Roma, 15 dicembre 2018 (askanews) – Il Consiglio dei Ministri, con il Decreto Semplificazioni, ha abolito il Sistri e il Registro unico del lavoro. Lo annuncia su Facebook Luigi Di Maio, Vicepremier e Ministro dello Sviluppo e del Lavoro. “Il registro Sistri, che ha reso la vita un inferno di tanti imprenditori, un registro sulla tracciabilità dei rifiuti: abolito. Il registro unico del lavoro, un adempimento telematico che avrebbe creato problemi a imprenditori, abolito anche quello”, spiega Di Maio. Su questo provvedimento, c’è stato un forte apprezzamento della CNA che si conferma come il principale riferimento per la difesa e la promozione degli interessi economici della piccola e media impresa..Al riguardo sostiene che “… il Sistri non ha mai funzionato, ma ha sicuramente impedito che si mettesse a punto nel nostro Paese un sistema efficace e semplice di tracciabilità dei rifiuti pericolosi, come in moltissime occasioni, e in tutte le sedi istituzionali, la CNA ha chiesto in questi anni..”
Ma cos’è questo “Sistri”? In breve, la questione è in trattazione da più di dieci anni.. Bene.. Tutto iniziò dallo studio degli ultimi dati in possesso della Pubblica Amministrazione e ricavati dal Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) del 2007, inerenti il ciclo di gestione dei rifiuti, dal quale emergeva che la quantità di rifiuti speciali prodotti in Italia nel 2006 era stata pari a 134,7 milioni di tonnellate, di cui 125,5 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi e 9,2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi. L’allora sistema di rilevazione cartaceo delle informazioni richieste per il settore dei rifiuti speciali, consentiva di conoscere i dati relativi alla produzione ed alla gestione di detta tipologia di rifiuti con un ritardo di 2-3 anni e, quindi, con scarse possibilità per l’impiego degli stessi dati ai fini dell’individuazione di politiche ambientali più mirate e, praticamente, nessuna utilità per il controllo di legalità finalizzato a specifici interventi repressivi. In particolare, il ciclo di gestione di rifiuti speciali, specie quelli pericolosi, è caratterizzato, come sappiamo, da diffusi fenomeni di illegalità che risultano di difficile contrasto, anche perché l’allora vigente sistema cartaceo di rilevazione dei dati non consentiva di evidenziare con certezza la movimentazione dei rifiuti da quando erano stati prodotti a quando venivano recuperati/smaltiti.
È questo il motivo per cui è stato realizzato il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti speciali (SISTRI), la cui gestione venne affidata al benemerito Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, di cui ho avuto l’onore di averne la responsabilità nazionale negli anni 2003/06. Il SISTRI, oltre a permettere l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale, avrebbe dovuto estendere il suo campo di applicazione anche ai rifiuti urbani per la sola Regione Campania. Tale sistema è stato normato dall’art. 260-bis del D.Lgs. 152/2006 (Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti), che è stato introdotto nel 2010 e ripristinato dalla Legge n. 148/2011 con cui si fissò il termine di entrata in operatività del SISTRI alla data del 9 febbraio 2012.
Nell’ottica di controllare in modo più puntuale la movimentazione dei rifiuti speciali lungo tutta la filiera, venne ricondotto nel SISTRI il trasporto intermodale sino alla fase finale di smaltimento dei rifiuti, con l’utilizzo di sistemi elettronici in grado di dare visibilità al flusso in entrata ed in uscita degli autoveicoli nelle discariche.
Da un sistema cartaceo – imperniato sui tre documenti costituiti dal Formulario di identificazione dei rifiuti, Registro di carico e scarico, Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD), si passava a soluzioni tecnologiche avanzate in grado, da un lato, di semplificare le procedure e gli adempimenti con una riduzione dei costi sostenuti dalle imprese e, dall’altro, di gestire in modo innovativo e più efficiente, e in tempo reale, un processo complesso e variegato che comprendeva tutta la filiera dei rifiuti, con garanzie di maggiore trasparenza e conoscenza.
In verità, problemi ce ne sono stati e tanti per cui tale tecnologia è stata delimitata solo ai rifiuti pericolosi.. ma senza particolari entusiasmi.. tanto che si è pervenuti alla attuale decisione governativa.
Non entro nel merito della decisione politica in quanto ci saranno state valide motivazioni, come riportato da “Il Fatto Quotidiano” con le affermazioni dell’attuale Ministro dell’Ambiente riguardo a giri di mazzette.. Dal 2010 ad oggi si è stati al centro di inchieste su fiumi di tangenti verso gli ex vertici di Finmeccanica.. Gli operatori non dovranno, quindi, pagare annualmente… tanto che finora lo Stato ha dovuto sopperire le mancate entrate da parte delle imprese che non pagavano… e le sanzioni non sono mai state comminate, ha precisato il Ministro. Quindi, anche il questo settore, è mancato, more italico, negli anni, il necessario controllo.
