Roma, 20 0ttobre 2019 – “Slot, lotto, gratta e vinci: gli italiani giocano tanto. E perdono sempre” interessante articolo di Domenico Affinito su Il Corriere della Sera… Sull’argomento nei giorni scorsi ci ha intrattenuto anche la brava e coraggiosa Milena Gabbanelli….
Il gioco d’azzardo fa male, ma il primo ad alimentarlo è lo Stato. Negli anni si sono moltiplicati: Lotto, Supernalotto, slot, gratta e vinci, giochi on line. Ma, alla fine, chi ci guadagna? Agli italiani piace scommettere. Nel 2017 ci siamo giocati 101,8 miliardi, ma se contiamo che, secondo il Cnr, i giocatori in Italia sono 17 milioni, ognuno di loro ha speso 5988 euro. Il gioco d’azzardo non ha risentito della crisi: oggi si gioca il 20% in più rispetto agli 84,3 miliardi del 2014. Se si torna indietro di dieci anni, la crescita è del 241,5%, e si torna al 1993, quando si giocò in un anno l’equivalente di 8,79 miliardi di euro, la crescita è del 1.158%! Tutto inizia nel 1993. Fino agli inizi degli anni ‘90 c’erano solo Totocalcio, Lotto, Totip e lotterie nazionali. Per chi voleva qualche emozione in più, c’erano i casinò: quattro in tutta Italia (Campione d’Italia, Sanremo, Saint-Vincent e Venezia) e bisognava andarci pure in giacca e cravatta. Tutto cambia fra il 1993 e il 1994. I governi, Amato prima e Ciampi dopo, sono alla ricerca di nuove entrate per garantire la spesa pubblica. Viene modificato il modello di regolamentazione del gioco pubblico d’azzardo, che diventa uno strumento per incrementare le entrate erariali dello Stato. Nascono le lotterie istantanee: la prima è del 21 febbraio 1994. Da lì in poi nessun esecutivo tornerà indietro: l’estrazione del Lotto diventa bisettimanale (governo Prodi 1997) e poi trisettimanale (Berlusconi 2005). Il primo governo Prodi autorizza l’apertura delle sale scommesse, il secondo l’azzardo on line. Berlusconi introduce le slot machine nei bar, il gratta e vinci, le videolottery, 1000 sale poker, 7000 punti scommesse ippiche, nuovi giochi numerici, tutti accompagnati da pesanti campagne pubblicitarie. Nel 2011 era pronto il decreto anche sui «giochi di sorte», reclamizzati così: «Quando vai a fare la spesa al supermarket, non ritirare il resto, giocatelo». Non entrò in vigore perché Monti lo bloccò. Sta di fatto che i luoghi dove giocare e vincere si moltiplicano e internet ce li porta dentro casa con i casinò on line e i siti di scommesse.
A chi vanno i soldi. Dei 101,8 miliardi del 2017, circa l’80% va in vincite (82,9 miliardi), il resto allo Stato e ai concessionari: rispettivamente 10,3 e 8,6 miliardi di euro. I concessionari sono soggetti privati che hanno vinto un bando di gara. Le tipologie di gioco sono di due categorie. Lotto, Enalotto e lotterie sono affidati a un unico concessionario, gli altri giochi a più concessionari: 225 per le scommesse sportive e ippiche, 89 per i giochi on line, 11 per slot e videolottery, 202 per le bingo.
La parte del leone la fanno i monoconcessionari. La Sisal, che gestisce la famiglia dei giochi numerici tipo Superenalotto, ha incassato solo da questi 185 milioni, a fronte di 1,5 miliardi spesi dagli italiani. Il suo fatturato globale nel 2017, compresi scommesse, bingo e casinò online, è di 647,2 milioni di euro che arrivano a 832 con altri ricavi: oltre 27 milioni gli utili distribuiti e 1872 i dipendenti. Sisal è controllata da fine 2016 al 100% da CVC Capital Partners, società finanziaria britannica specializzata in private equity in settori come i beni di consumo, i giochi, i servizi finanziari, le telecomunicazioni e la farmaceutica. E poi c’è Lottomatica che ha quasi il 40% del mercato del gioco in Italia. La società fondata nel 1990 da Olivetti, Alenia, Bnl, Sogei, Federazione italiana tabaccai e Cni, dal 2002 è controllata da De Agostini spa (con il 52,1%). L’ultimo dato disponibile sul fatturato è del 2016: oltre un miliardo dai gratta e vinci (su 9 di spesa totale) e 1,1 mld dal Lotto (su un totale di 7,5). Sommando gli altri giochi si arriva a 1,7 miliardi di euro di fatturato. Nel rapporto Lottomatica scrive che le «attività aziendali» sono «rimaste sostanzialmente invariate nel 2017». Un po’ pochini i dipendenti: solo 1753.
