Roma, 13.01.2019 – Non serve ripetere che “Bohemian Rapsody” è un capolavoro. Siamo rimasti ipnotizzati dall’ interpretazione di Rami Malek. Inebriati dalla straordinaria musica dei Queen. E, sullo sfondo, la Londra degli anni ’70 e ’80. Che, in realtà, è la vera protagonista. Città incredibile, dove l’arte continua a far la storia.
Signore e signori, ecco a voi i “Regina”. Musica e poesia. Ed anche diritti civili e costume, industria e cultura. Perché la portata del fenomeno non è stata ancora del tutto compresa. L’evento è nel suo farsi e, per certi artisti, non può che essere così. Celebriamo i Beatles a 50 anni dallo scioglimento del gruppo. Qualcuno di voi ricorda in che anno Beethoven ha suonato “La Nona” per la prima volta?
Il mondo cambia. La storia continua a stupirci con le sue piroette. La vita c’è chi la guida e chi la sopporta. Freddy Mercury era un immigrato Parsi. Scaricava bagagli in aeroporto e lo chiamavano “paki”. “American Dreams” che si è fatto verbo? Forse. Un fenomeno dei nostri tempi? Di sicuro.
Freddy non ha soltanto “vissuto”: ha preso fuoco. Troppa energia per un solo uomo. E, quand’è così, non puoi non condividerla con milioni di persone. Quelli come lui fanno la storia. Una bella storia. Storia di libertà e di tanto buon umore. Un po’ come per quel vocabolo, “SHOW”, che a lui piaceva tanto. Se è vero che ha deciso di concludere la sua eccezionale vita artistica (stava per morire e ne era consapevole) intitolando la canzone (l’ultima dei Queen) proprio così. Lo show. Con o senza di me, così ci saluta Freddy, deve andare avanti.