Poi, sul tema Ecomafie, per il Protocollo sulla Terra dei Fuochi, Legambiente, la benemerita e coraggiosa Associazione ambientalista, ha sostenuto il 19 novembre: “Ancora non ci siamo” circa l’accordo firmato a Caserta nel corso del Consiglio dei Ministri straordinario “..serve intensificare le attività di intelligence e controllo nelle zone dove il fenomeno degli incendi è ancora presente e accelerare la bonifica dei siti inquinati.. Ancora non ci siamo. In nome del popolo inquinato, chiediamo che nella terra dei fuochi venga fatta davvero ecogiustizia e che vengano adottate soluzioni serie e concrete, a partire da maggiori controlli su tutto il territorio e non solo nelle aree degli impianti, per contrastare il fenomeno degli incendi di rifiuti produttivi all’aria aperta che, nella provincia di Napoli e Caserta, provocano danni all’ambiente e alla salute dei cittadini come denunciammo la prima volta nel rapporto Ecomafia 2003 (ricordo bene..nda). Senza dimenticare che i cittadini stanno ancora aspettando le bonifiche dei territori, ad oggi in fortissimo ritardo, e stanno pagando l’assenza di una politica trasversale”. Così Stefano Ciafani e Maria Teresa Imparato, rispettivamente Presidente nazionale di Legambiente e Presidente di Legambiente Campania, commentano la firma del protocollo d’intesa Terra dei Fuochi sancita a Caserta nel corso del Consiglio dei Ministri straordinario. E a Caserta, davanti alla Prefettura, Legambiente ha manifestato per chiedere “ecogiustizia subito” e azioni concrete per la Campania, vittima delle illegalità ambientali e degli ecomafiosi. “Se si vuole davvero aiutare la Campania è ora di passare dalle parole ai fatti attraverso uno sforzo straordinario e comune, smettendola con i teatrini politici”, dichiarano Ciafani e Imparato.
Le azioni previste dal protocollo firmato a Caserta, come ad esempio la militarizzazione dei siti di stoccaggio o l’utilizzo dei droni, non sono sufficienti. Peraltro si tratta di misure non nuove, già adottate in precedenza come nel caso del presidio militare al centro, in passato, di roventi polemiche. Occorre in primis intensificare le attività di intelligence e di controllo in tutta la Terra dei fuochi anche per fermare questa escalation di roghi sospetti negli impianti e pensare al risanamento ambientale di questo territorio, utilizzando i delitti ambientali della legge 68/2015 (sugli ecoreati). Alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, chiediamo di riaprire l’indagine sugli incendi degli impianti di gestione rifiuti dietro ai quali, soprattutto in alcune zone calde della Penisola, si potrebbe nascondere ancora una volta la mano delle ecomafie”.
Su FANPAGE Napoli del 22 novembre 2018, ancora, Rosaria Capacchione (grande giornalista già Parlamentare della Repubblica) scrive: “L’ultimo screening, una ricerca completa sulle inchieste giudiziarie che hanno riguardato il traffico di rifiuti nord-sud, è vecchia ormai di qualche anno. Tra il 2010 e il 2012 Legambiente contò 191 fascicoli disseminati nelle Procure e nei Tribunali di mezza Italia e stimò un guadagno di tre miliardi di euro. Soldi finiti in prevalenza nelle casse delle consorterie mafiose ma anche di imprenditori borderline, quelli che cercavano di smaltire le scorie industriali a basso costo e senza curarsi del come e del dove….”
Concludendo, vediamo come strutturato il citato Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente istituito, con Legge 8 luglio 1986 n.349, unitamente al Ministero dell’Ambiente nel cui ambito veniva costituita tale forza di Polizia idonea a svolgere “in assetto specialistico” compiti di vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni in materia ambientale.
Nacque così il Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma dei Carabinieri che, nel 2001, assunse la denominazione di Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente (CCTA) mediante l’incremento della consistenza organica e delle articolazioni sul territorio, costituite da unità operative con competenza regionale o interprovinciale alle quali è oggi riservata la denominazione di Nucleo Operativo Ecologico. Il CCTA, composto da personale specializzato in legislazione ambientale che espleta funzioni di Polizia Giudiziaria e Sicurezza Pubblica nello specifico settore, è alle dipendenze funzionali del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Il Decreto del Ministero dell’Interno del 28 aprile 2006, concernente il “riassetto dei comparti di specialità delle Forze di Polizia”, definisce il CCTA “organismo qualificato per l’attuazione di attività di rilevanza strategica nel settore del controllo della sicurezza ambientale”. La strategia operativa del Reparto si sviluppa essenzialmente attraverso il contrasto all’illegalità ambientale e la lotta alle organizzazioni criminali che sfruttano il vincolo associativo per commettere reati di natura ambientale, in stretta collaborazione con i reparti dell’Organizzazione Territoriale e Speciale dell’Arma dei Carabinieri.
Importantissime le operazioni di PG contro le ecomafie portate a termine negli anni di rilevanza nazionale e oltre. Attesa la natura prettamente operativa per la quale è stato creato, il Reparto non ha attribuzioni di natura tecnica per la quale si avvale della collaborazione degli organismi pubblici a ciò preposti, in particolare del sistema agenziale ISPRA, del Servizio sanitario nazionale e del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche dell’Arma. La struttura, grazie all’interessamento all’epoca del grande Ministro Altero Matteoli, fu notevolmente ampliata e rafforzata di 229 unità per ben 29 Nuclei periferici (NOE) su tre Comandi di macroaree Nord, Centro e Sud. A questa componente che segue un criterio territoriale se ne affianca una specialistica centralizzata, con competenza su tutto il territorio nazionale. In virtù delle competenze specifiche, il Reparto costituisce interlocutore specialistico per le Forze di Polizia a livello EUROPOL, sulla base delle direttive emanate dal Consiglio Generale per la Lotta alla Criminalità Organizzata, ed a livello INTERPOL, in una logica di collaborazione e di coordinamento che vede la sicurezza ambientale dimensionata sempre più chiaramente in un contesto sovranazionale.