Arsenale di armi di Svolte di Fiungo: storia vera o depistaggio?

Roma, 11 maggio 2020 – Una storia di anni lontani, terrorismo rosso e nero, servizi segreti e altro, negli anni Settanta. Ci son voluti quasi cinquant’anni perché Loris Campetti si decidesse a raccontare la sua storia. E ha scelto di farlo come fosse un romanzo, “L’arsenale di Svolte di Fiungo” Manni Editori (gennaio 2020). Nel 1972 ha 24 anni, è appena laureato, viene indagato per associazione sovversiva dopo che, vicino casa sua, a Camerino, hanno ritrovato un arsenale di armi attribuito al terrorismo rosso. Per una cartina geografica che Loris usa per andare a funghi, viene considerata prova fondante del suo coinvolgimento… Così Loris decide di diventare latitante. Per cinque anni, fino all’assoluzione perché “il fatto non sussiste”, Loris convive con la paura, la rabbia, l’impotenza. Dapprima nascondendosi, documenti falsi e un lavoro di collaudatore di autovetture Fiat, poi tornando allo scoperto, riprendendo la militanza politica, iniziando a collaborare con “Il Manifesto”
.
Iniziamo l’esame dell’interessante libro…
-da pag.13…””Così sono scappato a Gallipoli, dopo la telefonata di un avvocato, Deputato del Pci, l’onorevole Valori, che mi ha suggerito di far perdere le tracce, dice che stanno spiccando quattro mandati di cattura, “ci sei anche tu”. Gli altri tre sono: Carlo Guazzaroni, un proletario di Tolentino con precedenti per reati comuni che frequenta organizzazioni della sinistra extraparlamentare; Atanasios Tzoukas, un compagno greco che studia all’Università di Perugia, ospite del collegio universitario dove svolge un lavoro di controinformazione sul regime fascista dei colonnelli; infine Paolo Fabbrini, un tipo di Bolzano che nessuno di noi conosce, scrivono i giornali che sarebbe un “ lemme lemme”, vale a dire un marxista leninista con venature maoiste…””

– da pag.16…””La perquisizione…Nel mandato di perquisizione “anche di notte” sta scritto che gli uomini in divisa sono alla ricerca di armi, esplosivi, carte d’identità, scritti e libri inneggianti alla rivoluzione e “riguardanti l’appartenenza a un’associazione tendente a sovvertire le istituzioni dello Stato (…) poiché i reperti acquisiti il giorno 10/11/1972 in località Svolte di Fiungo di Camerino indicano   Loris Campetti quale detentore delle cose di cui sopra… Ma ciò che manda in brodo di giuggiole i carabinieri, rimasti delusi nelle loro certezze dall’assenza di biglie, e soprattutto del libro di Debray, è una carta dell’Istituto geografico militare che riproduce in modo molto dettagliato la zona tra Camerino e Fiungo… Spiego che quella carta l’ho regolarmente acquistata a Firenze proprio nel punto vendita posto al piano terra dell’Istituto geografico militare. Chiunque può comprare una qualsiasi delle loro carte geografiche, non lo sapevate? E perché l’ho comprata? La uso, come le altre che vedete nella libreria, per andare a funghi…””

– da pag.33…””Per fortuna, con o senza il Pci, a Camerino il sensazionale ritrovamento dell’arsenale, l’inchiesta farlocca che ne è seguita e le perquisizioni hanno determinato reazioni forti dentro l’Università. I primi a denunciare le finalità dell’operazione poliziesca sono stati i dipendenti della mensa universitaria che, già l’indomani del ritrovamento delle armi, hanno indetto un’ora di sciopero. Nelle affollatissime assemblee degli studenti hanno fatto la loro insolita comparsa docenti e assistenti, latori di un duro comunicato del Senato accademico di condanna per “l’attentato alla libertà di pensiero”, confermato dal fatto che nelle perquisizioni degli indagati venivano ricercati e sequestrati dei libri, cioè la cultura, considerati “materiale inquinante”…“Le armi di Fiungo sono fasciste”. Per tre giorni è stata sospesa l’attività accademica…””

– da pag. 55…””La vita da latitante in attesa di mandato di cattura è segnata da paure improvvise, solitudine, rabbia, momenti di sconforto, telefonate più o meno in codice senza mai dire il mio nome. È una condizione particolare, devi stare attento a non compromettere altre persone, ti muovi con circospezione soprattutto quando esci di casa o vi fai ritorno per non mettere nei guai la famiglia che ti ospita, sarebbe più corretto dire che ti nasconde. Tra viaggio in treno Roma-Anagni e ritorno e giornata di lavoro non resta molto tempo libero…””

