… delle due Sicilie rilasciava regolare patente agli esercenti di questa professione antica, si dice, come il mondo.
Lo stesso in Sardegna, nella Repubblica di Venezia e nello Stato Pontificio. Cavour stesso volle legalizzarla per motivi igienici. Nel 1860 la regolarizzazione si estese a tutto il Paese: famosissimi i “lupanari” dei nostri nonni, dove lo Stato stesso fissava le tariffe (la prestazione di base, sembra, durava venti minuti). Ma nel 1958 la senatrice Lina Merlin vide finalmente riconosciuta la legge che lei, prima firmataria, aveva fortemente voluto: l’abolizione della regolamentazione del mestiere di “lucciola” nel territorio d’Italia. La senatrice, che di questa battaglia fece lo scopo principale della sua attività politica, si ispiro in gran parte all’attività di Marthe Richard, ex prostituta in seguito divenuta attivista politica, che dodici anni prima riuscì a rendere illegale la prostituzione in Francia. Già nel 1948 Mario Scelba, allora nostro ministro degli interni, aveva smesso di rilasciare le licenze per “casini”. Ma della legge Merlin allora si parlo poco dal punto di vista mediatico, data la natura piuttosto puritana dell’Italia dei tardi anni ‘50 (costumi sessuali più liberi sarebbero
arrivati solo con gli anni ‘60) e la senatrice stessa fu costretta alla semiclandestinità a causa di successive minacce e intimidazioni. Sin da subito il Paese si divise tra favorevoli, che vi vedevano (erroneamente) un modo legale per liberare le prostitute, e i contrari (tra cui il Movimento Sociale Italiano, il Partito nazionale Monarchico e persino Indro Montanelli) che, guardando molto più lontano, videro nella legge solamente un paradiso per criminalità, sfruttamenti e malattie. Oggi, il mercato della prostituzione in Italia (e di mercato si tratta, visto che frutta quanto una grande azienda) e forte di 10 milioni di clienti, circa 90mila “passeggiatrici” più o meno clandestine, e di un giro d’affari che supera i 5 miliardi di euro in nero. In otto paesi europei, Olanda, Svizzera, Grecia, Germania, Austria, Turchia, Ungheria (Budapest viene definita “la capitale del sesso”) e Lettonia, la prostituzione e regolamentata ed equiparata a una qualsiasi attività commerciale, con tanto di interi quartieri dedicati e con evidenti vantaggi in termini di controlli sanitari, minor potere di sfruttatori e criminali, e un riscontro economico in tasse e contributi. Regolamentare la prostituzione anche nel nostro Paese permetterebbe di distinguere sin da subito le prostitute libere e in regola da quelle sfruttate e, visto l’ingente giro di denaro (sommerso) mosso da questo mercato, si potrebbe anche recuperare un introito fiscale tale da poter abolire buona parte delle tasse. Anche la criminalità (ma non la Mafia, quella non investe nella prostituzione, si e fatta più furba e preferisce mettere le mani su appalti, droga e immobiliare) verrebbe privata di una delle sue maggiori fonti di guadagno, senza contare gli evidenti vantaggi in termini di decoro urbano con strade prive della presenza di “lucciole”. Ovviamente l’abrogazione della legge Merlin non eliminerebbe del tutto lo sfruttamento illegale: rimarrà sempre quella zona di buio dove, per vari motivi, la prostituzione verrà praticata illegalmente. Nel mondo, la prostituzione c’e sempre stata e ci sarà sempre, perche dove c’è una continua domanda non potrà mai mancare l’offerta.
da “L’Attualità”