Spettacolo

Un gennaio denso di spettacoli interessanti in tutti i teatri di Roma

All’ Ambra Jovinelli in scena “Orlando” con Accorsi e Baliani: Stefano Accorsi e Marco Baliani  insieme all’Ambra Jovinelli per giocare con i versi dell’Ariosto, una produzione Nuovo Teatro con la partecipazione della Fondazione Teatro della Pergola. Attore, regista e drammaturgo, Marco Baliani ha trasformato i 38.746 versi dell’Orlando Furioso e le donne i cavalier, l’arme, gli amori nel nuovo spettacolo Giocando con Orlando, un’inedita ballata in ariostesche rime e una singolar tenzone per il palcoscenico da condursi corpo a corpo, rima dopo rima con Stefano Accorsi. Coincidenze, occasioni e imprevisti hanno generato questa nuova avventura, che parte dal successo dell’edizione di Furioso Orlando, e raccoglie la necessità e la rinnovata sfida di provare a esplorare il testo in una direzione ancor più radicale dove l’arte sublime del giullare e dell’improvvisazione fa risuonare i corpi in scena attraversati da rime, versi, suoni, rumori trasformandoli in uno e in tutti i personaggi e nei mostri e nelle creature magiche del celebre ‘cantare’. Lo spettacolo parte sempre dalle due storie d’amore principali: il paladino Orlando che insegue la bella Angelica e la guerriera cristiana Bradamante innamorata di Ruggiero, cavaliere saraceno destinato alla conversione, per poi moltiplicare i personaggi, creandone altri intorno, mostri compresi, per condurli a giocare sulla corrispondenza delle rime infilate in un ritmo galoppante, con molta improvvisazione verbale, con rime difficili da trovare, con gesti difficili da compiere. Mimmo Paladino con i suoi celebri cavalli, realizza la giostra per i duelli, gli amori, gli scontri e gli incontri dei cavalieri che appaiono e scompaiono nel girotondo che il gioco impone.

Sala Umberto: “Ti ho sposato per allegria” – Emanuele Salce è in scena alla Sala Umberto con una delle commedie più divertenti, ironiche e sfrontate di Natalia Ginzburg: Ti ho sposato per allegria.  Dopo il monologo Mumble Mumble, confessioni di un orfano d’arte, diretto da Piero Maccarinelli, interpreta il protagonista maschile della commedia che fu anche una delle regie “cult” di suo padre Luciano, che nel 1967 diresse con enorme successo Adriana Asti e Renzo Montagnani poi portata anche sul grande schermo dallo stesso Salce con Monica Vitti e Giorgio Albertazzi. “Sono nato metà degli anni Sessanta, quando mio padre metteva in scena il testo della Ginzburg – ricorda Emanuele Salce – Probabilmente sono stato tenuto in braccio in qualche camerino di uno dei teatri in cui veniva rappresentata la commedia, che fu un grande successo, replicata per più stagioni, e il film fu proprio il seguito di questa gioiosa accoglienza del pubblico.” Nella commedia della Ginzburg, Emanuele interpreta Pietro, neo-marito di Giuliana,interpretata da Chiara Francini, conosciuta da poco più di un mese. Lui è un professionista tranquillo e sicuro di sé, borghese ma anticonformista. Lei è svampita, romantica, tendente all’amore assoluto, ha avuto un passato tormentato, con diversi amanti ed un tentato suicidio alle spalle. Si sono conosciuti a una festa e si sono rapidamente innamorati. Così almeno crede lui, lei è un po’ dubbiosa. Quando una domenica arriva a pranzo la madre di Pietro, che ha preso malissimo le nozze del figlio ed è una borghese reazionaria e perbenista, Giuliana è sicura di non superare l’esame. E infatti combina un pasticcio dietro l’altro, aiutata dalla cameriera Vittoria, svitata quanto lei. Ma tutto finisce a ridere: d’altronde  Pietro ha sposato Giuliana proprio per allegria.

