Roma, 04 dicembre 2018 – Ne sa qualcosa ogni scrittore: i personaggi che inventa (da invenio, in latino trovo) vivono in una dimensione della fantasia ed è lì che si sviluppano, si motivano, si nutrono in attesa di trasferirsi sulla carta, o su qualsivoglia mezzo di comunicazione, dunque di ‘vivere’. Siamo sulla linea di confine che separa la realtà della finzione dalla finzione stessa. Pirandello, fa di più: dà ai personaggi il privilegio della compiutezza della loro vicenda, ma senza un autore che voglia scrivere tutto l’orrore, il dramma che li cementa. E poiché siamo nell’ambito della scrittura teatrale, i suoi sei personaggi travalicano la funzione e il ruolo e diventano esperimento meta teatrale e nel contempo espressione del pensiero pirandelliano e summa della sua concezione filosofica sul teatro e sulla natura dell’uomo.
Qui, al Teatro Quirino,’I sei personaggi in cerca d’autore’ nella rilettura che Michele Placido ha curato per lo Stabile di Catania, la vibrante speculazione del girgentano si risolve anche su tematiche di cogente attualità, su tutte le forme di femminicidio di cui sono piene le cronache. È l’esposizione di un campionario di soprusi che investono soprattutto l’universo femminile nelle sue più varie formulazioni, così accanto alla Figliastra abusata e costretta per necessità a vendere il proprio corpo si eleva l’immagine straziante ed espressionista della Madre in gramaglie, della Bambina innocente quasi ignorata nel dramma a fosche tinte che travolge la famiglia che trova la morte nei pochi centimetri d’acqua di una fontana.
Il dramma si allarga al Bambino suicida, piccolo esserino maligno, profondamente disprezzato per la sua ignavia e al Figlio, infine, l’unico che cerca di sfuggire alla implacabile ineluttabilità che condiziona gli altri.
Un paradigma familiare che mette sul banco dell’accusato il Padre, responsabile di tanto dolore che, armato della forza della sua razionalità, cerca motivazioni che lo assolvano e sollecitino nel contempo l’interesse del regista per la messinscena degli eventi. L’intervento di Michele Placido, che oltre a curare la regia, indossa in scena il personaggio del Padre, si avverte prepotente nell’attualizzazione dei dialoghi, nell’uso del dialetto siciliano del Prologo, ampia cornice dell’opera che mostra su un palcoscenico scura ingombro che sembra l’attrezzeria di un teatro, con costumi coloratissimi e insoddisfacenti buttati in un angolo e oggetti vari, una compagnia teatrale che sta provando nell’imminenza del debutto una messinscena di un’opera sempre del girgentano.
Qui, compaiono come inquietanti ectoplasmi nero vestiti e in gramaglie i Personaggi; d’improvviso si illuminano di vita, a partire dal Padre, un possente Michele Placido, destinato da Pirandello ad illustrare la trama e portavoce della ricerca di rappresentazione, lui lascia alla straziante figura della Figliastra il peso del dolore allucinato e lancinante che rasenta la follia, alla sua risata stridula. Sul palco la Figliastra veste la fisicità di Dajana Roncione, attrice dalla bellezza mediterranea, dagli occhi brucianti di passione che rivive senza catarsi, umile e alienata. La Madre, che richiama certe immagini espressioniste, ma anche popolareggianti di tante chiese del profondo sud dedicate alla Madonna Addolorata, rivive nel volto desolato, negli occhi profondamente segnati dalla lacrime di Guia Jelo, la sua voce sembra seguire i dettami di una partitura del dolore alzandosi in toni concitati e spegnendosi e affievolendosi.
Il regista, trait d’union fra gli attori e i personaggi, nelle vesti del bravo e dinamico Silvio Laviano, si lascia catturare dalla magia del teatro, tentando di mettere ordine fra la fittizia incorporeità dei personaggi senza scrittura e coloro che hanno il ruolo di farli vivere sulla scena.
Di valore anche il resto del cast. Luca Iacono, Luana Toscano, Egle Doria, Luigi Tabita, Ludovica Calabrese, Federico Fiorenza, Marina La Placa, Giorgia Boscarino, Antonio Ferro.
Bravi anche i due piccoli Flavio Palmieri, immobile e silenzioso e Clarissa Bauso, bimbetta ingenua e inconsapevole che si avvia saltellando verso il suo destino.