– da pag. 63…””D’Ovidio… Il capitano mi chiede con tono secco e sbrigativo cosa voglio e io recito tutta d’un fiato la frase concordata con l’avvocato. Dov’è stato in questi tre mesi? Da amici, perché, mi avevate perso? Se dovete interrogarmi sono a disposizione… voi non mi avete cercato se non per consegnarmi la comunicazione giudiziaria e io ho continuato a vivere la mia vita. Ora sono venuto spontaneamente perché questa storia mi sta rovinando la salute, sono venuto a dirvi che io con quelle armi e quei documenti non ho nulla a che fare. Avrà modo di dirlo al Giudice, se e quando deciderà di convocarla. Ci guardiamo in silenzio per qualche lungo secondo. L’ufficiale che ho di fronte ha scoperto l’arsenale, ha fermato un attacco al cuore dello Stato, è il talent scout di terroristi in nuce. Io parlo, lui fa qualche domanda. Ho ritrovato la calma e rispondo con freddezza senza farmi irretire dai suoi sorrisetti, procedo con la deposizione. Mi metto a disposizione del Magistrato, spero che venga individuata la pista giusta al più presto…””

– da pag.109…””Assoluzione formula ampia cordialità”. Sgrano gli occhi, leggo e rileggo per tre volte il testo dello scarno telegramma spedito dall’avvocato di Camerino. Oggi è il 7 maggio 1976 e lo ricorderò come il giorno della liberazione da un incubo. La chiamo, la mia ragazza è in sala e sta suonando il pianoforte, le urlo di venire subito, io sono paralizzato, in piedi, all’ingresso dove il postino mi ha consegnato il telegramma. Le passo il foglio giallino che mi proscioglie da ogni accusa, scappo in cucina, faccio saltare il tappo dalla bottiglia di Veuve Clicquot tenuta in frigorifero troppo a lungo in attesa di un fatto, anzi di un atto giudiziario. Chiamo l’avvocato, voglio maggiori informazioni per essere certo di aver capito bene. Mi legge il testo dell’ordinanza e io trascrivo parola per parola: il Giudice ha sancito la chiusura dell’istruttoria e, disattendendo la richiesta del Pubblico Ministero che l’8 marzo chiedeva l’incriminazione mia e dei miei tre compagni della cosiddetta brigata, ha dichiarato di “non doversi procedere” sia in merito al reato di associazione sovversiva in quanto inesistente, sia per la detenzione delle armi e annessi per non aver commesso il fatto. L’ordinanza è datata 28 aprile, ci sono voluti tre anni e mezzo perché la giustizia cominciasse a dire la verità sull’arsenale: non è stato altro che un tentativo criminale quanto maldestro di gettare fango sulla sinistra e sui movimenti. Ma il caso non è chiuso e non lo sarà, dichiaro brandendo il bicchiere, finché non saranno scritti nero su bianco i nomi dei veri responsabili e, soprattutto, dei mandanti. Aspetta prima di cantare vittoria…
