Roma, 25 luglio 2020 – Il Teatro Quirino compie centocinquant’anni, un compleanno importante che sarà celebrato con un volume di ricordi, una mostra e una grande festa.
Il Quirino è il secondo teatro privato d’Italia per numero di abbonati, e il primo a comunicare quest’anno la stagione 2020/21, costruita con l’entusiasmo di sempre, frutto maturo della sinergia dei due valenti direttori artistici, Geppy Gleijeses e Guglielmo Ferro. Ambedue impegnati in questa speranzosa resilienza che costruisce un unicum fra le esigenze di aprire il palcoscenico agli spettacoli più interessanti con le compagnie più prestigiose e grossi nomi, agli autori più rappresentativi, in equilibrio perfetto fra classici intramontabili e altri testi un po’ in ombra, ma davvero degni di essere conosciuti dalle nuove generazioni, e a testi cronologicamente più attuali, senza ignorare spettacoli che convertono il linguaggio cinematografico con il quale sono più noti in pièces che si possono seguire dalle poltrone del teatro senza perdere il fascino che li ha resi popolari.
Oggi l’impegno dei direttori artistici Geppy Gleijeses e Guglielmo Ferro è nel senso di ripristinare quella ideale comunione totale fra pubblico e attori, per celebrare insieme la magia che accomuna le stesse emozioni, quel rito antico come l’uomo che trasporta in altre epoche, in altri mondi. Quel rito che si è configurato come una dolorosa paralisi dell’attività per questi tre lunghi mesi di incertezza, mentre gli spettri della paura dei contagi del Covid-19, si rifrangevano sulla vita sociale, e la disoccupazione colpiva più dolorosamente le categorie artistiche. Il teatro si nutre del genius loci, dunque ha bisogno dei suoi spazi deputati e del pubblico che alimenta il respiro degli attori con la forza della sua partecipazione. Bisognava tornare a calcare le tavole del palcoscenico, ma qui non vi può trovar asilo un attore col volto coperto da mascherine, perché così la barriera antivirus funziona egregiamente ostacolando la chiusura di quel circuito elettrico di emozioni per il quale ha senso il teatro stesso. Credendo profondamente nella rinascita della cultura teatrale, armato di un sano ottimismo, il Teatro Quirino ha deciso di aprire la stagione con il ritardo di qualche settimana perché non si debbano più contare i malati e i positivi, e non ci sia più quella corsa assillante alla ricerca di bollettini medici, malefici come comete con lunghe code gassose che hanno lanciato sotto l’occhio di bue come esperti soloni chiunque avesse a torto o a ragione un titolo per parlare di virus.
Apertura di stagione, dunque, non a ottobre, ma il 22 dicembre Molière e “Il Malato Immaginario”, che il regista Gugliemo Ferro ha affidato alla vis comica di Emilio Solfrizzi. Con il nuovo anno, dopo il ritorno richiesto de “Un tram che si chiama Desiderio” di Tennessee Williams portato in scena con grande esito da Mariangela D’abbraccio e Daniele Pecci, ecco un titolo che illustra sapientemente il pensiero filosofico di Luigi Pirandello “Uno, nessuno e centomila” con Pippo Pattavina e Marianella Bargilli affidato alla regia di Antonello Capodici. E ritorna Molière con “Tartufo” nella traduzione prestigiosa di Cesare Garboli, un vero affresco sulla ipocrisia e la doppiezza umana con tre attori di successo Vanessa Gravina, Giuseppe Cederna e Roberto Valerio. A grande richiesta, il celebre attore Enrico Guarneri torna anche quest’anno in cartellone con tutta la sua carica di ironia di marca sicula per una divertente commedia di Nino Martoglio, “L’Aria del Continente”, portata al successo sul grande schermo dall’indimenticabile Turi Ferro..
Un bellissimo dramma di Jean Giraudoux, La pazza di Chaillot, con la regia di Franco Però, per l’interpretazione di Manuela Mandracchia e Giovanni Crippa è il titolo che segue. A Elisabetta Pozzi l’onere di far rivivere Le Troiane da Euripide, una riflessione sempre attuale sui temi universali del lutto e del rimpianto. Il mese di febbraio vedrà sul palcoscenico il fortunato Servo di Scena di Ronald Harwood nella traduzione di Masolino D’Amico. La regia è curata da Gugliemo Ferro, con Geppy Gleijeses, Maurizio Michele e Lucia Poli.
Il mese di marzo si chiude con un testo frizzante di Ray Cooney “Se devi dire una bugia dilla grossa” nella versione italiana di Iaia Fiastri con la regia originale di Pietro Garinei ripresa da Luigi Russo, con Paola Quattrini, Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti e con il debutto in scena di Paola Barale.
“Nel tempo degli dei – Il calzolaio di Ulisse” è il testo che Marco Paolini e Francesco Niccolini hanno tratto dalla Odissea di Omero e portato in scena dalla regia di Gabriele Vacis.
Alessandro Haber e Alvia Reale con “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller per la regia di Leo Muscato e Gabriele Lavia e Federica De Martino con Le leggi della gravita di Jean Teulé, regista lo stesso Lavia, seguiti a ruota da “Musicanti”, una commedia con le canzoni di Pino Daniele scritta da Urbano Lione e Alessandra Della Guardia con la regia e la partecipazione straordinaria di Maurizio Casagrande chiudono il ricco cartellone, al quale vanno aggiunti gli spettacoli di recupero della stagione precedente, ovvero oltre all’applaudito “Un tram che si chiama Desiderio”, sarà possibile apprezzare il “Processo a Gesù” di Diego Fabbri con Paolo Bonacelli e Marilù Prati, diretti da Geppy Gleijeses. Infine, “La Classe” di Vincenzo Manna per la regia di Giuseppe Marini e “Bartleby lo scrivano”tratto da Herman Melville con Leo Gullotta.
Nella ricca programmazione è previsto anche un omaggio al grande, indimenticato attore Turi Ferro nel centenario della sua nascita.