L’altro meccanismo che alimenta il gioco d’azzardo patologico, è la percezione di poter vincere grazie alle proprie abilità: ne è convinto, secondo il Rapporto Consumi d’azzardo 2017 del Cnr, il 39,1% degli intervistati.
Dal 1 gennaio 2019 il divieto vale anche per le sponsorizzazioni di eventi, prodotti e tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale. Poi è arrivata la Legge di Bilancio che ha diminuito gli introiti per i concessionari. Bene, ma la piaga sociale legata al gioco patologico, richiede prima di tutto un ruolo più attivo da parte delle istituzioni. Ci hanno provato alcuni governatori e alcuni sindaci.
Ora considerazioni varie per i miei 25 lettori con richiami, diciamo, storici, e ricordi personali di servizio…Un tempo il gioco d’azzardo era confinato nei casinò, quello legale e controllato dallo Stato, ovvero nelle chiuse bische gestite quasi sempre dalla malavita. Al riguardo, pochi ricordano un fatto di cronaca nera romana di oltre quarant’anni fa: era mercoledì 18 ottobre 1972, alle sette della sera, Sergio Maccarelli, il ras di Tormarancia, venne ucciso perché colto di sorpresa: “Un bandito di mezza tacca, un balordo senza specializzazione”, così liquidò il caso un funzionario della Squadra Mobile romana.
La realtà era ben diversa.. (ed io giovane Tenente Comandante del Nucleo Operativo della gloriosa Compagnia Roma Trastevere ben sapevo… per attività infoperativa…). Maccarelli era un vero boss della mala; aveva imposto la protezione ai biscazzieri della Capitale; eppoi era personaggio ben noto perchè nel ‘69 aveva conquistato il controllo di una bisca di gran lusso, frequentata da quella che nel “generone romano” veniva definita “bella gente” ma anche da criminalità d’alto bordo, bisca comunemente nota come il “salotto della contessa Maria Pia Naccarato”, in via Flaminia Vecchia, però chiusa dopo poco tempo con gran scalpore mediatico anche per mazzette ad appartenenti alle Forze dell’Ordine.
Stavano cambiando gli equilibri della mala capitolina, allora, con l’arrivo di marsigliesi, siciliani e calabresi, ma soprattutto con la creazione delle premesse per la genesi della famigerata Banda della Magliana.
Oggi le cose sono cambiate.
Sull’argomento, interessante l’ inchiesta apparsa anni fa su “La Repubblica” dal titolo “I dieci padroni del gioco d’azzardo, la terza industria dopo Eni e Fiat” di Alberto Custodero: “”Chi lo gestisce in modo legale si spartisce una torta che arriverà a quota 80 miliardi di euro. Sedici volte il business annuo di Las Vegas. Lo Stato incassa il 10%. In alcuni casi è arduo stabilire proprietari e intrecci societari. Il settore ha 120 mila addetti, di fatto la terza industria italiana dopo Eni e Fiat. I big del mercato delle new slot, delle lotterie e delle scommesse sportive in Italia sono dieci e rappresentano metà di quel fatturato. Dietro a loro ci sono altri 1.500 concessionari-gestori che si spartiscono l’altra metà. Ma chi c’è in realtà dietro quelle società sotto i riflettori dell’antimafia? Perché i Monopoli hanno accolto aziende con proprietà a dir poco oscure, a cui di fatto viene affidato il ruolo di esattore fiscale?”” Così, mentre sono in calo sale Bingo e scommesse tradizionali, il gioco online è in pieno boom. Tutto è cominciato nel 2004, quando i Monopoli di Stato hanno affidato alle dieci concessionarie la gestione delle macchinette elettroniche: new slot nei bar e tabaccherie, e videolottery di nuova generazione in sale dedicate. Il fenomeno è stato ovviamente all’attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia, tanto che nella sua Relazione del dicembre 2010 ha scritto: “La raccolta dei giochi in Italia tra il 2003 e il 2010 è stata complessivamente di 309 miliardi di euro e il comparto dei giochi pubblici e delle scommesse sportive si è affermato come settore trainante del sistema Paese. La stessa Commissione Parlamentare, ancora, ha pubblicato in data 22 luglio 2011 altra “Relazione sul fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel gioco lecito e illecito”, che ha chiaramente evidenziato come il settore del gioco “…costituisca il punto di incontro di plurime, gravi distorsioni dell’assetto socio-economico quali, in particolare, l’esposizione dei redditi degli italiani a rischio di erosione; l’interesse del crimine organizzato; la vocazione allo spasmodico arricchimento di taluni concessionari che operano, sovente, in regime di quasi monopolio; il germe di altri fenomeni criminali come usura, estorsione, riciclaggio; infine, la sottrazione di ingenti risorse destinate all’erario…”. Ma ci sono stati realmente fenomeni di coinvolgimento di crimine organizzato e mafie di vario genere e provenienza?
