Il tormento e la passione
Roma, 8 luglio – Sotto il cielo notturno di Caracalla, fra una lotta senza quartieri di striduli gabbiani appesantiti dal caldo, il Teatro dell’Opera presenta “Il Lago dei Cigni”.
Diciamo subito che la smania di “aggiornare” un capolavoro, di rivisitarlo con interpretazioni che forse sono in linea con i tempi che cambiano, ma che in ultima analisi si dimostrano inutili sovrapposizioni, anzi tali da nuocere all’opera originale, trova una patente dimostrazione nella particolare lettura psicoanalitica che Patrice Bart, offre di questo balletto narrativo, capolavoro musicale di Cajkovskij, la cui trama letteraria vuole la bella Odette ed altre disgraziate fanciulle trasformate in cigno da un incantesimo del crudele mago Rothbart.
A mezzanotte, magicamente la malia svanisce e lei ritorna a rivestire il corpo di una bellissima creatura. Ed è proprio così che la incontra il principe Siegfried, venuto a cacciare in riva al lago, e da qui inizia la vicenda.
Bart invece vuole la regina morbosamente legata al figlio, ambito anche dal compagno di giochi Benno, e di lui geloso al punto da informare l’incestuosa donna che Siegfried sta per sfuggirle. Da qui una serie di inutile e fuorvianti scene con la madre che contempla un ritratto del figlio, cercando il modo di fargli del male, e poi, si mette in combutta con Rothbart, diventato suo primo ministro. Il quale presenterà la figlia Odile, sosia e lato oscuro di Odette, a Siegfried estorcendogli una promessa di matrimonio, che farà impazzire di dolore Odette, sopraggiunta alla festa del ventunesimo anniversario di Siegfried.
Il giovane disperato le corre dietro fino alle rive del lago dove la principessa/bestia è circondata dalle sue compagne pennute. Qui Siegfried e Rothbart si incontrano e lottano fino alla morte del mago nero. In seguito, l’omicida decide di togliersi la vita, vinto dal rimorso e in cerca di liberazione dai vincoli familiari.
Tante spietate passioni, ahimè, non trovano riscontro nella partitura dolcissima e malinconica di Caikovskij, con il memorabile Adagio, una delle pagine più struggenti
Marius Petipa e Lev Ivanov, quasi del tutto scomparsa, resta un riferimento solo per il secondo atto. Allo spettacolo non giova neppure l’allestimento minimalista e “moderno”, che per certi versi sarebbe più proprio attribuire ad una mise en scène cecoviana, con poltroncine che sembrano di plastica bianca e con i personaggi vestiti in abiti bianchi alla caviglia, fin de siècle o primi ‘900, squalliducci, come il vestitino della Regina, scene e costumi firmati Luisa Spinatelli.
Né giovano certe scelte coreografiche come quelle di ammassare i ballerini in modo anonimo e non motivato.
Per contro davvero di alta qualità la versatile Jurgita Dronina, russa cresciuta in Lituania , che ha svolto la sua carriera principalmente nel milieu dei Paesi del Nord Europa, già nota al pubblico del Teatro dell’Opera per avere interpretato “La bella Addormentata nel Bosco”, seconda tappa del trittico di balletti narrativi, preceduto da “Il lago dei cigni”, e seguito da “Schiaccianoci”. La Dronina è bravissima a dar conto con un cambiamento notevole di registro interpretativo della purezza innocente e malinconica di Odette e della fiammante e adescatrice Odile. Dinu Tamazlacaru, moldavo, il Principe Siegfried, ha fisico atletico e grande preparazione tecnica. Del resto lo dimostra la sua carriera, è solista dal 2007 dello Staatsballett Berlin ed ha un nutrito repertorio classico e contemporaneo, che lo fa apprezzare ovunque e che gli è valso numerose scritture anche a Roma, dove è stato presente in “Romeo e Giulietta”, ne “Il lago dei cigni” a Caracalla, nell’”Arlésienne” di Roland Petit. Gaia Straccamore, l’inquietante Regina, mostra sempre le sue qualità più alte. Manuel Paruccini disegna un mago nero efficace e incombente (bella la trovata di un secondo piano sul palcoscenico dove il malefico demone sbatte le grandi ali avvolgenti da pipistrello, ma sottili e trasparenti simili alla tela di un ragno).
Buona il resto della compagnia.
Una menzione d’onore al bravo Nir Kabaretti, venuto a dirigere l’orchestra, il quale in Italia, e segnatamente a Roma, viene chiamato sul podio dei balletti (un tempo sarebbe stato assai limitativo).
Kabaretti dal 2006 è direttore musicale della Santa Barbara Symphony Orchestra in California.