Teatro Quirino : “La brocca rotta” –  Questa commedia nasce da una scommessa, da un gioco e poche volte un’opera d’arte ha portato così evidenti, anche al suo interno, i segni del gioco e della scommessa. Fu in Svizzera nel 1802 che Kleist e i suoi amici Wieland e Zschokke decisero di trarre una commedia, una satira e un racconto, ispirati da un’incisione di Le Veau intitolata appunto “La brocca rotta”, appesa nella stanza dove si trovavano abitualmente. Wieland rinunciò all’esecuzione del suo progetto, Zschokke mise insieme un mediocre racconto, mentre Kleist, leggendo con acume ispirato le fisionomie e i gesti di quella piccola gente in ambiente fiammingo-olandese, ne trasse la più bella e sostanziosa commedia di tutto il teatro tedesco. Commedia esilarante, certamente: ma che l’autore non ci vedesse solo un’occasione di riso disimpegnato risulta evidente a chiunque conosca la radicale tragicità e problematicità dell’opera di Kleist.  Il nucleo della Brocca rotta è il personaggio di Adamo, con le sue infinite risorse di mentitore e con quella fuga finale per i campi innevati, sotto gli occhi di tutti, con la parrucca, antiquato simbolo di un’autorità abusiva e coperta di vergogna. Commedia della piccineria umana, infestata da superstizione e corruzione: la si potrebbe leggere tutta come una parodia del potere, per questa volta senza niente di cruento o irrimediabile. Dal punto di vista artistico La brocca rotta è l’opera perfetta di Kleist. Un esercizio perfetto, che ha estasiato generazioni di spettatori.  Per la messa in scena della più bella commedia della letteratura teatrale tedesca, Bernardi ha scelto di dirigere l’ottimo cast,  guidato da Paolo Bonacelli, Patrizia Milani e Carlo Simoni che ha portato al successo Il Malato immaginario di Molière per oltre 170 repliche. “La brocca rotta” è considerata la più bella commedia del teatro tedesco. Tra le opere di Kleist ci appare come un miracolo: una commedia vera e propria in mezzo a testi prevalentemente drammatici e onirici. E’ come se l’autore avesse voluto prendersi una vacanza dall’oppressione dei suoi fantasmi poetici: ne è uscito un capolavoro. Un testo perfetto che rivela una conoscenza sorprendente dei meccanismi del teatro comico: battute, tempi, situazioni. Ma c’è di più, “La brocca rotta” è una commedia molto divertente che si pone una domanda molto seria: è la giustizia uguale per tutti? Kleist scrive un’allegoria sulla corruzione dell’amministrazione prussiana dei primi anni del diciannovesimo secolo che si adatta molto bene all’Italia di oggi. 
Teatro Olimpico : “L’Orchestra di Piazza Vittorio” – Un ideale viaggio di 80 minuti, intorno al mondo, attraverso gli uomini, gli artisti, il tutto per raccontare e raccontarsi storie di vita vissuta e multiculturalità attraverso la musica. Tutto questo e molto altro  farà L’Orchestra di Piazza Vittorio, che in scena al Teatro Olimpico dal 21 al 26 gennaio, con Il giro del mondo in ottanta minuti, con la direzione artistica e musicale di Mario Tronco. Dopo il grande successo di critica e di pubblico della passata stagione, lo spettacolo torna in scena nuovamente al Teatro Olimpico con due importanti novità. Ad arricchire il cast, si aggiunge in questa edizione un amico dell’Orchestra: Luca Barbarossa che ogni sera intraprenderà il viaggio sulla zattera capitanata da Mario Tronco. Ogni sera pubblico e bambini saranno coinvolti a fine spettacolo : sui bis, saliranno sul palco un gruppo di giovanissimi della Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia guidati dal Maestro Ciro Paduano, che assieme ai musicisti dell’Orchestra  giocheranno a far suonare la gente in sala, attraverso l’utilizzo del corpo e di alcuni oggetti. Questa è una storia allo stesso tempo fantasiosa e autobiografica, in cui l’Orchestra di Piazza Vittorio si racconterà attraverso il suo modo di fare e pensare la musica. Si possono percorrere milioni di chilometri in una vita, senza mai scalfire la superficie della vita stessa, né imparare nulla dalle genti sfiorate. Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare, chiunque abbia una storia da raccontare. Il Giro del Mondo in 80 Minuti incanta con le sue musiche originali, la suggestiva scenografia ed i meravigliosi costumi di scena. Un perfetto meccanismo ad orologeria, uno spettacolo vivace, allegro e colorato, denso di ritmi ed emozioni, che accompagnano lo spettatore in questo giro del mondo dal quale non si vorrebbe più tornare!  L’Orchestra di Piazza Vittorio è un’orchestra romana composta da diciotto musicisti e cantanti di dieci diverse nazionalità, applauditi protagonisti della scena mondiale.

Teatro degli Audaci : “Marco e Matilda” – Marco e Matilda hanno appena superato i trent’anni, sono precari con stipendi piuttosto bassi ma sono talmente innamorati l’uno dell’altra da essere convinti che niente e nessuno potrà scalfire il loro rapporto. Nel tentativo di migliorare le loro condizioni di vita, un giorno, vanno a vedere una casa che ritengono in affitto. Apprendono solo dopo averla vista che, invece, quella casa è in vendita. E’ allora che a Silvia viene un’idea: e se provassero a convertire quello che spenderebbero mensilmente in un mutuo? Perplesso, Marco accetta. Peccato che, per non chiedere aiuto ai rispettivi genitori i due ragazzi investano nella caparra fino all’ultimo centesimo che hanno risparmiato senza sapere che proprio dal loro conto corrente svuotato inizieranno i guai. L’abile agente immobiliare, infatti, gli ha nascosto l’intenzione del condominio di rifare il tetto. In più, avendo finito i liquidi, i due giovani hanno comprato tutta la mobilia a rate senza pensare ad un’eventualità probabile per due precari: e se uno dei due venisse licenziato? Puntualmente questa eventualità si verifica e, soffocati via via da mille problemi economici, i due fidanzati iniziano a litigare in modo sempre più pesante avvicinandosi a due persone esterne alla coppia: Betty, la sensuale vicina di casa che fa velate avances a tutti gli uomini, ed Antonio, un avvenente costruttore che ha messo gli occhi su Matilda. L’acme del litigio viene raggiunto quando Matilda, per non essere insolvente, accetta il lavoro che le offre Antonio partendo alla volta dell’ America per un improvviso viaggio professionale con lui. E’ durante il viaggio di lavoro che le incomprensioni della coppia diventano incolmabili: l’assenza di complicità tra i due crea un clima di sospetto continuo che porta ben presto alla frattura definitiva.

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