Roma, 20 aprile 2025 – L’Avellino non poteva fare una sorpresa di Pasqua più bella ai suoi tifosi, anche se alla luce degli ultimi risultati tanta sorpresa non era più.
Il ritorno in Serie B dopo sette anni, infatti, era nell’aria già alla vigilia della trasferta di Potenza, dove ha giocato in campo neutro il derby regionale con il Sorrento.
La vittoria per 2-1 contro quest’ultimo ha sancito aritmeticamente il ritorno, scatenando la festa dei tantissimi tifosi al seguito e quella dell’intera città.
Il ritorno dei Lupi irpini nella cadetteria fa riscoprire al calcio italiano una delle sue protagoniste dei suoi anni migliori, nei quali il nostro campionato era considerato il più bello del mondo.
Nel decennio degli ’80 del ‘900, infatti, l’Avellino era spesso in Serie A e le trasferte al “Partenio” erano spesso proibitive anche per le grandi del campionato, Juventus compresa.
Tanto che quello stadio fu anche soprannominato “la tana dei Lupi”, visto che era proprio tra le sue mura e sul suo campo che l’Avellino costruiva le sue salvezze.
Trascinato dai gol di Juary (il brasiliano che dopo ogni rete esultava girando intorno alle bandierine dei corner) e dalle giocate del suo connazionale Dirceu, uno dei talenti più grandi prodotti dal Brasile.
Ma anche dalle parate di Piotti e Tacconi, dalla difesa arcigna di capitan Di Somma e, prima di lui, dalle geometrie di Adriano Lombardi.
Il capitano della prima, storica, promozione in A, arrivata al termine della stagione 1977-78, che dette il via al decennio d’oro dell’Avellino, sempre presente nella massima serie fino al 1988.
Quando retrocesse in B per poi non salire più nel massimo campionato.
Ecco perché, per noi che siamo ormai vicino ai sessanta, l’Avellino, come l’Ascoli, il Pisa e il Catanzaro, è una di quelle squadre che ci ricordano la giovinezza e alle quali, per questo, siamo affezionati.
Erano le protagoniste delle nostre domeniche nel pallone, delle partite giocate tutte nel giorno di festa e alla stessa ora e ascoltate alla radio, grazie a “Tutto il calcio minuto per minuto”.
Un altro mondo, un altro calcio, al quale si avvicinano le scaramanzie di mister Biancolino, un’altra bandiera del calcio irpino e allenatore della promozione attuale.
La sua bottiglietta d’acqua appoggiata allo spigolo dell’area tecnica quest’anno è diventata leggenda, così come le due castagne lanciate nelle porte durante i pre-partita dall’amministratore unico Giovanni D’Agostino e dal d.s. Aiello.
Secondo le credenze popolari le castagne sono simbolo di protezione e prosperità e queste hanno portato agli irpini, tranne che nella trasferta di Foggia, nell’unica partita che hanno perso delle ultime tredici.
Dove sembra che il rito non venne eseguito per l’indisponibilità delle castagne.
Foto: wikipedia