Lo squillo del telefono interrompe il filo dei pensieri. Vorrei non rispondere ma non posso. Non ne sono mai stato capace. Ciao, sono Renato, da Macerata. Volevo farti i complimenti. Avevamo ragione noi, l’arsenale è stato costruito dai fascisti su mandato del Sid. Che stai dicendo, di che parli? Come hai saputo del proscioglimento ordinato dal Giudice istruttore? Non ne so niente, ho solo letto gli articoli su “Panorama”, non li hai visti? No, perché, cosa c’è scritto? Ci sono due interviste, a Stefano Delle Chiaie e Marco Pozzan, il fascistone impicciato con Freda e Ventura, il Sid e piazza Fontana e prima ancora con il fallito golpe di Junio Valerio Borghese. Pozzan racconta di essere fuggito in Spagna proprio grazie al Sid diretto dal generale Maletti. A cantarsela con il giornalista, poi, c’è Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale, anche lui scappato in Spagna per evitare di essere interrogato sulla strage di piazza Fontana. Raccontano la verità sull’arsenale attribuito alla sinistra. Non lo lascio terminare, lo saluto, ciao Renato, grazie, scappo in edicola… Una volta portato in Spagna, dice Pozzan, fui avvertito che se in qualunque modo avessi tentato di svelare l’aiuto che mi avevano dato, di me non sarebbe rimasta traccia. Evidentemente il Sid usa gli stessi sistemi della mafia. Fu proprio Labruna, continua il racconto di Pozzan, ad accompagnarlo all’aeroporto di Fiumicino e a fargli passare il controllo alla frontiera con un passaporto falso fabbricato dal Sid che non dovette neanche esibire, se non all’arrivo a destinazione alle guardie di frontiera spagnole… Il capo di Avanguardia nazionale rivendica i suoi stretti rapporti con il Sid, nonché con il Principe Borghese, anche lui rifugiato in Spagna, e spiega come Labruna (capitano dei CC. dei Servizi n.d.a.) fosse andato a incontrarlo nella sua latitanza dorata per chiedergli se fosse in grado di accogliere Freda e Ventura che il Sid intendeva far fuggire dall’Italia.
Come prova della sua credibilità, Delle Chiaie offre al giornalista la sua verità dell’affaire Camerino. Inforco gli occhiali per leggere meglio, ingollo un bicchiere d’acqua e procedo: “A fine 1972 a Svolte di Fiugo, una frazione a pochi chilometri da Camerino, fu scoperto dai Carabinieri un deposito di armi ed esplosivi. In un primo momento le indagini vennero indirizzate a sinistra perché assieme alla dinamite e ai fucili fu anche trovato un cifrario in codice tratto da un a libro di Règis Debray, lo scrittore francese filo castrista. Ebbene quelle armi, quegli esplosivi e quel cifrario erano stati messi lì da Labruna per far scattare una crociata anticomunista”. Fantastico, penso sollevando per un attimo gli occhi dal giornale, è quel che da tre anni grida la controinformazione. Chiede “Panorama”: “Si rende conto della gravità di questa affermazione?” “Se Labruna smentirà anche questa azione, allora gli ricorderemo, facendo nomi e cognomi, chi gli ha fornito le armi e l’esplosivo e chi gli ha preparato il cifrario… Romano Cantore interroga ancora Delle Chiaie: “Non è che lei ce l’ha col Sid a causa del famoso rapporto nel quale si affermò che Delle Chiaie era stato il mandante delle bombe di Roma del 12 dicembre 1969, fatte esplodere in contemporanea a quelle di Milano?” Il fondatore di Avanguardia nazionale non risponde e si limita a sostenere che la soffiata arrivata al Sid (“da un camerata, purtroppo”) era falsa e aggiunge altri episodi di illegalità e provocazioni al fine di incastrare il “Servizio” e dimostrare la sua credibilità al giornalista che lo sta intervistando, fornendo i dettagli, come ha già fatto con l’episodio di Camerino…””

