Roma, 18 novembre 2019 – Trionfo belga Max Verstappen. Doppietta giapponese Honda. Tonfi di Mercedes e Ferrari. Italiani che si rifanno con la piazza d’onore di Pierre Gasly della scuderia italiana Toro Rosso di Faenza (eredi diretti della Minardi), e con il quarto e quinto posto delle due Alfa Romeo Racing di Raikkonen ed Antonio Giovinazzi, mai così in alto nel suo breve cammino in F1.
A bocce ferme così si possono condensare i sensazionali contenuti del penultimo appuntamento del Mondiale di Formula1, quello di Interlagos in Brasile.
Una gara che ha ribaltato in un colpo solo tutti i valori e le gerarchie della F1. Ed in particolare denunciando in maniera inequivocabile la crisi della Ferrari
Dopo le sventure di Taranto e Venezia, in Brasile il patatrac nazionale italiano ha contagiato anche la Formula Uno. Sport per modo di dire per le sue enormi ricadute sulle economie del mondo e per precisione sull’industria automobilistica .
La Fiat-FCA Group è un colosso motoristico italo-statunitense (in procinto di inglobare anche la più importante sigla automobilistica francese per aggiungerla ad una copiosa serie di marchi fra cui la stessa Alfa Romeo.
La Ferrari, invece, nel gennaio 2016 è stata scorporata dalla FCA per fare capo direttamente alla famiglia Agnelli attraverso Exor. Gestione tecnica finanziaria ed introiti riguardano interamente il socio Fiat e la Borsa.
Ferrari, espressione della Fiat, non poteva sfuggire alla crisi del sistema Italia.
Sergio Marchionne era sceso in campo direttamente a Maranello nell’assenza di una managerialità adeguata. In breve era riuscito a riportare la Rossa al vertice della F1.
La sua improvvisa scomparsa ha gettato la Ferrari nel caos di alti e bassi occasionali Un disordine, una anarchia che ne ha provocate ad Interlagos di tutti i colori nonostante la Ferrari continui a mantenere il dominio della motoristica e della adeguatezza tecnologica in campo automobilistico sportivo.
Nel Gran Premio del Brasile il caos ha coinvolto tutto e tutti come mai prima.
Come al solito si è sbagliato per l’ennesima volta già nelle qualifiche quando al sempre brillantissimo Charles Leclerc è stato affidata una vettura dotata di nuova “Power Unit” non ammessa. Con il risultato di una penalizzazione che lo fatto partire numero 14. Niente pole position, niente chance di duellare con Verstappen per un podio o per i punti necessari per guadagnare il bronzo mondiale.
Poi al via, mentre Vettel concedeva a Verstappen lo spazio per superarlo e scavalcare Hamilton lanciando la cavalcata vittoriosa del fenomeno della Red Bull, il giovanotto monegasco dava luogo ad una rimonta epica che al nono giro lo aveva portato nell’immediato ridosso del gruppo dei migliori sei.
La situazione non era malvagia per la Ferrari: Vettel terzo non lontano dalla coppia di testa Verstappen-Hamilton; Leclerc che cominciava ad intravedere le orme di Bottas mentre si entrava in zona Pit Stop con Leclerc che aveva scelto un solo cambio gomme.
Per gli altri, invece, due cambi, compreso Sebastian Vettel. Non l’avesse mai fatto perché, ancora una volta il caos al box comporta un impiccio al momento cruciale. Tempo perso, rispetto a quello degli altri; e gomma probabilmente montata male che rallenta il tedesco.
Nel frattempo Bottas – che con gomme fresche vuole vincere – si trova davanti a sè Leclerc che ha recuperato ogni posizione sfruttando il non-cambio.
Le gomme consunte non gli impediscono di tenere a bada Bottas. Fra i due si instauro un duello entusiasmante. Bottas è più veloce ma la difesa è esaltante. II pilota della Mercedes spinge la vettura al massimo con il risultato di mandare clamorosamente il motore in fumo.
La safety car rimette tutti in fila. Leclerc si ritrova quinto dietro Vettel quarto dietro il compagno di squadra. Ma la vettura del tedesco soffre.
Davanti, terzo è la Honda di Gasly alla portata di una Ferrari. Sarebbe saggio che Vettel lasciasse passare il compagno di squadra con gomme fresche e necessità di scuderia di fare punti.
Nessun suggerimento, ordine , però arriva dai box. Sicchè Leclerc rompe gli indugi ed opera alla grande il sorpasso negato.
La risposta infuriata di Vettel è immediata nel silenzio della cabina di regia. Inevitabile il cozzo e le macerie delle due Ferrari.
Il seguito è tutta una inutile discussione su chi ha ragione o torto. I giudici hanno decretato il pari.
La responsabilità è nel manico incapace di gestire un team così importante ed impegnativo come quello di formula Uno.
È evidente che chiusa la stagione 2019, Vettel sarà giustamente giubilato in favore di Leclerc.
Ma il problema non è nella rivalità sacrosanta di due campioni. È nel manico che non deve essere necessariamente un affermato tecnico del settore, ma qualcuno che sappia gestire un team di persone ciascuna tecnica. Non necessariamente uno dell’ambiente . Quelli in gamba sono davvero pochi e non si muovono. Sergio Marchionne non era certo un esperto di motori. Era un manager vero, in grado di intervenire in ogni situazione. Alla Ferrari in poco tempo è riuscito a fare miracoli pur non disponendo di conoscenze tecniche specifiche.
Il bravo manager è colui che è in grado di individuare la bravura altrui, coordinarla, valorizzarla, motivarla e gestirla. Non è a lui che si deve richiedere il lavoro sul terreno tecnico.. Lui deve valorizzare il lavoro altrui semplicemente e soprattutto senza guardare in faccia a nessuno. Questo vale in ogni attività umana . Anche nello sport: dalla Formula Uno al calcio.