Fratellanza musicale
Roma, 10 ottobre – Come è possibile snaturare un’opera lirica, anzi un cofanetto di delizie formato spingspiel, che ha avuto come padre generatore nientedimeno che Wolgang Amadeus Mozart, e offrirlo al pubblico con una veste assolutamente inedita, dove il fiabesco ha preso il posto dell’esoterico, dove il sorriso diventa risata comica, dove ai ritmi gioiosi settecenteschi si oppongono declinazioni musicali jazz nelle varianti del reggae, la musica del Sud America, il mambo, il pop, la grande tradizione ritmica africana e orientale con la varietà di tamburi e tamburelli, e poi chitarre e strani strumenti del folklore, continuando a conservare l’esprit del suo compositore?
Risposta scontata se si ascolta l’Orchestra di Piazza Vittorio, curioso insieme disomogeneo eppure assolutamente affiatato di esperienze musicali provenienti da ambiti geografici diversi, melting pot di culture differenti che hanno trovato una espressione definita nel fare musica insieme.
Non nuovi a ricerche, sommovimenti e contaminazioni dei linguaggi delle pagine di musica operistica, i musicisti di Piazza Vittorio vengono a festeggiare al teatro Quirino la centocinquantesima replica del loro particolare Flauto Magico che continua a mietere successi sempre rinnovati dal fil rouge dell’entusiasmo per una creatura in divenire: “Ogni volta che pensiamo che il percorso del Flauto Magico sia arrivato al termine, succede sempre qualcosa che ci dimostra che probabilmente il cammino dell’Orchestra di Piazza Vittorio, con questo spettacolo, è ancora molto lungo”, dichiara Mario Tronco, che ne cura la direzione artistica e musicale.
E’ l’inizio di una tournée che ha preso il via presso il Cortile d’onore del Quirinale, dove alla presenza del Capo dello Stato, è stata chiamata per la tradizionale cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico. Poi, dopo la tappa romana, dove ha inaugurato la stagione teatrale, toccherà molte importanti città italiane, da Napoli a Genova, da l’Aquila a Torino, Avellino, Cremona.
L’idea di ri-creare il Flauto di Mozart, nasce nel 2007 da un incontro con Daniele Abbado che aveva richiesto una performance per la Notte Bianca di Reggio Emilia. Il progetto sembrava adattarsi in modo particolarmente congeniale a questa operina dove il canto e la musica si sposano alle parti narrate – tale il significato di singspiele – densa di significati esoterici, dove la fratellanza è in sincrono con il potere, ambientata in un Egitto immaginario e simbolico collegato alla massoneria, della quale Mozart ambiva entrare a far parte, nella speranza di risolvere i problemi finanziari che l’affliggevano, che oggi risulterebbe non solo estranea alla sensibilità moderna, ma persino poco chiara. Nella lettura scherzosa e comica fornita dall’Orchestra di Piazza Vittorio i personaggi vivono in un luogo immaginario, nella lontananza della fiaba, in un paese che non vive di maschere e scenari di cartapesta come avviene a teatro ma che si può viaggiare all’interno di ognuno di noi, un paese dove i sogni si animano di sfaccettature diverse che attingono all’humus più profondo e ctonio. Anche se, con grande leggerezza animazioni di Lino Fiorito sui tre schermi che contengono il palcoscenico illustrano in modo simbolico quanto avviene in scena, dove i personaggi entrano nei panni di per poi ritornare ad assimilarsi al resto dell’Orchestra. Perché essi sono affidati alla interpretazione dei musicisti stessi in base a somiglianze di carattere o esperienze, come Tamino, il principe, che più che tendere all’amore di Pamina(in scena la chitarrista Sylvie Lewis), cerca di motivarsi nelle sue avventure e nella paura dell’ignoto. Lui è Awalys Ernesto Lopez Maturell, proviene da Cuba e, oltre a fare il Principe, suona divinamente batteria e congas. Il mago Sarastro è Carlos Paz, una sorta di sciamano anche nella realtà, e suona i flauti andini. Il cubano Omar Lopez Valle è alla tromba, al flicorno ed è il cantastorie del Flauto con la sua voce roboante e con molto senso dell’humour. Papageno, l’uccellatore, è El Hadji Yeri Samb, un senegalese che, oltre a cantare, suona djembe, dumdum, sabar. Monostatos è interpretato dal tunisino Houcine Ataa. Mentre le regioni acute del pentagramma, che Mozart destinò alla Regina della Notte, sono raggiunte da Maria Laura Martorana, eccellente soprano dalla fantastiche colorature. Quel che resta nel cuore di questo spettacolo è il senso della leggerezza e il dinamismo che lo pervade che curiosamente come folate di vento investono le varie componenti, dinamismo musicale con i differenti apporti, dinamismo fra stile e epoche diverse, fra strumenti di varie provenienze, e lingue che si mescolano, italiano, arabo, cubano, ungherese, ecuadoregno, argentino, senegalese, inglese.