– da pag.123…””Il prosciutto… Ritiro dalla cassetta della posta una lettera, mittente proprio lui, il mio legale di Camerino. Rientro a casa per leggerla con calma: “Carissimo, la sezione istruttoria, in riforma della sentenza del Giudice Istruttore di Camerino, ha rinviato a giudizio te, Guazzaroni, Tsoukas Atanasios e Fabbrini Paolo dinanzi alla Corte di Assise di Macerata. Non conosco la motivazione della sentenza. A mio parere nulla devi temere perché sei del tutto estraneo alla vicenda, o meglio, sei vittima insieme agli altri di una spudorata calunnia sorta nel clima politico nel quale viviamo. Ci difenderemo “attaccando” perché sia fatta piena luce sulla vicenda. Distinti saluti…” Blocco i miei sentimenti, congelo le mie sensazioni, mi impedisco di frignare e mi dico che in ossequio alla legge di Murphy, la Corte d’appello di Ancona non ha confermato la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice istruttore, magari riaprendo il caso e orientando le indagini su piste diverse da quella di sinistra. Invece no, ha accolto il ricorso del Procuratore Generale rinviando a giudizio i quattro “rossi” per gli iniziali infamanti reati …””

-da pag.133…A me questo clima inquieta doppiamente. Sono in attesa che si celebri il processo per la vecchia storia di Camerino: i reati gravissimi per cui sono stato rinviato a giudizio dalla Corte di Appello di Ancona sono organizzazione di banda armata detenzione di armi, insomma sono sospettato di essere uno dei capi di quel terrorismo rosso che sta mettendo sottosopra il paese e contro il quale, nel mio piccolo, mi batto. Non so in che condizioni arriverò nell’aula del Tribunale di Macerata, dove è fissata la prima udienza del processo a fine novembre… Resta il fatto che l’aria che si addensa intorno al processo è un’aria mefitica e, lo ammetto, provo rabbia e paura. Al governo da un anno c’è il solito Andreotti, si chiama Andreotti ter, il fatto che si regga sull’astensione del Pci aumenta il conflitto tra il partito guidato da Enrico Berlinguer e le forze alla sua sinistra che contestano la politica del compromesso storico. A rendere più melmoso il clima è il fatto che il processo sulla strage di Stato, partito da un’inchiesta che aveva falsamente messo sotto accusa gli anarchici provocando l’arresto di Valpreda e dalla defenestrazione di Pinelli, è saltato da Roma a Milano a Catanzaro e non sembra avviato a una giusta conclusione. I segreti di Stato coprono i mandanti altolocati della strategia del terrore e dove non arriva il segreto di Stato si rimedia con la fuga dall’Italia di testimoni importanti, come il fascista Delle Chiaie…””

– da pag.152…””Il processo… Ecco, la Corte rientra, tutti in piedi: il verdetto ascoltato in religioso silenzio è netto, tutti e quattro gli imputati sono assolti “perché il fatto non sussiste”… Scatta l’applauso del pubblico presente, numeroso, gli imputati assolti abbracciano gli avvocati ma il presidente intima il silenzio, non ha finito di leggere la sentenza: la Corte “ordina la trasmissione degli atti processuali al Pubblico Ministero in sede per quanto di sua competenza”. Un modo astruso, mi spiega l’avvocato, per dire che andrebbero riaperte le indagini per mettere dietro al banco degli imputati i veri colpevoli. Allora penso, ho fatto bene a chiedere verità e giustizia… L’avvocato frena la mia presunzione: “Guarda che la sentenza era già scritta prima che iniziasse il processo, si è capito fin dal primo momento e la breve durata della Camera di consiglio me l’ha confermato. Dubito che i veri responsabili finiscano alla sbarra. Troppi interessi, troppo segreti, troppi nomi importanti. Ma è giusto battersi perché ciò avvenga… Mi sento offeso, umiliato, penso anch’io che difficilmente la verità politica che conoscevo già dal giorno del ritrovamento dell’arsenale, sarà sostenuta dalla verità giudiziaria. La giustizia che vado cercando non è che una variabile dipendente, nascosta in nome della “sicurezza dello Stato” da salvaguardare, magari finirà tutto dentro un armadio segreto. Giustizia è fatta? Solo per metà. A riportarmi al presente ci pensano i compagni, oggi si fa festa, del “doman non v’è certezza”. Adesso vado anch’io a farmi un goccetto con gli amici.””

Sin qui il libro

Come di consueto, integrazioni e valutazioni… L’Ufficiale dei Carabinieri Giancarlo D’Ovidio, deceduto da anni, da me ben conosciuto, era persona di grande cultura e bel carattere… figlio di Magistrato… Va detto che si è appreso sia dalla pubblicazioni delle liste della P2… sia da sue successive dichiarazioni processuali del 21 giugno 1993 che “… aveva presentato domanda nel 1976 o ‘77 di entrare a far parte della P2, dopo aver parlato con il Comandante Generale Enrico Mino… vivendo in situazioni molto pesanti per via di un processo a Brescia… temendo di essere allontanato dall’Arma…”.
Come esperienza personale, devo dire che le indagini in esame furono condotte a seguito di una segnalazione proveniente dall’Arma territoriale di Roma a quella di Camerino… e che a seguito dell’iter processuale non ci furono ulteriori attività… Così seppi dal mio caro cognato, Lanfranco Galli, ufficiale di vecchia scuola, in quanto successore di D’Ovidio al comando della Compagnia di Camerino, purtroppo deceduto per malattia oltre tre anni fa. Generale in congedo, divenuto avvocato, dopo Camerino fu per venti anni responsabile dell’Intelligence dell’Umbria…

Concludendo, alla luce delle riflessioni che possono scaturire quando si parla o si legge di eventi legati a situazioni non chiarite di terrorismo o altro, dobbiamo tutti chiedere, con serietà e fermezza alle Istituzioni della Repubblica, se è stato fatto e si fa davvero di tutto per far piena luce sui tragici eventi che hanno offeso la coscienza dei Cittadini onesti, e questo senza “Omissis”, senza “Se.. e …Ma”, ma senza, soprattutto, il ben noto principio di “ Omettere, Ritardare, Insabbiare….”.
Certo, in Italia di anomalie ce ne sono molte, in primis, la vera anomalia nostrana, è quella di pezzi dello Stato e della politica deteriore che con i terrorismi e le mafie si sono interfacciate… I casi sono molti…

Exit mobile version