Roma, 13.04.2018 – Parla russo il programma settimanale dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: tre gli autori rappresentati, Rimskij-Korsakov, Rachmaninov e Ciaikovskij. Sul podio, il direttore Alexander Sladkovsky venuto a sostituire Temirkanov, malato.
“La leggenda dell’invisibile città di Kitezˇ e della vergine Fevronia”, è un’opera drammatica che Rimskij-Korsakov compose nel biennio 1903-4. Il suo tessuto letterario, firmato Belškij, si basa su una leggenda religiosa e poetica che miscela attentamente sentimenti umani e fede, amore e violenza guerresca. Da quest’opera complessa nella quale prevale il sentimento della natura, venne estratta da Steinberg una Suite con quattro momenti diversi, di cui ascoltiamo ‘Un Inno alla Natura’ che subito palesa quel clima mistico e fiabesco così congeniale al compositore, con i richiami degli uccelletti e i suoni della Natura; ‘Il Corteo nuziale’ con l’arrivo festoso dell’umile Fevronia per il matrimonio con il principe Vsevolod, e l’orda dei Tartari nella ‘Battaglia di Kerzhenets’ nella quale il valoroso giovane principe, accorso in difesa della città della sua sposa, perde la vita.
Nicolò Paganini, il musicista genovese dalla personalità ardente, passionale e inquietante, ha sempre esercitato un fascino irresistibile nei compositori del passato come in quelli di oggi, fascino al quale non si sottrasse Sergej Rachmaninov, straordinario virtuoso del pianoforte oltre che compositore di successo. Fra l’estate e l’autunno del 1934 scrisse la ‘Rapsodia su un tema di Paganini’, tratta dall’ultimo e più noto dei suoi 24 Capricci. In essa voleva sintetizzare la leggenda del musicista che “vende l’anima al diavolo per la perfezione nell’arte e anche per una donna”, come scrisse quando propose al grande coreografo Fokine di creare un balletto per la sua composizione. Cosa che avvenne puntualmente con una prima rappresentazione di grande successo al Covent Garden di Londra. La ‘Rapsodia’ è imperniata proprio sul vibrante contrasto fra il sulfureo violinista e Mefistofele. Rachaminov, grande virtuoso del pianoforte, offre all’ascolto una elaborata tessitura di temi, di melodie bellissime che presuppongono una tecnica solistica straordinaria fino all’apoteosi delirante e dionisiaca del Finale. Ottimo interprete solista Nikolai Lugansky, che è stato ospite nel 2015 dei Concerti dell’Accademia. Lugansky ha un curriculum di tutto rispetto: collabora con le più rinomate bacchette come Temirkanov, Chailly, Dutoit, Jurowskj e con orchestre come il Concertgebouw di Amsterdam, l’Orchestre National de France, London Philharmonic, di Dresda, le Orchestre di Monaco, di San Francisco. Il pubblico di Santa Cecilia è stato trascinato dal suo pianismo estremo salutandolo con una ovazione.
Ultimo brano in programma, la ‘Terza Suite per Orchestra’ di Ciaikovskij, una composizione che ha scansione sinfonica in quattro movimenti, ‘Elégie, Valse mélancolique, Scherzo, Thème et Variations’. Nell’intento del musicista la sua Suite avrebbe dovuto avere la funzione di intrattenimento semplice e privo degli sbalzi d’umore che raccontano il suo animo tormentato. Missione portata a termine felicemente nell’Elégie. Nei movimenti successivi il clima si modifica passando dai toni più drammatici e appassionati del “Valse mélancolique” alla gioia sfrenata di un tamburo militare che richiama gesta eroiche del mondo infantile, fino alla ricchissima parte finale piena di colori vivaci, di virtuosismi orchestrali, della voce vibrante del violino solista (qui il bravo primo violino dell’Orchestra ceciliana, Carlo Maria Parazzoli che suona un Nicola Amati del 1651) per giungere alla galvanizzante Polacca finale.