anche come compositore, l’Orchestra di Roma Sinfonietta ha saputo rendere con efficacia il senso di queste opere suggestive e di piacevolissimo ascolto.
Nella seconda parte dello spettacolo si sono apprezzate due nuove voci pronte a conquistare un ruolo nel panorama musicale di oggi: il soprano Chae-Won Kang e il tenore Chanhyuk Jeong, due giovani artisti nati a Seoul in Corea del Sud, già laureati in patria in discipline musicali e venuti in Italia a perfezionare la lingua e ad apprendere le tecniche del canto lirico. In particolare il soprano, dopo aver conseguito la laurea in canto presso il Conservatorio “Ottorino Respighi” di Latina, ha seguito la masterclass di Mariella Devia, grande cantante belcantistica dalla carriera luminosa che la porta a calcare i palcoscenici del mondo intero. Il tenore, invece, ha frequentato in Italia l’Accademia Musicale Pescarese e attualmente segue i corsi di Silvia Ranalli al Conservatorio di Frosinone. Chanhyuk Jeong, che ha una buona gestione dei fiati e una discreta potenza vocale ha già calcato il palcoscenico, debuttando nei ruoli di Tamino del “Flauto Magico” e di Ferrando del “Così fan tutte” di Mozart e in quello di Alfred ne “Il Pipistrello” di Richard Strauss. Nel programma, brani celebri, da “Una furtiva lacrima” che registra il sentimento e le speranze di Nemorino di far innamorare la bella Adina ne “l’Elisir d’amore”, alle lacrime intrise di lirismo di Edgardo nel “Fra poco a me ricovero”, ultima scena della “Lucia di Lammermoor, sempre di Gaetano Donizetti, a due brani di Francesco Cilea, ”Io son l’umile ancella.”dove Adriana Lecouvreur in certo qual modo l’artista si presenta, al “Lamento di Federico”, celebre romanza, cavallo di battaglia dei più grandi tenori lirici come Gigli, Schipa, Krauss, e il nostro Pavarotti.
E ancora due romanze di Giacomo Puccini destinate alla voce femminile: “Vissi d’arte” da “Tosca” e “Un bel dì vedremo” da “Madame Butterfly”.