Roma, 25 dicembre 2019 – Un appetitoso e charmant cofanetto di delizie è quanto offre il Teatro Quirino al pubblico della Capitale per questo lungo periodo di feste.
In scena “A che servono gli uomini?”, brillante spettacolo scritto da Jaja Fiastri, elegante e raffinata autrice di commedie musicali di gran successo, fra le quali ricordiamo ‘Aggiungi un posto a tavola’, ‘Alleluja brava gente’ e ‘Taxi a due piazze’.
La Fiastri è stata solerte collaboratrice della ditta Garinei e Giovannini nel loro spazio dello storico palcoscenico del Teatro Sistina. Una caratteristica delle sue opere è stata quella di sapere affrontare con leggerezza, tematiche anche serie e di porsi interrogativi su problemi sociali. Qui, in questo “A che servono gli uomini?”, l’occhio di bue è puntato sui nuovi rapporti di coppia, sulle difficoltà di molte donne che dopo tante delusioni con i partner si trovavo a gestire un bisogno impellente di maternità, prima che l’orologio biologico si fermi.
Teodolinda, che preferisce farsi chiamare Teo, come a cancellare la sua identità femminile, libera e priva nel contempo di un compagno, stanca di uomini problematici com’è, scopre un giorno che Giovanni Padovan (il divertente IGI Meggiorin), detto Gianni, il suo rumoroso vicino, un tipo un po’ particolare e abbastanza ingenuotto, lavora in un Istituto di ricerche genetiche dove si pratica l’inseminazione artificiale. È il campanellino che le occorre per risvegliare il desiderio di un bimbo tutto suo.
Con un pretesto va trovarlo nel suo posto di lavoro e trova modo di sottrargli una provetta che è contrassegnata da un numero identificativo.
Quando scopre di essere rimasta incinta, però, sente l’esigenza di tentare di saperne di più sul donatore. Si innesca così una catena di situazioni esilaranti che coinvolgono Teo e i suoi amici, a cominciare da Samatha (la procace Giulia Gallone), inesausta tessitrice di rapporti sessuali, sua abituale modella per i disegni più o meno erotici che Teo realizza, a Markus (l’eburneo Nicola D’Ortona), biondo corpo di maschio alfa, bravissimo a trovare la posa più bella per esaltare il suo fisico, all’involontario donatore che alla fine scoprirà nella persona di Osvaldo Menicucci (il focoso Daniele Antonini), figlio della signora Carmela, siciliano doc, che esalta lo stereotipo dello sciupatore di femmine, prestante com’è e ben fatto di natura, sempre in cerca di uno specchio che gli dia conferme… Naturalmente, divertenti colpi di scena si susseguono senza sosta e sono esaltati dalla regia fluente di Lina Wertmüller, presente in sala alla prima e omaggiata da una calorosa standing ovation.
Quando nacque lo spettacolo, nel 1988, registrò grandissimo successo.
Allora protagonista era Ombretta Colli e l’allestimento era sottolineato dalla musiche di Giorgio Gaber che anche in questa versione ritroviamo compattamente, fin dall’apertura del sipario sulle note di “Come è bella la città”, un valzer che richiama un celebre pezzo di Jacques Brel “La valse à mille temps” e poi di “Torpedo blù”, di “Non arrossire”, e altre ancora.
Punto di forza dello spettacolo al Quirino è la bellissima interpretazione di Nancy Brilli, che canta appropriatamente e si muove con l’agilità della ballerina, sempre puntuale a regalare sorrisi, ironia e brio al suo pubblico sviluppando il personaggio sotto la cifra distintiva della leggerezza. La fronteggia sotto il riflettore della comicità più sapida ma mai volgare o sopra le righe Fioretta Mari, che disegna una indimenticabile siciliana di razza, innamorata del suo ruolo di madre e pronta ad amare chi condurrà all’altare il suo pargolo.
I diversi luoghi, gli appartamenti contigui di Teo e Gianni, la casa di Osvaldo sono realizzati con il rapido scorrimento di due divani con pochi cuscinetti a caratterizzarli.
I costumi di Andrea Sorrentino sono allegri e adatti ai dì di festa e perciò sono virati sui colori rosso (quelli della Brilli) e verde (quelli disegnati per Samantha).
I movimenti coreografici sono di Irma Cardano.