Accademia Nazionale di Santa Cecilia – “Re Roger” di Szymanowski ha inaugurato la stagione sinfonica

Un  intenso atto d’amore
L’inaugurazione della stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia è prima di tutto un atto d’amore. Del suo direttore musicale, Antonio Pappano, del suo sovrintendente Michele dall’Ongaro che unisce ai talenti del musicista famoso una capacità imprenditoriale notevole.  Ma è anche l’amore di un compositore come Karol Szymanowski per le bellezze d’Italia e di Sicilia e la cultura che aveva avuto modo di apprezzare da vicino nei suoi viaggi: “Se non esistesse l’Italia, non potrei esistere nemmeno io”, così scriveva nel 1910 il musicista polacco che ad una delle figure fulgide che visse e operò in Sicilia dandole la dignità di regno dedicò la sua opera lirica “Król  Roger” (Re Ruggero). Un’opera di grande impatto che ha mobilitato, come di consueto l’Orchestra al completo e il Coro; una rarità che vive delle suggestioni di una scrittura musicale densa frutto di una cultura complessa, nella quale si isolano immediatamente colori, armonie e timbrica che attingono a diversi milieu, cosicché citazioni popolari come le mazurke si trovano a convivere in sintesi nuove con musica colta e antica e con modalità impressioniste e simboliste in una tavolozza che ricorda Debussy, Ravel, Skrjabin. Una musica che fa appello a conoscenze psicologiche, intellettuali e filosofiche. Perché Re Ruggero, nel libretto in tre atti che lo stesso Szymanowski  scrisse con il cugino Jarosław Iwaszkiewicz, è la trasposizione in musica di un uomo del ‘900 nel quale si intrecciano i turbamenti onirici innescati  dalle ricerche psicoanalitiche di Sigmund Freud, la inedita attenzione all’inconscio ancora misterioso; un uomo oscillante fra il paganesimo dionisiaco e l’impulso mistico-religioso, che avverte il disgregarsi della realtà che lo circonda, traballare i punti fermi sui quali si è improntata la sua consapevolezza. Il protagonista, Ruggero II di Altavilla, che nel XII° secolo mostrò vette inattinte fino ad allora di convivenza pacifica fra genti diverse – la sua corte fu un esempio di melting pot che radunava arabi, vichinghi, ebrei, residui umani della civiltà bizantina, greci ed altri -, vive nella Palermo “aziz” ricca d’oro e di mosaici con la moglie Rossana.
Nella fulgida Cappella Palatina, mentre si discute dell’allontanamento del popolo dalla fede, arriva a fare proseliti a nome del suo Dio d’amore venuto dall’Oriente il Pastore, che racconta di un’altra realtà, maliosa di libertà, potente di ebbrezze dionisiache. Lusinghe che tentano lo stesso re Ruggero e irretiscono la regina che in trance segue il Pastore profeta assieme alla Corte, ai sacerdoti, ai monaci, alle suore, alle guardie di palazzo. Rimasto solo, disperato, Ruggero getta via la corona e il mantello simbolo visibile del potere e parte per ritrovare la Regina. Nell’ultimo atto, con il fedele servo musulmano Edrissi Re Ruggero ritrova Rossana fra le rovine di un tempio greco, dove impera il Pastore profeta, incarnazione di Dioniso, mentre le genti di Ruggero divenute satiri, baccanti, druidi gli rendono omaggio con un baccanale che si protrae tutta la notte. Alla fine il corteo ebbro scompare e Ruggero rimasto solo si rivolge estasiato verso Oriente per contemplare il sorgere del Sole.
L’opera, ridotta da Pappano ad un atto lungo un’ora e mezza, ha avuto una raffinata mise en espace in forma di concerto, con una cura meticolosa nella spazializzazione dei suoni con le voci dei cantanti dislocate in vari punti e a varie altezze nella Sala Santa Cecilia del Parco della Musica. Video live dei Masbedo (Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni), mettono in relazione in una performance continua immagini di varia provenienza (fiori, frammenti di statue, colonne, una materia liquida che sembra oro fuso ),  disposte su un tavolo ed elaborate assieme ai volti dei cantanti. Di ottimo livello la compagnia di canto, dalla meravigliosa resa dei due cori (assieme al coro degli adulti il momento compositivo più bello di tutta l’opera registra la copresenza del coro dei bambini) dovuto all’alta maestria di Ciro Visco, ai protagonisti, Lukasz Golinski, il dubbioso Re Ruggero, intenso nei duetti con Lauren Fagan,  soprano dalla voce morbida e suadente che dà vita a Rossana, dal consigliere  Edrisi, Kurt Azesberger, al pastore che ha la voce chiara e brillante di Edgaras Montvidas a tutti gli altri. 
Raccordo fondamentale di tutte le masse artistiche, Sir Antonio Pappano ha ottenuto il risultato eccelso di far apprezzare la musica del ‘900 svecchiando la platea di Santa Cecilia sempre piuttosto ancorata al repertorio e di far ammirare la squisita sensibilità musicale che lo contraddistingue. Lo spettacolo è stato arricchito da istallazioni degli olofoni di Michelangelo Lupone disposte sulla cavea e illuminate splendidamente da colori dell’arcobaleno. Un ulteriore incoraggiamento per il pubblico.
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