A proposito di razzismo…

Libere considerazioni su un tema trito e ritrito.

Roma, 26 gennaio 2024

 

Come spesso succede nel variegato mondo del calcio professionistico appena c’è un rigurgito di (pseudo)razzismo si scatenano tutti.

Nani, ballerine, saltimbanchi, sciampiste, qualche giornalista (!), tutti che si gettano, come api sul miele, sul tema scottante che però tanto scottante, o quantomeno delicato, non è.

Se tali episodi negativi si ripetono a cicli ricorrenti non è più un “tema scottante” da sollevare tavole rotonde o quadrate dove si sentono le castronerie più eclatanti.

Forse la domanda che bisognerebbe chiedersi è perché ancora oggi succedono queste cose nell’epoca della multirazzialità, con tutti gli strumenti disponibili.

Anche se gli stadi italiani, nella loro maggioranza, non sono strutturati come gran parte degli impianti europei ci sono comunque le possibilità per rintracciare i “buontemponi” che fanno i fenomeni oltraggiando questo o quello.

Posti numerati, nominali, telecamere a circuito chiuso, perquisizioni e tornelli all’ingresso, tutti deterrenti che se opportunamente applicati (!) dovrebbero garantire una sufficiente presa di posizione immediata.

Poi qualcuno ci spiegherà perché nell’ultimo derby romano si è permesso un fitto lancio di fumogeni e corpi contundenti, da ambo le parti; e le perquisizioni ed i controlli prima di entrare?

La regola della responsabilità oggettiva va rivista perché se allo stadio Friuli, di proprietà dell’Udinese, si possono identificare i “gentiluomini” che hanno sbeffeggiato il portiere del Milan Mike Maignan che vengano puniti.

Senza far pagare l’eventuale chiusura della curva a persone, distanti dai posti individuati, che fanno un tifo normale e magari sono in presenza dei loro giovani eredi.

Sono sempre stato dell’idea che nella maggior parte dei casi questi odiosi sbeffeggiamenti sono collocabili nella paura che si ha del giocatore avversario, che sia nero o di qualsiasi etnia.

Che non vuol dire sottovalutare il problema ma dargli un miglior inquadramento, perché razzismo non è relativo solo al colore della pelle ma anche a determinate provenienze dell’atleta preso di mira.

Negli anni le sanzioni sono cambiate radicalmente; dalle squalifiche del campo, con relativo esodo fuori sede nella successiva gara, alle vittorie a tavolino, siamo passati alla chiusura parziale di settori con applicazione magari di forti ammende.

Sull’argomento poi c’è l’ipocrisia più pelosa che restringe a “razzismo” invettive contro i neri o mulatti, mentre poco o niente si dice, o si fa, per gli insulti etnici.

Nella Champions della stagione 2000/2001, durante l’incontro Lazio-Arsenal, ci fù uno scambio di opinioni tra Mihajlovic e Vieira.

Per tutta la partita Vieira etichettò il serbo “zingaro di merda” e l’altro di rimando “negro di merda”; alla fine della fiera pagò solo Mihajlovic con tre giornate di squalifica e nessuno disse nulla…

Nell’agosto 2013 durante la Supercoppa italiana tra Juventus e Lazio al 30° della ripresa improvvisamente cominciarono a sentirsi fischi ed ululati all’indirizzo del giocatore Asamoah in forza alla Juve.

Il risultato in quel momento era 4-0 per i bianconeri, con grandi protagonisti lo stesso Asamoah e l’emergente Pogba, tutti e due dalla pelle nera.

Com’è possibile essere “razzisti” dal 30° della ripresa e non prima?

Quelli furono fischi e dileggi, intendiamoci da condannare, dovuti alla frustrazione di una tifoseria, impotente di fronte allo strapotere juventino, che vedeva svanire la possibilità di vincere un trofeo.

Durante l’ultimo derby di Coppa Italia il Giudice Sportivo, su segnalazione dal campo, ha sanzionato la Lazio, chiudendo per la partita contro il Napoli del prossimo 28 gennaio ben quattro settori dell’Olimpico, per cori e ululati contro il romanista Lukaku.

L’aspetto grottesco della vicenda è che gli ispettori hanno dichiarato che il 90% dei settori incriminati, circa 15.000 persone, ha dileggiato Lukaku per il colore della sua pelle.

Ma se fosse stato così l’integerrimo arbitro Orsato non avrebbe sospeso la gara, magari previo comunicato dettato dall’altoparlante dello stadio?

Da sempre negli stadi italiani s’è fischiato questo o quello più per paura tecnica che non per ragioni razziali o etniche.

Anche l’aspetto civico-culturale con la semina dei concetti già dalle scuole elementari, anche se poco applicato, è di fatto attivo perché l’epoca che stiamo vivendo dice che le scuole sono piene di ragazzi di tutte le razze.

Ribadisco che le norme ci sono, solo che per paura di ricatti vari le società non si adoperano e rimangono ostaggio di gruppi di tifosi (?).

Alla prossima indignazione allora, con la solita “pelosa” passerella di nani, ballerine, saltimbanchi, sciampiste e qualche giornalista…

 

 

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