Chi ha la pazienza di leggerci, valuti. ““Il primo caso – ha riferito in un convegno, il Magistrato della Procura Antimafia di Roma, Diana de Martino – è quello di Renato Grasso, risultato legato ai clan camorristici Vollaro, Grimaldi e ai Casalesi, che grazie alle intimidazioni aveva ottenuto in certe zone l’esclusiva nel noleggio dei videopoker illegali e leciti, nonché nella raccolta delle scommesse, legali e clandestine. In cambio del loro appoggio, Grasso garantiva ai vari clan, un consistente introito fisso o una determinata percentuale dei profitti derivanti dalle varie attività. Inoltre, il medesimo Grasso, il quale aveva ormai acquisito un patrimonio consistente, fungeva da “sportello bancario” per i vari sodalizi, che si rivolgevano a lui per ogni esigenza.
Un’altra vicenda preoccupante, secondo la DIA di Milano, è quella del clan ‘ndranghetista Lampada-Valle che, partito da una pizzeria a Reggio Calabria, era poi approdato a Milano dove si era imposto nel mercato del gioco elettronico imponendo apparecchi non collegati e truccati ed addirittura cercando di ottenere una licenza come concessionari dello Stato. Una situazione- ha ricordato il PM De Martino, citando il Gip Gennari – che “avrebbe dovuto portare il concessionario pubblico a presentare una denuncia e interrompere il rapporto con le società dei Lampada, che invece viene gestita con una serie di pagamenti cash per migliaia di euro. In tal modo, si è corso il rischio di vedere a fianco della Snai (Società per azioni che si occupa della gestione di scommesse e di concorsi a pronostici) o altri soggetti simili, una banda di mafiosi gestire le scommesse su incarico dello Stato. Un rischio sempre altissimo, viste le frequenti infiltrazioni nel settore, che denotano una vigilanza dalle maglie troppo larghe e la presenza – scrive ancora Gennari nell’ordinanza – di politici compiacenti, che fanno da ponte di collegamento tra la famiglia mafiosa e gli ambienti istituzionali romani””.
E che dire, ancora discettando di influenze criminali, della “Atlantis” che controlla il 30 per cento del mercato dello slot machine ed è al centro di dubbi e polemiche? A rappresentarla in Italia – sede in via della Maglianella 65 a Roma – con la qualifica di “preposto”, figura il trentunenne catanese Alessandro La Monica e, prima di diventare Parlamentare del Pdl in quota An, il rappresentante legale della stessa Atlantis era Amedeo Laboccetta. A questa concessionaria la Direzione Nazionale Antimafia ha dedicato un intero capitolo. La Atlantis, si legge nell’ultimo rapporto, con sede a Saint Martin nelle Antille Olandesi, è stata successivamente sostituita, in seguito a sollecitazione da parte dei Monopoli, dalla Società “AtlantisGiocolegale” con sede in Italia. “Gli amministratori – scrivono i Magistrati Antimafia – sono Francesco e Carmelo Maurizio Corallo, entrambi figli di Gaetano. La storia di quest’ultimo è abbastanza nota essendo stato già condannato per vari reati ed essendo notoria la sua vicinanza a Nitto Santapaola”. Quindi, che fare? Certamente necessita maggiore incisività e rigore da parte di politica e istituzioni, questo sì, certamente!
Occorre poi un attento controllo di tutta la filiera del gioco. In verità, oggi, dopo gli aggiornamenti posti dalla Legge n. 220 del 2011 (cosiddetta Legge di Stabilità), i concessionari sono controllati in maniera più efficace perché le regole che governano l’accesso a questo settore sono particolarmente restrittive. E questo è più che positivo. Concludendo, segnalo una bella e interessante iniziativa editoriale con il volume “Giochi, scommesse e normativa antiriciclaggio” scritto da Maurizio Arena e Marcello Presilla, Filodiritto Editore, collana “Monografie”, 320 pagine), con prefazione del Prof. Ranieri Razzante. Il testo è una vera e propria “ricognizione” nella materia “riciclaggio e settore giochi” con l’obiettivo di razionalizzare ed ordinare la gran quantità di provvedimenti correlati. Ne consiglio la lettura.